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Usa 2024: + 14, Biden sulla scena internazionale, Trump sul fronte nomine
Di Giampiero Cinelli
La stampa statunitense viaggia, in questi giorni, su un doppio binario. Da una parte, segue l’attività del presidente in carica Joe Biden sulla scena mondiale, dal Vertice dell’Apec a quello del G20, e focalizza l’attenzione sull’impatto della decisione di Biden di autorizzare l’Ucraina a utilizzare missili forniti dagli Stati Uniti per colpire in profondità il territorio russo.
A mille giorni dall’invasione dell’Ucraina, il Cremlino accusa Biden di «gettare benzina sul fuoco» del conflitto e segnala il rischio di un’ulteriore escalation delle tensioni con gli Usa e l’Occidente.
Donald Trump non ha direttamente commentato la mossa di Biden. Suo figlio Donald jr ha scritto su X: «Sembra che il complesso militare-industriale voglia garantirsi di fare scoppiare la terza guerra mondiale prima che mio padre abbia la possibilità di creare la pace e salvare vite … Imbecilli!».
La frase è ripresa da tutti i media Usa, mentre vari altri esponenti ‘trumpiani’ fanno eco a Donald jr, che guida il team della transizione.
Trump, dal canto suo, si concentra sulle nomine della sua nuova Amministrazione. Ma la Cnn dà risalto all’incontro avuto a Mar-a-Lago con il presidente argentino Javier Milei, il primo leader in carica a incontrare di persona il presidente eletto. Trump lo ha accolto come «una persona Maga», perché Milei ha adottato il suo stesso slogan, «Make Argentina Great Again». Il presidente argentino è, per molti versi, un clone di Trump sud-americano.
Nomine, si discute sul Tesoro, polemiche per Giustizia e Difesa
Fronte nomine, da segnalare quella ai trasporti di Sean Duffy, un ex deputato repubblicano e conduttore della Fox Business: guiderà un Dipartimento che presiede ai fondi per le strade, i ponti e le ferrovie e gestisce i trasporti aerei e che ha un ruolo importante per varie aziende di Elon Musk.
Il Washington Post dà rilievo alla scelta di Brendan Carr a capo della Fcc, cioè l’autorità federale per le comunicazioni – altro ruolo che interessa Musk. Carr è l’uomo che ha steso il controverso Progetto 2025, un programma per il ‘Trump 2’ accantonato in campagna elettorale per i suoi tratti illiberali e potenzialmente impopolari, ma che molti media pensano possa ora essere recuperato.
Restano polemiche sulle scelte di Pete Hegseth (Difesa) e Matti Gaetz (Giustizia). Il New York Times scrive che Trump ha ammesso in conversazioni private che Gaetz potrebbe non essere confermato dal Senato, ma non dà segno di volere ritirare la nomina e continua anzi a fare pressioni sui senatori perché lascino passare, con una procedura inconsueta di silenzio assenso, le sue scelte.
Hegseth, dal canto suo, riaccende, con le sue posizioni, il dibattito, che pareva ormai spento, sull’impiego delle donne al fronte: il reduce da Afghanistan e Iraq ed ex commentatore della Fox spiega, in un suo libro e in numerose interviste, di ritenere che uomini e donne non debbano prestare servizio insieme in unità di combattimento.
Ma la partita più importante in corso è quella sul Tesoro: i media riferiscono di tensioni fra lo staff di Trump e il miliardario presto membro dell’Amministrazione Elon Musk. Tensioni emergono, in prospettiva, anche tra Trump e corpi dello Stato come la Cia e l’Fbi che, nel primo mandato, fecero da freno all’operato del presidente.
Il NYT segnala l’allarme suscitato nell’intelligence statunitense dal favore con cui i media di Stato russi hanno accolto la designazione della ex deputata Tulsi Gabbard, una transfuga dai democratici ai ‘trumpiani’, a direttrice della National Intelligence.
E venne il giorno del giudizio per Trump
Infine, oggi è il giorno in cui il giudice di New York Juan M. Merchan deve pronunciare la sentenza contro Trump, riconosciuto in primavera colpevole di tutti i 34 capi d’accusa ascrittigli per avere comprato in nero, durante la campagna elettorale di Usa 2016, il silenzio di una pornostar, in arte Stormy Daniels, su una loro presunta storia risalente al 2006. La sentenza è stata più volte rinviata, per non interferire con il percorso elettorale.
Il giudice Merchant può pronunciare una condanna o archiviare il caso tenendo conto della sentenza della Corte Suprema sulla parziale immunità presidenziale (ma i reati contestati furono compiuti quando Trump non era presidente e furono anzi funzionali a che divenisse presidente).
In caso di condanna, è certo che i legali di Trump faranno appello e che cercheranno, in ogni modo, di dilazionare l’esecuzione della pena.