Trasporti

Quando la burocrazia ostacola la transizione digitale

05
Aprile 2022
Di Alessandro Caruso

Le rivoluzioni passano dalle azioni, ma anche dalle parole. Nel caso della transizione digitale negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi avanti in ognuno dei due campi, basti pensare al tema della connessione veloce che andava di pari passo con l’”informatizzazione”, che oggi è stato sostituito dalla sfida del 5g e del cloud nazionale, considerati capisaldi della “digitalizzazione”, la dicitura più contemporanea e idonea per denominare questo cambiamento di prospettiva. 

Eppure adesso anche parlare di digitalizzazione appare già desueto e troppo vago, se non si fa riferimento agli specifici “processi digitali”. Parliamo della capacità di rendere digitalizzabile un modo di agire e, addirittura, di pensare. Un cambio di paradigma in cui il legislatore gioca un ruolo determinante, perché ogni piccola inadeguatezza normativa può contribuire a frenare il livello di innovazione e, quindi, di semplificazione.

Da sinistra, in alto, Alessandro Morelli, Andrea Incondi ed Enza Bruno Bossio. In basso Francesco Di Costanzo e Federica Meta.

Il caso del trasporto è uno dei più emblematici che abbiamo in Italia. E dal convegno organizzato questa mattina da Flixbus al Cnel, in collaborazione con Fondazione Italia Digitale, è emerso in tutta la sua importanza. Principalmente per due motivi, innanzitutto perché su gomma si muove l’80% dei trasporti. E poi perché Flixbus è un operatore che opera a livello internazionale e quindi è testimone, più di altri, della differenza di approccio tra l’Italia e gli altri paesi europei. E la realtà dei fatti fa emergere un dato molto grave: la burocrazia in Italia rappresenta un ostacolo troppo grande anche per gli stessi processi digitali. Lo ha spiegato molto chiaramente Andrea Incondi, Managing director di Filobus Italia, raccontando che per ottenere dal ministero delle Infrastrutture un’autorizzazione per l’attivazione di una nuova linea oggi servono fino a sei mesi, il doppio rispetto a Francia o Germania. Se poi si vuole aggiungere una città nell’itinerario o ridurre una frequenza bisogna aggiungere altri tre mesi. Non solo. Per ottenere le autorizzazioni bisogna produrre dalle 90 alle 150 pagine di carta, quando si potrebbe sintetizzare tutto in una mail. E non basta, attualmente bisogna anche attrezzare i mezzi per contenere tutte le copie conformi cartacee a bordo per eventuali controlli, quando basterebbe un check digitale, tra l’altro anche più opportuno in termini di sostenibilità.

Il viceministro delle Infrastrutture Alessandro Morelli sembra avere chiara quale sia la direzione giusta da intraprendere: «La digitalizzazione nei trasporti è fondamentale – ha detto – perché è funzionale a semplificare, velocizzare, connettere e dare più servizi. Con la semplice conseguenza di migliorare la qualità della vita dei cittadini».

Eppure il Dl Infrastrutture approvato a novembre 2021, che aveva introdotto importanti modifiche proprio per rendere più accessibili i processi digitali nel settore dei trasporti, ancora non si è tradotto nei relativi decreti attuativi, necessari per la concretizzazione della riforma. Il Dl Infrastrutture, tra le altre cose, infatti, introduceva l’abolizione del nulla osta del ministero delle Infrastrutture per l’attivazione di una nuova linea e la possibilità di tenere a bordo anche il formato digitale delle autorizzazioni del ministero. L’onorevole Enza Bruno Bossio, che da tempo segue queste tematiche, ha spiegato: «Nel settore trasporti i processi non sono ancora immaginati per essere digitalizzati. Il Dl Infrastrutture in questo senso ha tracciato un percorso virtuoso, che però necessità dei decreti attuativi per essere sbloccato». 

Questi decreti attuativi ancora non ci sono. Ma perché si rivelino davvero il completamento di un iter di riforma attuale e coerente con i paradigmi della digitalizzazione e della semplificazione sarà auspicabile non solo una loro approvazione in tempi rapidi, ma anche una loro sostanziale adesione alle linee guida tracciate dal Dl infrastrutture, senza passi indietro. Anche perché favorire una maggiore concorrenza nel settore del trasporto privato su gomma equivale a rispondere in modo perentorio alla sfida della riduzione delle emissioni. Da questo sblocco normativo dipende in questo momento una grande responsabilità per la semplificazione burocratica e per il raggiungimento di un nuovo obiettivo di sostenibilità.