Cronache USA

Usa 2024: + 62, Trump ‘certificato’ vincitore, che contrasto con il 2021!

07
Gennaio 2025
Di Giampiero Gramaglia

Tutto un altro 6 gennaio, rispetto al 2021: il Congresso degli Stati Uniti riunito in sessione plenaria ha ieri certificato la vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali del 5 novembre, al termine di quello che era sempre stato considerato un evento cerimoniale, una sorta di rito, prima che, quattro anni or sono, lo stesso Trump, presidente uscente, lo trasformasse una sommossa che fece vittime e feriti e mise a repentaglio la democrazia statunitense.

È stato il presidente del Senato, cioè la vice-presidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, candidata democratica sconfitta, ad annunciare l’avvenuta certificazione della vittoria del suo rivale, proprio come era già avvenuto – ricorda la Cnn, in un commento dal titolo “Gore sa che cosa si prova”  – nel 2001, quando Al Gore, vice-presidente e candidato democratico sconfitto, aveva proclamato l’avvenuta elezione di George W. Bush.

Tutti i media Usa sottolineano la differenza tra il trasferimento dei poteri pacifico di quest’anno e quello drammatico del 2021: la conta dei voti espressi dai Grandi Elettori Stato per Stato è avvenuta senza alcuna contestazione, mentre quattro anni or sono una orda di esagitati sobillati da Trump aveva preso d’assalto il Campidoglio e invaso il Congresso, mettendo a soqquadro l’aula e gli uffici e ritardando i lavori.

La ritualità del 2025 è “un crudo contrasto con la violenza di quattro anni or sono”, nota la Ap, che rende ancora più difficile da comprendere la scelta fatta dal popolo americano il 5 novembre.

La sessione plenaria di ieri è avvenuta fra misure di sicurezza eccezionali, che si sono però rivelate del tutto inutili. Lo stesso Congresso aveva reso più rigorose le regole per la certificazione del voto, ma non ce ne sarebbe stato bisogno perché nessuno  ha cercato di forzare il processo elettorale.

Per gli eventi del 6 gennaio 2021 – ricorda il Washington Post -, circa 1580 persone sono state incriminate di reati federali e centinaia sono state condannate e sono o sono state in carcere.

In un commento sul giornale, il presidente Joe Biden sottolinea che cosa gli americani dovrebbero ricordare – ma evidentemente non è così – del 6 gennaio 2021: “Col passare degli anni, ci saranno americani che non avranno visto con i loro occhi la sommossa e che ne sapranno da documenti e testimonianze di quel giorni, da quel che sarà scritto nei libri di storia e dalle cose che racconteremo ai nostri figli. Non possiamo permettere che la verità vada perduta”.

A riscrivere la realtà, in una operazione alla ‘1984’ di George Orwell, si appresta, invece, proprio Trump, che della verità non ha alcun rispetto e che, come ricorda il New York Times, ha promesso di graziare “i patrioti” suoi sostenitori, protagonisti dell’insurrezione. Non è chiaro se il perdono andrà solo a coloro che compirono reati minori, come superare le barriere della polizia ed entrare nel Congresso, o se sarà anche esteso a quanti compirono reati violenti, come attaccare le forze dell’ordine.

Usa 2024: i giudici di New York non si fermano
Due gli sviluppi giudiziari collegati a Usa 2024 da segnalare questa mattina. Il giudice del processo a Trump celebrato a New York in primavera, Juan M. Merchan, ha respinto un’istanza della difesa del presidente eletto di posporre di nuovo il suo verdetto fissato per venerdì 10 gennaio, in attesa che l’appello contro l’esito del processo faccia il suo corso. Una giuria popolare giudicò Trump colpevole di tutti e 34 i capi d’accusa.

E l’ex avvocato di Trump, ed ex sindaco della Grande Mela, Rudy Giuliani è stato giudicato colpevole di oltraggio alla corte per non avere fornito informazioni sullo stato di attuazione dell’ordine di indennizzare con 148 milioni di dollari due scrutatrici della Georgia da lui ingiustamente accusate di brogli. La vicenda si trascina da mesi e risale a tutte le false accuse formulate da trump e dai suoi sodali sui presunti brogli a Usa 2020.

Usa 2024: Canada, Trudeau prima vittima internazionale di Trump
Le dimissioni da capo del partito liberale del premier canadese Justin Trudeau sono lette, da molti media Usa, come un primo effetto internazionale del ritorno al potere imminente di Trump, che ha sempre avuto con Trudeau un pessimo rapporto, che anche di recente gli aveva palesato ostilità e che minaccia di colpire con dazi l’economia canadese, già provata dall’inflazione degli ultimi anni.

Trudeau, in carica da oltre nove anni e ormai il decano del G7, arrivò al potere nel 2015 e ha poi vinto le elezioni altre due volte, ma è in calo di popolarità ed è alle prese, dalla metà di dicembre, con contestazioni interne al suo stesso governo e al suo stesso partito.

Icona liberal, Trudeau non ha per ora lasciato la guida del governo, ma lo farà quando i liberali avranno scelto un nuovo leader. Per il momento, ha sospeso il Parlamento fino al 24 marzo.