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Usa 2024: – 6, Bezos spiega endorsement negato, portoricani contro Trump

29
Ottobre 2024
Di Giampiero Gramaglia

A una settimana dal voto, l’editore del Washington Post, Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, spiega, in un suo articolo nella pagina dei commenti, perché ha deciso che il suo giornale non dia quest’anno l’endorsement all’uno o all’altro dei candidati alla Casa Bianca. Per Bezos, gli americani non hanno fiducia nei media e “gli endorsement creano una percezione di pregiudizio e di mancanza d’indipendenza. Porvi termine è una decisione di principio ed è la decisione giusta”. Analoga decisione è stata presa, la scorsa settimana, dall’editore del Los Angeles Times, l’imprenditore biotech di origini sino-sudafricane Patrick Soon-Shiong.

Le cronache elettorali sono dominate dagli strascichi del comizio al Madison Square Garden, domenica sera, dell’ex presidente e candidato repubblicano Donald Trump, “uno sfoggio – afferma la Cnn – di odio, razzismo ed estremismo”. Fra i passaggi più discussi, l’intervento di un comico, Tony Hinchcliffe, che ha definito Portorico “un’isola di spazzatura” e il discorso del vice di Trump, JD Vance, che ha difeso l’idea di Trump di schierare l’esercito contro “i nemici interni”, cioé i suoi oppositori politici.

Secondo il New York Times, la campagna di Trump è preoccupata che le sortite su Portorico possano danneggiare l’ex presidente: i portoricani non votano per il presidente, nonostante siano cittadini statunitensi, ma possono influenzare i milioni di loro che vivono negli Stati Uniti e che votano. Infatti, El Nuevo Dia, il quotidiano più diffuso di Portorico, ha oggi un editoriale in cui afferma perentoriamente che “i portoricani devono votare Kamala Harris”: “Oggi – recita l’editoriale – tutti noi che amiamo questo Giardino dell’America e del mondo siamo dispiaciuti e abbiamo il cuore pieno di rabbia e di dolore…”. E star portoricane come Bud Bunny e Ricky Martin esprimono il loro sostegno alla candidata democratica.

Candidati ai discorsi finali, elettori ai seggi (43 milioni hanno già votato)
Nell’analisi della Cnn, i due candidati sono già “ai discorsi finali” della loro campagna. Harris e il suo vice Tim Walz intendono visitare, di qui al 5 novembre, tutti e sette gli Stati in bilico, dove la situazione appare bloccata, dopo avere assunto un tono più aggressivo nei confronti di Trump e avere preso di più le distanze dal presidente Joe Biden.

In queste ultime battute, Harris e Trump si affidano sempre più spesso ai podcast, considerati strumento efficace per toccare un pubblico interessato, ma che non s’affida ai media tradizionali.

La Cnn sottolinea che 43 milioni di americani hanno già votato per posta o ai seggi dell’early voting – quasi un terzo di quanti alla fine avranno espresso il loro suffragio, stimati poco più di 150 milioni -. Il NYT segnala che l’ex sindaco di New York, ed ex candidato alla nomination repubblicana, Michael Bloomberg, ha donato 50 milioni di dollari a sostegno di Harris.

Lotteria bloccata, schede bruciate, vertenza in Virginia
La Procura distrettuale di Filadelfia ha avviato un’azione legale contro la lotteria da un milione di dollari al giorno lanciata da Elon Musk a sostegno di Trump. Il passo della Procura  arriva una settimana dopo che il Dipartimento della Giustizia aveva segnalato che l’iniziativa di Musk viola le legge federali.

Lo Stato della Virginia ha chiesto alla Corte Suprema degli Stati Uniti di confermare l’esclusione dalle liste di 1600 elettori, dopo che una corte d’appello federale ha sostenuto all’unanimità l’ordine di un giudice di primo grado di riammettere al voto quegli elettori che sarebbero stati illegalmente esclusi con un ordine esecutivo del governatore dello Stato, il repubblicano Glenn Allen Youngkin.

Centinaia di schede sono andate distrutte nell’Oregon e a Vancouver, nello Stato di Washington, quando incendi sono stati appiccati a buche delle lettere riservate ai voti per posta. La polizia ha arrestato un sospetto.

McConnell, tardiva resipiscenza di un politico di lungo corso
In una biografia pubblicata proprio oggi, il leader repubblicano del Senato Mitch McConnell – destinato a essere sostituito nella prossima legislatura – difende l’inchiesta del procuratore speciale Jack Smith contro l’ex presidente per l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 e dice di sperare che Trump “paghi un prezzo” per quella sommossa. “Se non ha commesso reati perseguibili, non so cosa lo sia”, ha detto McConnell al giornalista Michael Tackett, autore della biografia ‘The Price of Power’.

Le osservazioni di McConnell sono state fatte dopo che Smith ha mosso nuove accuse federali contro Trump, che tengono conto della sentenza della Corte Suprema sulla parziale immunità di cui gode il presidente per i suoi atti. “Fin dall’inizio, McConnell ha pensato che le accuse mosse contro Trump avessero fondamento”, scrive Tackett.

Il libro di Tackett rivela anche che McConnell prese seriamente in considerazione di votare l’impeachment a Trump per quella vicenda. Alla fine, votò per l’assoluzione, sostenendo che l’ex presidente non era condannabile con quello strumento perché non più in carica. Ma aggiunse: “Abbiamo un sistema di giustizia penale in questo paese. Abbiamo una giustizia civile. E gli ex presidenti non sono immuni dall’essere ritenuti responsabili in nessuno dei due“.

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