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Usa 2024: -187, processo, Trump multato rischia il carcere

01
Maggio 2024
Di Giampiero Gramaglia

Donald Trump, candidato repubblicano ‘in pectore’ a Usa 2024, è stato condannato a pagare 9.000 dollari d’ammenda per avere violato almeno nove volte, sui social e in pubblico, l’ordine impostogli dal giudice di non offendere o minacciare i magistrati e gli inquirenti, i giurati e i testimoni (e i loro familiari) del processo in corso a New York per i pagamenti in nero fatti a una pornostar, perché non parlasse di una loro relazione sessuale nell’imminenza delle elezioni presidenziali di Usa 2016. Se violerà ancora l’ordine, Trump rischia di finire in carcere.

La condanna per oltraggio alla corte è stata comminata in apertura della terza settimana di processo a Trump in un tribunale di Manhattan a New York. Il giudice Juan M., Merchan, che ha emanato la sentenza, ha anche preso una decisione favorevole all’ex presidente imputato: non ci sarà udienza il 17 maggio, così che il magnate possa partecipare alla cerimonia di consegna del diploma al figlio Baron, 18 anni, nato proprio al tempo della relazione, che Trump nega, con Stormy Daniels, all’anagrafe Stephany Clifford. Il giudice ha detto di “Non vedere problemi” a saltare l’udienza, notando che il processo sta procedendo come previsto, senza intoppi.

Mechan s’è rammaricato di non potere imporre al magnate una pena più consona alle sue finanze e ha osservato di avere preso in considerazione solo i casi più flagranti di violazione dell’ordine d’auto-censura.

Pur protestando contro la condanna per oltraggio alla Corte, Trump ha cancellato dai social media, per la maggior parte il suo Truth, tutti i post che violavano l’ordine del giudice. L’ex presidente ha però scritto, sempre su Truth: “Il giudice mi nega il diritto costituzione alla libertà di espressione… Questo processo è truccato e, togliendomi la libertà di parola, questo controverso giudice sta truccando le elezioni del 2024. E’ una interferenza sulle elezioni”.

Uscendo dal tribunale a fine udienza, Trump ha ribadito che le limitazioni alla libertà di parola
impostegli “sono incostituzionali”. . “Dovrei essere in Georgia, dovrei essere in North Carolina. Invece sono qui per niente, non c’è reato”, ha aggiunto.

Usa 2024: processo a Trump, depongono il bancario e l’avvocato
Il processo è ripreso con il ritorno dal bancario Gary Farro sul banco dei testimoni. L’accusa aveva già iniziato venerdì 26 aprile a interrogare Farro, che, quando lavorava alla First Republic Bank, oggi scomparsa, era l’interlocutore di Michael Cohen, l’ex avvocato e faccendiere di Trump. Proprio con il suo aiuto, Cohen aprì un conto per pagare 130.000 dollari in nero a Stormy Daniels.

Ieri, Farro ha dovuto fornire ulteriori dettagli su quell’operazione, intorno a cui ruota tutta l’accusa. Se avesse saputo che Cohen agiva per conto terzi, ha spiegato, ci sarebbero state più pratiche burocratiche da sbrigare”. “Se il cliente mi avesse detto che si trattava di una società di comodo, non avrei mai autorizzato l’apertura del conto”, ha aggiunto, rivelando che il faccendiere di Trump
“era un cliente difficile perché era sempre di fretta”: “Il 90 per cento delle volte che veniva ci diceva che era una questione urgente”.

L’ex presidente deve rispondere di 34 capi d’accusa, di cui si dichiara innocente, negando anche tutte le relazioni extra-coniugali che sono evocate nel caso. Secondo gli inquirenti, il pagamento fatto a Stormy Daniels era parte di un piano più complesso per tenere informazioni compromettenti
fuori dalla campagna delettorale di Usa 2016 e vincere le elezioni, come poi avvenne.

Ieri è stato pure sentito l’avvocato di Stormy Daniels e della coniglietta di Playboy Karen McDougal il cui silenzio sull’asserita storia con Trump venne comprato dalla rivista National Enquirer che la pagò per un’intervista in esclusiva mai pubblicata. Keith Davidson ha aiutato le due donne a gestire i rapporti con i media ed ebbe diversi colloqui con Cohen.

Il legale ha iniziato raccontando che la coniglietta di Playboy gli aveva racconato di aver avuto “una relazione romantica” con il magnate e poi ha confermato la testimonianza dell’editore David Pecker che il National Enquirer pagò per acquistare e ‘uccidere’ la storia. Fu proprio Davidson, il 7 giugno 2016, a contattare con un sms l’allora direttore del tabloid Dylan Howard. “Ho una storia da scoop su Trump”, scrisse il legale di McDougal, che aveva anche contattato la Abc. Il direttore rispose: “Ti posso pagare più di chiunque altro per averla. Sai perché…”.

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