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Usa 2024: – 327, Camera mette Biden sotto inchiesta per Hunter, Corte Suprema decide
Di Giampiero Gramaglia
Joe Biden è troppo impegnato a fare il presidente per riuscire a fare il candidato in modo efficace. Ma anche la politica estera può essere un terreno di campagna elettorale, pur meno ‘retributivo’ dell’immigrazione o dell’economia: martedì, l’inquilino della Casa Bianca s’è dovuto barcamenare tutto il giorno tra il Medio Oriente e l’Ucraina, mentre i repubblicani alla Camera, dove sono maggioranza, preparavano il voto di una risoluzione per formalizzare l’apertura di una indagine d’impeachment contro di lui, per presunti coinvolgimenti nei controversi affari, fra l’altro in Cina e in Ucraina, del figlio Hunter e nella gestione dei procedimenti federali a suo carico.
Il voto è atteso nelle prossime ore. Hunter è stato convocato per una testimonianza a porte chiuse, mentre lui chiede di deporre pubblicamente per evitare che le sue dichiarazioni siano strumentalizzate – la richiesta gli è stata rifiutata -. “Mio padre non è mai stato coinvolto in nessuna mia attività, i repubblicani stanno tentando di trasformare in tenebre la luce dell’amore di mio padre per me”, ha detto Hunter Biden parlando ai giornalisti al suo arrivo sul Campidoglio. Ha aggiunto: “I repubblicani non vogliono un processo aperto, dove la gente può vedere le loro tattiche”.
Il voto di oggi della Camera non avrà conseguenze pratiche fino all’anno prossimo: il Congresso, infatti, sospenderà i lavori domani per tre settimane. Se ne riparlerà dopo l’Epifania.
Quando si dovrà guardare alla Corte Suprema, che ha accettato la richiesta del procuratore speciale Jack Smith di decidere con urgenza sull’istanza d’appello di Donald Trump per vedersi riconoscere l’immunità nei procedimenti giudiziari per i tentativi di sovvertire il risultato delle elezioni del 2020.
Smith sostiene che senza l’intervento tempestivo della Corte Suprema si rischia che il processo venga ritardato in modo indefinito. Infatti, l’impugnazione da parte dell’ex presidente della sentenza del tribunale che ha respinto la sua richiesta “sospende” il dibattimento, il cui inizio è fissato per il 4 marzo; e anche la sentenza d’appello verrà comunque impugnata davanti alla Corte Suprema.
E’ la prima volta nella storia che la Corte Suprema viene coinvolta in un procedimento giudiziario contro un ex presidente. Se la Corte, dove c’è una netta prevalenza di giudici conservatori – sei a tre (tre dei sei designati da Trump) – dovesse pronunciarsi a favore di Trump, il processo a suo carico salterebbe prima ancora di cominciare.
La Corte Suprema ha anche accettato di ascoltare un appello relativo a una delle centinaia di azioni legali intraprese dopo l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, che sono già sfociate in centinaia di condanne. Se la Corte Suprema dovesse mettere in dubbio la fondatezza di tali azioni, i riflessi potrebbero essere devastanti per la giustizia statunitense e investire anche le vertenze che toccano l’ex presidente.
Che, intanto, starebbe trastullandosi con l’idea di rivedere, in un suo secondo mandato, la strategia nei confronti della Corea del Nord: l’ipotesi sarebbe quella di consentire a Pyongyang di mantenere le sue armi nucleari e di offrirle incentivi finanziari per non dotarsi di altre bombe. L’idea di fonde sarebbe di non sprecare tempo in trattative inutili e di concentrarsi sull’obiettivo più importante, competere con la Cina.
Nel suo primo mandato, Trump incontrò ben tre volte il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, andando pure a trovarlo a casa sua, cioè mettendo piede in Corea del Nord al valico di Panmunjom, dandogli legittimità, senza però cavarne un ragno dal buco.