Trasporti
Intervista a Horacio Pagani: “Le mie supercar oggetti esclusivi tra scienza e arte”
Di Paolo Bozzacchi
La Pagani di San Cesario sul Panaro rigorosamente in provincia di Modena che lei ha fondato a fine anni ‘90 è oggi il produttore delle auto più care ed esclusive al mondo (anche 20 milioni di euro). Che momento vive la Pagani e qual è stato l’ingrediente magico per il vostro successo?
Dal punto di vista commerciale c’è molta richiesta di auto esclusive come le nostre in tutto il mondo. Alla fine del 2019 pensavamo il contrario, ma il momento è positivo non solo per Pagani, ma anche per Ferrari, Lamborghini e Maserati. Riguardo l’ingrediente non c’è nulla di magico. Lavoro coerente portato avanti con serietà e rigore. Nel Dna Pagani poche auto e fatte a mano. Un modo per mantenerle esclusive. La richiesta tocca anche le 150 auto l’anno, ma noi continuiamo a produrne non più di una a settimana (circa 50). Questo ci differenzia da altri costruttori del modenese come Ferrari e Maserati che hanno aumentato notevolmente la produzione.
Cosa è cambiato con la pandemia dal punto di vista dei clienti Pagani?
L’impressione è che le persone che dispongono di molto denaro in questo periodo posseggono ancora più denaro, e questo è un fattore. L’altro più generale è che con la pandemia tutti noi abbiamo capito vivendo in lockdown che la vita può essere strappata via in pochi attimi. Una volta usciti dal tunnel ci stiamo regalando qualcosa: una bici nuova, una serata al ristorante e per qualcuno anche un’auto da collezione.
Da poco è entrato il fondo saudita PIF nel vostro capitale come socio al 30%. Che opportunità rappresenta questo ingresso per il futuro di Pagani?
La Pagani è stata e resta finanziariamente autonoma, economicamente sana e liquida. Tanto che il fondo PIF per entrare in società ha acquistato mie azioni private. Abbiamo scelto PIF tra diversi pretendenti perché li conosciamo da diversi anni e ci piacciono molto: sono persone che investono a lunga scadenza. Pagani oggi vuole far crescere la parte lifestyle , e questo è in linea con la Vision 2030 saudita. Anche se collaboravamo già in precedenza, ora partecipiamo alla Vision come parte della famiglia e da questo siamo avvantaggiati. L’Arabia Saudita è tra i principali produttori di petrolio al mondo. Nonostante questo sta investendo moltissimo nelle rinnovabili: significa visione di lungo periodo. Le rinnovabili sono un settore che interessa anche noi, perciò anche i centri di ricerca sauditi aumentano la conoscenza Pagani. I motori li realizziamo grazie a una collaborazione che va avanti con reciproca soddisfazione da 25 anni con AMG di Mercedes. A Mercedes, così come alla famiglia Tronchetti Provera (le Pagani montano pneumatici Pirelli) e al vicepresidente di Apple, ho chiesto personalmente consiglio prima della scelta finale di PIF come partner. Pagani considera PIF un investimento strategico, e il PIF viceversa.
Cosa cerca il vostro cliente tipo?
I nostri clienti sono un target molto alto: amano l’arte, la tecnologia, sono preparati. Spesso sono imprenditori che hanno fatto molta fatica ad arrivare dove sono arrivati e sono giustamente esigenti. Non cercano mai semplicemente prestazioni da urlo. Lo dimostra il nostro accordo con Bosch sulla sicurezza che limita a 350 km la velocità massima delle Pagani.
Che percorso state immaginando per mantenere il vostro livello?
Siamo in un momento di grande cambiamento. Tutti i costruttori sono oggi molti impegnati nel cercare di venire incontro alle nuove esigenze, che sono anzitutto culturali e ambientali. Le Pagani sono a tutti gli effetti dei veri propri oggetti d’arte, che generano emozioni. Nel Dna c’è Leonardo da Vinci, che aveva l’ambizione di unire arte e scienza. Questo oggi è possibile investendo e lavorando molto sulla formazione. Se vuoi far crescere un’azienda devi capire anzitutto con umiltà dove sei e poi individuare ciò che serve per crescere. Per noi significa macchinari e soprattutto la formazione continua delle persone.
