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USA 2024, + 25: i leader dei Paesi sotto dazi corteggiano Trump
Di Giampiero Gramaglia
Dopo la presidente messicana, il premier canadese: i leader dei Paesi sotto minaccia di dazi del 25% su tutto il loro export a partire dal giorno dell’insediamento di Donald Trump alla presidenza USA (dopo aver vinto la sfida a USA 2024) si danno da fare per cercare di sventare il pericolo. Dopo la telefonata, giovedì, di Claudia Sheinbaum Pardo, ecco la visita a sorpresa a Mar-a-lago in Florida, ieri, di Justin Trudeau.
Trump e Trudeau si sono incontrati nel golf club del presidente eletto. Fra due, nel primo mandato di Trump alla Casa Bianca, i rapporti non erano mai stati buoni. Nel ’25, Trudeau sarà il presidente di turno del G7, di cui è ormai l’indiscusso decano – è in carica da oltre nove anni -.
I media ignorano se l’incontro di ieri sia stato in qualche misura fruttuoso, ma dicono che Trudeau ha adottato con Trump un approccio meno muscolare di quello scelto da Sheinbaum. La presidente del Messico, in uno scambio di commenti pubblici, s’è scontrata sui migranti col presidente eletto.
Messico e Canada condividono l’idea che i dazi danneggerebbero anche gli Usa. Ma Trudeau vede nella minaccia una tattica per rinegoziare nel 2026 l’accordo commerciale tra le tre nazioni, noto come Usmca, che ha già sostituito durante il Trump 1 il criticato Nafta (North American Free Trade Agreement).
Prima della missione im Florida, Trudeau aveva cercato di proiettare calma e sicurezza, auspicando che Trump si renda conto che i dazi danneggerebbero entrambi i Paesi, che sono i maggiori partner commerciali l’uno dell’altro – circa l’80% del petrolio canadese e il 40% del gas vengono esportati negli Stati Uniti -. I due paesi sono profondamente interconnessi attraverso la produzione congiunta di automobili, così come in molti altri settori industriali.
USA 2024: Wall Street Journal anticipa mosse Trump su migranti
Dai dazi ai migranti. Il Wall Street Journal anticipa i progetti di deportazione della Trump 2, mentre il Washington Post osserva che il Texas, lo Stato con la frontiera con il Messico più lunga, “accelera” predisponendosi ad attuare i piani di Trump.
Il presidente eletto posta sul suo social Truth l’articolo del WSJ, quasi ad avallarlo – a meno che non ne tragga consigli -.
Secondo il giornale, gli sceriffi locali avranno più poteri – e più incentivi – per lavorare in sintonia con le autorità federali e attuare le deportazioni di massa degli illegali. Il transition team di Trump sta già cercando spazi da utilizzare come centri di detenzione a breve termine vicino a grandi città gestite dai democratici, dove vive la maggior parte degli immigrati illegali.
Si sta anche valutando come dare più potere agli sceriffi, ricompensando le giurisdizioni che collaborano e penalizzando quelle che si oppongono, in particolare gli Stati e le città che fanno resistenza. Per fare leva su legioni di sceriffi, il team di Trump punta a espandere un programma che concede a loro e ad altre agenzie alcuni poteri dell’Immigration and Customs Enforcement (Ice).
L’idea è di ridare attualità a un “modello di task force” dormiente e controverso, che fino al 2012 consentiva agli agenti delle agenzie locali coinvolte di arrestare, durante i loro compiti di routine, persone senza documenti di cittadinanza per violazioni delle leggi sull’immigrazione.
Tom Homan, lo ‘zar della frontiera’ del Trump 2, dirigente di lunga data dell’Ice, vede con favore questo modello, perché porta ad arresti più frequenti e visibili, che secondo lui potrebbero fungere da deterrente per i potenziali migranti che pensano di entrare negli Stati Uniti. Miliardi di dollari che attualmente finanziano l’aiuto ai migranti di organizzazioni non profit e città verrebbero reindirizzati alle agenzie di polizia locali che consegnano immigrati all’Ice.
USA 2024: commenti e Musk a Mar-a-lago
Citiamo due commenti. Il Washington Post si interroga se la Corte Suprema, che nel primo mandato agì da freno su Trump, farà lo stesso nel secondo: è una domanda retorica perché la composizione della Corte è profondamente cambiata dal 2018 e s’è già mostrata palesemente favorevole a Trump nella campagna elettorale.
Sul Daily Signal della Heritage Foundation, David Hanson dice che l’elezione di Trump rassicura quegli americani che temevano di essere pazzi: avevano ragione di essere stanchi di sentirsi criticare dai media, dagli accademici e dagli snob della politica che li rimproveravano per ogni cosa.
Infine, Trump ed Elon Musk inseparabili anche a Thanksgiving: il patron di Tesla e altro era seduto alla destra del presidente eletto al tavolo al centro del salone di Mar-a-Lago, come mostrano immagini postate sui social da alcuni partecipanti. Nelle clip, si vede l’uomo più ricco del mondo, con un maglione con la lettera X, che filma immagini col suo telefonino e balla al ritmo di ‘Ymca’, motivo conduttore della campagna elettorale di Trump. Alla sinistra del presidente eletto, il figlio Barron e la moglie Melania.