USA2024
Usa 2024: – 4, crescita a 2,8% non basta a rilanciare Harris; Trump su camion spazzatura
Di Giampiero Gramaglia
Pubblicato ieri, il dato della crescita del Pil negli Usa, al 2,8%, trascinata dalla domanda interna definita “robusta” dagli analisti, dovrebbe favorire la candidata democratica Kamala Harris, nell’imminenza dell’Election Day. Ma la crescita, pur forte, non cancella negli elettori la percezione della perdita di potere d’acquisto nell’ultimo quadriennio a causa della forte inflazione. Il dato, dunque, non incide molto sui rapporti di forza nella corsa alla Casa Bianca
È stata una giornata di comizi, polemiche e sondaggi, che, però, non alterano il dato di un testa a testa fra i due rivali, Harris e il repubblicano Donald Trump. Il sito specializzato RealClearPolitics fa la media dei rilevamenti negli Stati in bilico, dove, globalmente, Trump è avanti di meno dell’1%: un dato statisticamente irrilevante e anche poco significativo, perché quel che conta è la situazione Stato per Stato – solo in Arizona Trump nella media dei sondaggi ha un vantaggio statisticamente significativo -.
Dell’ex presidente, il New York Times analizza “l’ostilità alla democrazia” e l’Ap valuta “la retorica sempre più cupa e sconnessa”: “nella fase finale della sua terza campagna presidenziale, i discorsi di Trump sono più sconnessi e più cupi che mai. Eppure, la folla continua ad andare ad ascoltarlo e ad accogliere con favore il suo populismo nazionalista, a ridere degli insulti ai rivali ed a ripeterli, accompagnando con i pugni levati le sue promesse di rendere l’America forte, orgogliosa, vigorosa, benestante e, naturalmente, ‘great again’, di nuovo grande”.
Trump faceva ieri sera un comizio in un aeroporto del Wisconsin, dove s’è presentato nella cabina di guida di un camion della spazzatura, sfruttando il passo falso del presidente Joe Biden, che ha definito i suoi fans “spazzatura”. “Come vi sembra il mio camion della spazzatura?”, ha esordito: sopra, c’era lo slogan Make America Great Again. “È in onore di Kamala e Joe“. Trump definisce spesso l’America “un bidone della spazzatura” dove il mondo getta i suoi rifiuti, cioè gli emigrati; ma quel che dice lui gli viene di solito abbonato.
La polemica si trascina da domenica sera, quando al comizio di Trump al Madison Square Garden di New York un comico ha definito Portorico “un’isola di spazzatura”, costringendo sulla difensiva la campagna repubblicana. Poi, la gaffe di Biden ha fornito all’ex presidente l’opportunità di passare dalla parte della vittima, nonostante la campagna di Harris si sia distanziata dalla frase di Biden (e Biden stesso si sia corretto). Harris ha detto che gli americani “devono smetterla di puntare il dito l’uno contro l’altro” e si è impegnata, se eletta, a rappresentare “tutti gli americani”.
Un quadro giudiziario molto mosso
Molto fitto il quadro dei ricorsi e degli appelli, in questa vigilia elettorale, presagio di quello che potrà essere il clima dopo il voto. La Ap fa una sorta di inventario delle contestazioni “false e fuorvianti” che già circondano questa elezioni e che potrebbero tradursi, dopo il 5 novembre, se Trump perde, in uno stillicidio di ricorsi contro i risultati.
La Corte Suprema è intervenuta nella controversia sull’esclusione dalle liste elettorali in Virginia di circa 1600 persone sospettate di non essere cittadini statunitensi e ha autorizzato, con una sentenza non unanime, lo Stato a proseguire la revisione delle liste – un tribunale e una corte d’appello avevano invece bloccato la procedura per il rischio di escludere dal voto dei cittadini -.
In Pennsylvania, c’è oggi la prima udienza sulla lotteria da un milione di dollari al giorno lanciata da Elon Musk fra quanti sottoscrivono una dichiarazione a favore di Trump e si iscrivono alle liste elettorali – si ignora se Musk sarà in aula -. E sempre in Pennsylvania un giudice ha ieri accolto un’istanza repubblicana per estendere se necessario il tempo di voto nella contea di Bucks, dove la chiusura dei seggi aveva impedito nel 2020 a dei cittadini in coda di votare.
Trump e Netanyahu, fine guerra prima di insediamento
I media Usa riprendono una rivelazione del Times of Israel circa la conversazione che Trump ebbe, ancora a luglio, con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ricevendolo a casa sua a Mar-a-lago in Florida.
Trump desidererebbe che Israele concluda la guerra a Gaza entro il suo eventuale reinsediamento alla presidenza, cioè entro il 20 gennaio 2025. Trump ha spesso detto pubblicamente di volere vedere Israele vincere in fretta la guerra, ma non ha mai indicato un calendario preciso, per di più associato al calendario elettorale negli Stati Uniti.