Cosa è cambiato dai primi anni ’90 quando ha fondato la Pagani?
Molte decisioni arrivano oggi per scelta politica e non sulla base dello sviluppo della scienza. E purtroppo spesso sono troppo legate a questioni ideologiche. Prendiamo il progetto di una Pagani elettrica: ci stiamo investendo dal 2017, ma non posso dire che la nostra macchina aiuterà l’ambiente e farà cantare più uccellini. Lo stesso vale per le Ferrari elettriche: non daranno alcun contributo all’ambiente. Un aereo in 10 ore brucia centinaia di migliaia di litri di kerosene, quando oggi tutte le macchine con i catalizzatori inquinano molto meno che 30 anni fa. Navi e aerei inquinano migliaia di volte un’auto.
Per questo anche sull’ambiente dobbiamo definire delle strategie e operare insieme. Recentemente l’Ad di Snam Marco Alverà ha detto che scientificamente fino al 2050 la produzione di energia sarà per il 25% da gas, per un altro 25% da carbone e per il 25% da petrolio. Il restante 25% è diviso tra 10% da nucleare, 5% per uno da fotovoltaico, eolico ed idroelettrico. Credo che questa fotografia chiarisca molto.
La cosiddetta Motor Valley in Italia fattura 16 miliardi e vale 66mila posti di lavoro. Di cosa avete bisogno dalla politica in questa fase?
Il Ministro Cingolani è allineato con il non accanimento contro il nostro settore. La questione non è se Pagani, Ferrari, Lamborghini e Maserati siano in grado di produrre auto elettriche. Perché possono già farlo. Il punto è che al momento non c’è richiesta di auto come le nostre elettriche. Più in generale la politica italiana a beneficio di tutti gli imprenditori può semplificare, creare regole chiare, pulite e trasparenti. Non come oggi dove a livello normativo tutto è nebuloso e complicato. Anche le associazioni datoriali di categoria devono avere una visione più ampia, e non basare le proprie posizioni sull’ideologia.
Anche quest’anno Pagani è stata presente a tutti gli appuntamenti organizzati da Supercar Owners Circle. Lei ha personalmente ideato il Poster del primo gatherin di supercar di questo livello realizzato in Croazia. Siete stati accolti dal Paese come delle rockstar. Tutti sono stati felici di poter ammirare la Huayra R eccezionalmente su strada. Come ha vissuto questa manifestazione di entusiasmo?
E’ stato molto bello. Non vado molto ad eventi sociali, ma ho partecipato al SOC 2019 con la Zonda e mi è piaciuto soprattutto dal punto di vista umano e del clima che si respira. E’ un ambiente molto simile a quello dei raduni Pagani. L’evento SOC in Croazia è stato magnifico. Emozionante vedere 40mila persone in aeroporto tra cui tantissimi bambini contagiati dalla passione per queste auto. Per noi vuol dire futuro.
Lei ha sempre sostenuto attivamente SOC. Come vede l’evolversi del club che vuole promuovere in tutto il mondo la cultura delle supercar creando un hub di confronto costruttivo tra i collezionisti e le voci autorevoli dell’automotive internazionale?
Gli eventi SOC sono momenti di passione e condivisione di valore assoluto rispetto agli altri del settore. Nulla di commerciale o promozionale. Utilissimi per far respirare entusiasmo ed emozioni. Lo scambio di opinioni tra collezionisti e produttori crea un’osmosi molto efficace sia in termini relazionali che di conoscenza.
Sulla sua storia personale, le origini umili, l’incontro con Juan Manuel Fangio e la nascita di Pagani è stato scritto tanto (anche il libro “Pagani la storia di un sogno” di Arteimmagine). Cosa insegna la sua storia?
La mia è una storia di fatica. Se uno che era figlio di un fornaio in un posto sperduto nella Pampa in Argentina riesce in un ambiente così competitivo come quello della produzione di auto esclusive e uniche come le Pagani il segreto è la passione e l’amore per il lavoro unita al fatto di sbattere contro un muro tante volte rialzandosi subito e continuando a provare.