Cronache USA
Gaza: coro di no a piano Trump, Casa Bianca ridimensiona
Di Giampiero Gramaglia
“La furia globale” – un titolo di Politico – suscitata dal piano di Trump per Gaza viene raccontata, con sfaccettature diverse, dai media di tutto il mondo. In sintesi, il piano consiste nel deportare oltre due milioni di palestinesi dalla Striscia per farne “la Riviera del Medio Oriente”. Politico scrive che l’idea del presidente suscita indignazione nei Paesi arabi e in capitali europee “chiave” – si riferisce soprattutto a Londra, Parigi, Berlino e Madrid – ed è ritenuto “pericoloso”: rischia di compromettere pure la tregua in atto, non solo le prospettive (già tenui) di una pace duratura.
L’Ap racconta che il piano di Trump ha lasciato “tutti basiti” in Medio Oriente e passa in rassegna “i principali ostacoli” per cui non solo non può funzionare, ma può addirittura frenare la liberazione degli ostaggi così come prevista dall’intesa fra Israele e Hamas in vigore dal 20 gennaio. Le sole reazioni positive sono quelle dell’estrema destra religiosa israeliana.
Gaza: piano Trump, tutti sorpresi, anche Netanyahu
Il New York Times ricostruisce come ‘Trump abbia sorpreso “tutti su Gaza, dall”entourage a Bibi”, il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il giornale, citando varie fonti, rivela dei retroscena: l’annuncio sembrava formale e ponderato (il presidente ha letto il suo piano da un foglio di carta) ma, in realtà, il suo staff non aveva fatto nemmeno “la pianificazione più elementare” per vagliare la fattibilità dell”idea. A Netanyahu, Trump avrebbe comunicato la sua intenzione di fare l’annuncio solo poco prima della conferenza stampa congiunta.
All”interno dell’Amministrazione, inoltre, non c’erano stati incontri con il Dipartimento di Stato e con il Pentagono, come normalmente accade per qualsiasi seria proposta di politica estera; e non c”erano stati gruppi di lavoro. Il Dipartimento della Difesa non aveva prodotto stime sul numero delle truppe eventualmente necessarie, o previsioni sui costi, o una bozza delle mosse da fare. “Era poco più di un’idea nella testa del presidente”, scrive il quotidiano.
In privato, però, Trump parlava da settimane di fare del territorio palestinese una proprietà Usa. E l’ipotesi era divenuta più concreta, secondo due funzionari citati anonimi dal NYT, dopo che l’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff, tornato da Gaza la scorsa settimana, gli aveva narrato le orribili condizioni della Striscia. Ma nessuno, né alla Casa Bianca, né fra gli israeliani, pensava che Trump stesse per lanciare il progetto, fino a poco prima che lo facesse.
Gaza: piano Trump, Casa Bianca cerca di “limitare i danni”
Il Washington Post ripercorre, invece, i tentativi fatti dalla Casa Bianca di ridimensionare, se non correggere, le affermazioni del presidente, in uno sforzo per “limitare i danni” della sortita. Dunque, la portavoce Karoline Leavitt insiste sul fatto che “gli Stati Uniti non pagheranno la ricostruzione” di Gaza e sottolinea che Trump “non s’è impegnato” a inviare militari statunitensi per le operazioni di deportazione e ricostruzione – in effetti, il presidente non lo ha escluso, ma non ha detto che lo farà -.
Il giornale rileva che Leavitt e altre fonti anonime della Casa Bianca mettono l’accento più su quel che il presidente non ha detto che su quel che ha detto; e chiosano che l’evacuazione dei palestinesi sarebbe temporanea. Un titolo del New York Times recita: “Funzionari di Trump prendono le distanze dal piano del presidente”.
Preoccupazioni e perplessità emergono anche fra i congressman repubblicani, con una vivacità come minimo inconsueta nei confronti di Trump. Quanto alle Nazioni Unite, evocano, come altri nel Mondo, un rischio di “pulizia etnica”.
Trump 2: migranti, avanti con accordi con Paesi terzi
Sempre sul fronte esteri, il Washington Post informa che il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha concluso un altro accordo con un Paese terzo, il Guatemala, per accogliere migranti illegali espulsi dagli Stati Uniti.
L’intesa con il presidente guatemalteco Bernardo Arevalo segue quelle già raggiunte, a vario titolo, e con varie contropartite, con Colombia, Venezuela ed El Salvador. Il trasferimento dei migranti dagli Stati uniti nei Paesi di provenienza o, comunque, di accoglienza sarà pagato da Washington.
C’è invece confusione su Panama. Fonti Usa avevano annunciato che le unità navali Usa sarebbero state esentate dai noli del canale, ma fonti panamensi non lo confermano, anzi lo negano.
Trump 2: Ap, Trump e Musk scuotono le fondamenta della democrazia statunitense
Il Trump 2 va avanti a ritmi serrati a colpi di ordini esecutivi sui migranti, sulla negazione dei diritti di genere e del contrasto alle discriminazioni, con epurazioni e licenziamenti di dipendenti pubblici. Secondo l’Ap, Trump e il suo sodale Elon Musk, incaricato di rendere più efficiente l’Amministrazione federale, stanno “smantellando l’Amministrazione” e “scuotono le fondamenta della democrazia statunitense”: “Il presidente Trump – nota l’Ap – ha incaricato Musk, l’uomo più ricco al mondo, di rivedere da capo a fondo la più antica democrazia del mondo moderno e, per ora, i risultati sono stupefacenti, se non allarmanti e illegali, e vengono contestati in decine di tribunali in tutta la Nazione”.
Le contestazioni giudiziarie dei provvedimenti annunciati, infatti, si susseguono. Una giudice federale del Maryland, Deborah L. Boardman, ha ieri reso permanente, e valido su scala nazionale, lo stop alla direttiva del presidente che sospendeva l’emendamento della Costituzione che sancisce lo ius soli.
Lo stop di Boardman estende quello, valido 14 giorni, emanato a gennaio da un giudice di Seattle, nello Stato di Washington. L’ordine della giudice del Maryland accoglie il ricorso di organizzazioni per i diritti civili. L’Amministrazione Trump farà appello.
Se l’opposizione democratica resta impotente e quasi ibernata, l’opinione pubblica liberal, superata una fase di sconcerto e sbigottimento, sembra risvegliarsi con manifestazioni di protesta segnalate in città di tutta l’Unione.