Leggendo il titolo dove hai messo l’apostrofo? Te lo chiedo perché fa una grande differenza e fotografa in modo nitido la situazione di Alitalia.
Se hai messo l’apostrofo dopo la “v” sei tra quelli che considerano Alitalia un asset in termini di brand reputation per il nostro Paese, il miglior biglietto da visita a livello internazionale per rilanciare la nostra immagine nazionale. Quelli che “va salvata a tutti costi, sarebbe una grande figura di m…”, quelli che “i Nuovi Capitani Coraggiosi dovrebbero essere italiani”, quelli che “quando prenoto guardo prima Alitalia”, quelli che “sui nostri voli si è sempre mangiato meglio che altrove”, quelli che “le divise delle nostre hostess e dei nostri steward sono le più eleganti”, e soprattutto quelli che “chissenefrega se abbiamo dovuto pagare negli anni diversi fallimenti, siamo Italiani e meritiamo di volare alla nostra altezza”.
Se hai messo l’apostrofo dopo la seconda “l” sei tra quelli che “salviamo l’Italia da Alitalia”, quelli del “ci abbiamo già provato più volte, lasciamola fallire”, quelli del “il piano tedesco di Lufthansa che prevede 5mila esuberi è la soluzione d’impresa migliore”, quelli che “basta sprechi, se sta in piedi da sola senza i nostri soldi bene, altrimenti fallimento sia”.
Se invece sei tra quelli che ha letto più volte il titolo dandogli ogni volta un’accentuazione diversa, allora sei tra quelli che ne vorrebbero capire qualcosa in più.
Ecco cosa sta succedendo: il 30 aprile è scaduto il termine per presentare offerte sul nuovo capitale di Alitalia. Intanto la compagnia ha superato i 3 miliardi di euro di debiti e continua a perdere circa 1,3 milioni di euro al giorno. Significa che durante l’amministrazione controllata solo nel 2018 ha perso oltre mezzo miliardo di euro (fonte: IATA). E solamente il 14,8% degli italiani acquista biglietti Alitalia, meno di quelli che scelgono la low cost inglese easyJet (16,5%) e ancor meno della metà di chi vola Ryanair (36,5%).
L’amministrazione controllata ha compiuto due lunghi anni, ma ancora non si è riusciti a trovare una concreta soluzione per il rilancio (o semi-rinascita). Lo Stato ha prestato 900 milioni di euro (che con gli interessi sono saliti già oltre il miliardo) e si trova come “costretto” ad entrare nel capitale della newco.
Cose concrete. La nuova Alitalia (se farà in tempo a nascere) avrà una maggioranza di controllo statale, pubblica. Ferrovie dello Stato (FS) ne acquisirà il 30%, il Ministero dell’Economia il 15% e la statunitense Delta Airlines il 15%. Manca all’appello un restante 40% del capitale per un investimento pari a circa 300 milioni di euro, per il quale nessuno ha presentato proposte concrete.
Il mistero 15%. Ieri sera il vicepremier Luigi Di Maio è andato in Tv annunciando che “manca solo un 15% per chiudere”. Il che significa che qualcuno ha avanzato in via riservata una proposta di acquisizione di un 25%. Ma non è ancora dato sapere di chi si tratti.
Il Totonomi. Nelle ultime settimane si è parlato soprattutto di un possibile interesse concreto per il dossier Alitalia da parte di Atlantia (la controllante di Autostrade). L’Amministratore delegato di Atlantia, Giovanni Castellucci è stato chiaro: “Abbiamo così tanti fronti aperti che non possiamo impegnarci su Alitalia. Ma si è anche scritto di un eventuale coinvolgimento di Poste Italiane, Cassa Depositi e Prestiti, Invitalia (l’agenzia degli investimenti del Ministero dell’Economia), famiglia Toto.
Lo sfondo tedesco (Lufthansa). La compagnia tedesca Lufthansa non ha presentato offerte per il rilancio in compagnia, ma ha lasciato trapelare che sarebbe interessata a rilevare in solitaria la parte sana dell’azienda. Il piano sarebbe chiaro: tenere il meglio al costo di 5mila esuberi immediati.
Proroga senza scadenza. Altro che Brexit. Con Alitalia oggi siamo in un limbo ancora più affascinante. Nonostante la situazione a dir poco delicata e i termini scaduti siamo in attesa dal Governo di annuncio di proroga della scadenza per la presentazione delle offerte, con le elezioni europee alle porte. La sensazione è che stiano scorrendo i titoli di coda e in pochi se ne siano accorti. Sarà comunque molto complicato riavvolgere il nastro.
Paolo Bozzacchi