Cronache USA
La guerra delle Università all’Amministrazione Trump
Di Giampiero Gramaglia
Occhi puntati sui fronti interni, più che su quelli internazionali, questa mattina negli Stati Uniti. Le dichiarazioni del presidente Donald Trump sulla guerra in Ucraina suonano, probabilmente, ripetitive e stantie alle orecchie americane: “Biden, Zelensky e Putin sono tutti da condannare” per il conflitto, ha scritto a due riprese Trump sul suo social Truth. L’ex presidente Joe Biden e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky perché “hanno permesso l’inizio della guerra” e Zelensky, in particolare, perché “non si fa la guerra con uno che è venti volte più grande di te”; il presidente russo Vladimir Putin perché “non avrebbe mai dovuto incominciarla”.
Dunque, per Trump “la colpa è di tutti”. Tranne, ovviamente, che sua: “È la guerra di Biden, non la mia. Putin, e tutti gli altri, rispettavano il vostro presidente. Non ho nulla a che vedere con questa guerra, ma sto lavorando diligentemente per fermare la morte e la distruzione. Dobbiamo fermare il conflitto rapidamente”.
Quanto alla guerra dei dazi, la giornata di ieri è stata la prima, dall’inizio di aprile, di mercati più o meno ‘nomali’, senza decisioni a sorpresa a turbarne l’andamento. Ci sono state ancora dichiarazioni, su possibili esenzioni, oltre che per l’elettronica, per l’automobile; ed è in corso la missione nel Sud-Est asiatico del presidente cinese Xi Jinping, in funzione anti-dazi Usa.
La Cina ha pure sospeso l’export di un’ampia gamma di minerali e magneti: una mossa minacciosa per le industrie automobilistica, aeronautica e degli armamenti e per i produttori di semiconduttori in tutto il Mondo. Ma non è chiaro quando la produzione ne risentirà, se mai ne risentirà: le borse avevano sentito e visto ben di peggio nelle ultime due settimane per farsi impressionare.
Guerra delle Università, Harvard sfida l’Amministrazione, che le taglia i fondi
E, allora, usiamo come baedeker, cioè come guida, questa mattina, per districarci fra le notizie, le prime pagine del New York Times e del Washington Post, che sono singolarmente simili. L’apertura è per la guerra delle università – vale pure per il Wall Street Journal -, che si estende: Trump congela 2.2 miliardi di dollari di finanziamenti pluriennali e 60 milioni di contratti all’Università di Harvard, la più ricca e una delle più prestigiose dell’Unione, che si rifiuta d’accogliere le richieste dell’Amministrazione – un giro di vite alle manifestazioni nel campus e l’abbandono dei programmi di diversità, equità e inclusione -.
La vicenda segue quella della Columbia di New York, che s’era invece piegata alle richieste del Trump 2. Altre vertenze sono in atto con altri atenei. Harvard è stata la prima a dire no.
Collegato a questa vicenda, c’è l’arresto di uno studente della Columbia, preso dopo essere stato convocato per un colloquio sulla concessione della cittadinanza nel Vermont. È un altro caso di attivista pro-Palestina arrestato senza che un’accusa sia formulata nei suoi confronti.
Guerra dei giudici, presidente El Salvador fa da spalla a Trump
Poi c’è lo show nello Studio Ovale della Casa Bianca del presidente di El Salvador Nayib Bukele, l’uomo che ha fatto delle cripto-valute la valuta corrente del suo Paese. Alla domanda se intenda rimandare negli Usa Kilmar Abrego Garcia, un cittadino salvadoregno sposato a una americana e deportato per errore nel suo Paese dopo che gli era stato concesso l’asilo politico, Bukele ha esplicitamente detto di non avere alcuna intenzione di farlo: “È una domanda assurda… Non c’è base legale perché io lo faccia… ”.
Negli Usa, Abrego Garcia è oggetto di una disputa tra l’esecutivo e il giudiziario, i cui sviluppi sono difficili da prevedere.
