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Usa 2024: – 311, rimpallo di decisioni su Trump in lista, no nel Maine, sì in California

30
Dicembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

Il match dell’eleggibilità di Donald Trump diventa come una partita di calcio in cui emozioni e rovesciamenti della situazione si succedono: la Corte Suprema del Colorado lo esclude dalle liste delle primarie repubblicane nello Stato; e quella del Michigan lo ammette; poi la segretaria di Stato del Maine lo esclude; e quella della California lo ammette. Un tribunale del Minnesota lo ammette, ma pende un appello. I giudici dell’Oregon devono ancora pronunciarsi.

Ormai chiaro che ci vorrà un giudizio della Corte Suprema degli Stati Uniti per sbrogliare l’intricata matassa: se Trump è eleggibile o meno, se gli Stati possono escluderlo dalle liste e se gode di immunità per i reati compiuti quand’era ancora alla Casa Bianca (l’ex presidente deve affrontare cinque processi, federali, statali e locali).

La segretaria di Stato del Maine Shenna Bellows s’appella al 14° emendamento della Costituzione, lo stesso cui fanno riferimento i giudici del Colorado: la ‘sezione 3’ di tale emendamento esclude dai pubblici incarichi chi si sia reso responsabile di sommossa o di insurrezione. Per Bellows, Trump non può concorrere alle primarie per il suo ruolo in quanto avvenuto il 6 gennaio 2021, quando migliaia di facinorosi suoi sostenitori, e da lui sobillati, diedero l’assalto al Campidoglio, cercando d’indurre il Congresso, riunito in sessione plenaria, a rovesciare l’esito delle elezioni.

«Sono consapevole che nessun segretario di Stato ha mai privato un candidato presidenziale dell’accesso al voto in base alla ‘sezione 3’ del 14° emendamento. Ma sono anche consapevole che nessun candidato presidenziale è mai stato coinvolto in un’insurrezione», dice la segretaria di Stato del Maine.

Trump ha cinque giorni per presentare appello contro la decisione presso i tribunali dello Stato. Le primarie in Maine e in Colorado sono in calendario il 5 marzo. Il magnate intende introdurre un’obiezione giuridica per impedire che la decisione diventi operativa.

La ‘sezione 3’ del 14° emendamento dice che i funzionari pubblici che hanno giurato di sostenere la Costituzione sono banditi da futuri incarichi se coinvolti in una “insurrezione” o “rivolta” contro la Costituzione stessa. L’emendamento fu utilizzato contro il presidente confederato Jefferson Davis e il suo vice Alexander Stephens, ma da allora è stato applicato raramente e mai contro un candidato alla Casa Bianca.

La campagna di Trump giudica la decisione «atroce»: «Stiamo assistendo in tempo reale al tentativo di rubare un’elezione». Anche gli altri candidati repubblicani alla Casa Bianca criticano la decisione di Bellows: il governatore della Florida Ron DeSantis si chiede se un segretario di Stato repubblicano avrebbe mai potuto squalificare Joe Biden; Vivek Ramaswamy parla di «un esempio di minaccia alla democrazia»; Nikki Haley dice che batterà Trump «senza imbrogli». Chris Christie rimanda a quanto dichiarato dopo la decisione della Corte Suprema del Colorado: nessun tribunale dovrebbe escludere un candidato senza un processo che includa prove vagliate da una giuria.

Gli esperti legali sentiti dai media Usa sono concordi nell’indicare che la Corte Suprema dovrà pronunciarsi nei prossimi mesi. Non è questa la prima volta che la Corte Suprema deve sciogliere nodi di un’elezione presidenziale: l’ultima volta, nel 2000, consegnò la vittoria a George W. Bush su Al Gore.