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Usa 2024: – 247, “salvate l’imputato Trump”, giudici in soccorso del magnate
Di Giampiero Gramaglia
USA 2024: altro che persecuzione giudiziaria. La magistratura statunitense di nomina ‘trumpiana’ sembra mobilitarsi come un sol uomo a tutela dell’ex presidente imputato in quattro procedimenti penali e s’affanna ad accoglierne e quasi a incoraggiarne i tentativi di dilazionare i processi, così da evitargli condanne e se possibile anche solo udienze prima delle elezioni presidenziali del 5 novembre.
A tre giorni dal Super Martedì del 5 marzo, con primarie democratiche e repubblicane in 16 Stati, non si sa quando partiranno i processi a Washington, in Georgia e in Florida – quello in Georgia è addirittura in forse -. Se le sentenze slittano a dopo le elezioni e se Trump fosse candidato e vincesse, tutto rischia di restare congelato fino al 2029.
Dalla Corte Suprema a una giudice della Florida, passando per le storie di lenzuola dei magistrati della Georgia, tutto concorre a sopire e rinviare. Apparentemente, solo i giudici, va detto democratici, della democraticissima New York tengono duro e mantengono al 25 marzo la data d’inizio del loro processo: lì i fatti risalgono a quando Trump non era presidente e, quindi, non c’è immunità che tenga. Ma c’è da scommetterci che i legali del magnate sciorineranno anche lì le loro tattiche dilatorie.
E’ l’ennesima dimostrazione che la giustizia non è affatto uguale per tutti. Centinaia dei facinorosi che il 6 gennaio 2021 diedero l’assalto al Campidoglio per indurre il Congresso a rovesciare l’esito delle elezioni del 2020 vinte da Joe Biden sono già stati processati e stanno scontando la loro pena, mentre il loro mandante, che può permettersi di spendere milioni di dollari – anzi, che spende milioni di dollari donatigli dai cittadini per la sua campagna elettorale – per pagarsi stuoli di legali, riesce, di artificio in artificio, a sottrarsi alla giustizia e pretende pure di passare per perseguitato.
E’ notizia di ieri che la giudice cui fa capo il procedimento contro Trump sui documenti segreti sottratti alla Casa Bianca e successivamente sequestrati a Mar-a-Lago, dopo che il magnate aveva, in ogni modo, cercato di impedirne il recupero, esprime perplessità sull’avvio del processo a luglio, come chiesto dal procuratore speciale Jack Smith.
In aula, Aileen Cannon, nominata da Trump negli ultimi giorni della sua presidenza, quasi a volersi garantire una giudice amica nella sua giurisdizione, ha chiesto se la tabella di marcia ipotizzata non sia in violazione con la regola del Dipartimento di Giustizia, che vieta di intraprendere azioni che potrebbero influenzare un’elezione nei 60 giorni prima del voto. I legali di Trump premono affinché il procedimento sia rimandato a dopo le elezioni.
La giudice Cannon aveva inizialmente indicato il 20 maggio come data d’avvio, ma s’era poi detta aperta a “ragionevoli aggiustamenti”. Smith propone ora l’8 luglio, cioè una settimana prima dell’inizio della convention repubblicana di Milwaukee. I legali di Trump puntano a rimandare tutto a dopo le elezioni, ma offrono come alternativa il 12 agosto.
E’ invece attesa entro due settimane la decisione in Georgia se sostituire o meno la procuratrice Fani Willis, su cui grava il sospetto di conflitto di interesse per la sua relazione con Nathan Wade, un collega che aveva ingaggiato per co-istruire l’inchiesta contro Trump sulle pressioni esercitate sulle autorità dello Stato per alterare l’esito del voto. Lo ha annunciato il giudice Scott McAfee, dopo aver ascoltato gli argomenti conclusivi nell’inchiesta avviata per iniziativa della difesa di uno dei tanti co-imputati in questa vicenda. Se Willis dovesse essere esautorata, sarebbe una vittoria dell’ex presidente, che vedrebbe come minimo allontanarsi l’inizio del processo a suo carico.
L’unica rivale di Trump rimasta in lizza nelle primarie repubblicane, Nikki Haley, che va meglio nella raccolta di fondi che alle urne – a febbraio, ha ricevuto 12 milioni di dollari – chiede che Trump sia processato prima delle elezioni. “Dobbiamo sapere cosa succede prima del voto. perché dopo, se dovesse diventare presidente, non penso che ne sentiremo più parlare”. Haley riconosce che Trump ha il diritto di difendersi, ma dice che i suoi problemi legali devono essere affrontati rapidamente.
Usa 2024: fascino della democrazia in calo
Se questo è il quadro, non stupisce che il richiamo della difesa della democrazia, su cui punta la campagna del presidente democratico Joe Biden, contro i rischi di dittatura d’un secondo mandato di Donald Trump, appaia sempre meno pregnante agli elettori americani (e non solo a quelli).
Una ricerca del Pew Research Center, basata sui risultati di 24 elezioni in tutto il Mondo, indica che la democrazia rappresentativa resta la forma di governo preferita, ma che la sua forza d’attrazione va diminuendo,
Chi difende la democrazia – il 77% la giudica una forma di governo buona – è frustrato da come funziona: quasi tre su cinque non sono soddisfatti di come viene applicata nel loro Paese. E aumenta il sostegno a un leader forte che possa prendere decisioni senza interferenze di Parlamento o magistratura.
La ricerca del Pew Reseach Institute segna un anno in cui la metà della popolazione mondiale va alle urne, compresi i cittadini dell’Unione europea, dell’India, degli Stati Uniti, oltre quelli russi, che però non godono d’una reale democrazia, vista la repressione del dissenso.