Cronache USA

Ucraina, gli Usa ventilano l’abbandono dei negoziati

19
Aprile 2025
Di Giampiero Gramaglia

Molto frastagliata l’attualità Usa. Sul fronte internazionale, l’argomento principale è l’Ucraina, dopo che il segretario di Stato Marco Rubio e, a seguire, il presidente Donald Trump hanno detto che gli Stati Uniti potrebbero abbandonare i negoziati di pace “in assenza di risultati” – “Lavarsene le mani” scrive il New York Times, con un’espressione molto adatta al periodo pasquale -.

Per il giornale, l’Amministrazione Trump in tal modo “rafforza” il presidente russo Vladimir Putin. Non a caso, il Cremlino fa sapere che l’ordine di Putin di non colpire i siti energetici ucraini, concordato nella telefonata con Trump di marzo, è “scaduto”: la sospensione, prevista di 30 giorni, non è praticamente stata mai attuata, perché i bombardamenti sono proseguiti tutte le notti.

L’interpretazione del Washington Post è, invece, che Trump sia “stanco di sentirsi preso in giro” – una sensazione cui, invece, gli europei reagiscono, secondo Politico, preparano nuovi sanzioni anti – Russia “a prova dei veti dell’Ungheria” -. Nella lettura di David Ignatius, “l’attenzione” di Trump per il dossier ucraino ”va scemando”: se ne sarebbe stufato, dopo essersi forse illuso di potere ottenere risultati in fretta.

Un po’ quanto già avvenuto per il Medio Oriente, dove gli sforzi di mediazione dei primi due mesi del Trump 2 hanno ceduto il passo a un pieno appoggio alla ripresa delle ostilità da parte israeliana. Anzi, proprio ieri gli Stati Uniti hanno compiuto il loro attacco aereo e missilistico più letale contro installazioni degli Huthi nello Yemen, uccidendo – secondo fonti locali – circa 75 persone e ferendone oltre 170 e colpendo blindati e veicoli e installazioni portuali. Di conseguenza, secondo quanto riferisce la Ap, c’è stato sversamento di petrolio nel Mar Rosso.

L’attacco è parte dell’offensiva militare degli Stati Uniti contro i miliziani sciiti dello Yemen che, sostenuti dall’Iran, minacciano la sicurezza della navigazione all’uscita dal Mar Rosso verso il Golfo di Aden e tirano missili – quasi sempre intercettati – contro Israele.

Proprio oggi si svolge a Roma il secondo round dei negoziati Usa-Iran sul nucleare, non diretti, ma mediati dall’Oman. Ci sarà per gli Usa Steve Witkoff, il “cavaliere solitario” che è divenuto – nota la Cnn, dedicandogli un ritratto – “di fatto l’uomo di punta delle sfide della politica estera” dell’Amministrazione Trump.

La contemporanea missione italiana del vice-presidente JD Vance riceve, invece, scarsa attenzione dalla stampa americana, mentre Le Monde, con riferimento all’incontro, oggi, in Vaticano, di Vance con il segretario di Stato cardinale Parolin, parla “dello shock fra due cattolicesimi, sullo sfondo delle grandi manovre per la successione di Papa Francesco: dall’immigrazione alla guerra a Gaza e al gelo sugli aiuti umanitari, i temi di frizione fra Washington e il Vaticano non mancano: l’incontro di oggi dovrebbe in parte sanarli e richiamare l’unità della Chiesa”. Ma le parole e i modi di Vance, un convertito al cattolicesimo, non sono in sintonia con quelli del pontefice.

Ieri, Vance è stato ricevuto dalla premier Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Circa due ore di colloquio in cui hanno i due hanni discusso “degli importanti legami culturali e religiosi tra Stati Uniti e Italia, degli sforzi in corso per garantire un commercio equo e reciproco e di una risoluzione pacifica alla brutale guerra tra Russia e Ucraina”. A seguire, il pranzo, presenti i due vice-premier Antonio Tajani e Matteo Salvini.

Vance ha riconosciuto a Meloni il ruolo di mediatrice sui dazi tra Usa e Ue. E Meloni ha poi avuto una telefonata riepilogativa dei suoi contatti americani – giovedì con Trump e ieri con Vance – con la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen: secondo fonti italiane, la chiamata tra Meloni e Uvdl è stata “positiva” nei contenuti.

Un articolo inchiesta del Washington Post conferma che i viaggi negli Usa sono diminuiti, da tutte le provenienze, da quando Trump s’è insediato alla Casa Bianca. Sullo stesso quotidiano, un’analisi di Dana Milbank anticipa un bilancio dei 100 giorni del Trump 2, che cadranno a fine mese, e parla di “storico fallimento”.

Trump 2: università, deportazioni, licenziamenti, vertenze
I media statunitensi quest’oggi hanno aperture dedicate alle vicende interne: guerra delle università, deportazioni di immigrati, licenziamenti di dipendenti federali, contestazioni in giustizia dei decreti del Trump 2 e conseguenti ‘bracci di ferro’ tra l’esecutivo e il giudiziario.

L’apertura del New York Times è dedicata alla guerra alle Università, con un’esclusiva del giornale secondo cui l’attacco a Harvard sarebbe partito per errore.

Quella del Washington Post riguarda le traversie dei migranti e le deportazioni condotte senza o addirittura contro il parere dei giudici. L’Ap segue passo passo gli sviluppi nei tribunali: la vicenda di punta resta quella del cittadino salvadoregno cui era stato concesso l’asilo e che è stato ugualmente deportato nel suo Paese, violando l’ordine di un giudice – l’Amministrazione si rifiuta ora di cercare di ottenerne il rientro, ignorando ancora una raccomandazione giudiziaria, stavolta, però, della Corte Suprema -.

Sempre dedicata alle questioni interne, l’apertura del Wall Street Journal ha un approccio globale: “Mentre Trump se la sta prendendo con le Istituzioni americane, la resistenza si va organizzando… Tribunali e Università cercano di tenere fermi i paletti dell’autorità presidenziale, l’Amministrazione vuole affermare il suo potere…”.

L’ultimo atto di questo confronto è la decisione della Corte Suprema, giunta a tarda ora, di bloccare la deportazione di una trentina di immigrati venezuelani senza documenti e presunti appartenenti a una gang criminale, in base a una legge del 1797, l’Alien Enemies Act, senza dare loro la possibilità di ricorrere contro il provvedimento. I giudizi supremi hanno imposto l’alt alla deportazione, nell’attesa di pronunciarsi nel merito della questione.

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