Il settore dell’automotive, tra difficoltà di mercato e transizione ecologica, ha bisogno di visione e supporto. Soprattutto in Italia, che sul settore vuole rilanciarsi. Sono infatti stati confermati i contatti tra il Ministro del Made in Italy Adolfo Urso e varie importanti aziende automobilistiche tra cui Byd, colosso asiatico dell’auto elettrica intenzionato a costruire un secondo impianto di produzione nel territorio dell’Unione europea. Inoltre è prossimo all’emanazione (manca solo il Dpcm) il decreto che sblocca un miliardo di incentivi per l’acquisto di nuove auto, con l’intento, dall’anno prossimo, di trasformarli in inventivi per chi produce auto, riuscendo così, si presume, ad abbassare i prezzi di vendita.
La domanda di veicoli c’è e ci sarebbe
Il tema della sostituzione del parco auto, per quanto riguarda l’Italia, non può appunto prescindere anche dalla capacità di spesa degli acquirenti. Si vede comunque che nel 2023, tra famiglie e imprese, sono stati spesi 45 miliardi di euro per auto nuove, la cifra più alta dal 2007. Le scelte si sono concentrate proprio sui nuovi modelli, costosi ma più performanti e meno inquinanti. La domanda di auto dunque nel nostro Paese è ancora viva, ma va da sé che bisognerebbe aiutare le fasce di popolazione che non riescono ad accedere ai nuovi prodotti, adattando le strategie alla loro capacità di spesa. Lo ha suggerito Pier Luigi Del Viscovo del Centro Studi Fleet&Mobility, a Largo Chigi, il talk di The Watcher Post, proponendo di spingere anche all’acquisto di auto usate purché si abbandonino i vecchi modelli Euro 0 e Euro 1 e cercando di bilanciare la dinamica che porta alla rottamazione, che è di per sé un processo molto impattante per l’ambiente.
Parco auto vetusto
Non si può in effetti negare che oggi l’Italia abbia uno dei più vecchi parchi auto d’Europa, con le vetture da Euro 0 a Euro 3 che pesano per il 25%. Un motivo in più, secondo l’onorevole di Fratelli D’Italia Andrea de Bertoldi per difendere le politiche di incentivi, anche considerando la maggiore sicurezza delle auto nuove. De Bertoldi ha specificato che sotto i 30.000 euro di Isee si possono ottenere anche 13.000 euro di incentivi, dunque la misura è attenta a chi ha reale bisogno. «Non si tratta di una misura che privilegia il motore endotermico su quello elettrico, quanto piuttosto di una strada parallela allo sviluppo di soluzioni più sostenibili», ha detto il deputato a Largo Chigi.
Automotive è anche welfare aziendale
L’elettrico è certamente un’opportunità e le politiche degli ultimi tempi sono volte ad aumentare la quota di veicoli elettrici innanzitutto partendo dai mezzi pubblici. Siccome la ratio in termini ambientali oggi è anche quella di non cambiare l’auto troppo spesso, tra le pratiche funzionali emergono quelle del noleggio e del leasing. Le aziende che si occupano di noleggio possono ovviamente offrire veicoli non inquinanti e l’uso di automobili di ultima generazione a lungo termine può favorirsi peraltro tramite il welfare aziendale. Ma per far questo è necessaria una efficace politica fiscale di detrazioni e deduzioni per le imprese che vogliano offrirle ai loro dipendenti. Sullo specifico punto l’Italia è indietro, visto che, come fa notare Alessio Casonato, Direttore Commerciale di Agenzia Italia, per quanto riguarda i modelli nuovi, le macchine aziendali rappresentano il 30% sul mercato mentre in altri mercati europei raggiungono anche il 60%. Sul piano generale, poi, va notato che negli ultimi 20 anni i salari italiani sono cresciuti in media solo del 9%, mentre il valore medio di un auto su listino, oggi un bene sempre più durevole, del 50-60%.
Non solo elettrico
Noleggiare un’auto elettrica è meno costoso e alimentarla pesa meno sulle tasche. Un pieno si fa con 22 euro circa. Errato però pensare che il motore termico sparirà e molto probabilmente lo stop dell’Ue alla produzione di auto a motore dal 2035 verrà rimandato. Come i produttori hanno compreso, difficilmente tutte le esigenze nei trasporti saranno soddisfatte solo dai mezzi elettrici, ecco perché si pensa anche a far affermare il motore endotermico e a rendere le macchine a motore sempre meno inquinanti. Un obiettivo che l’Europa è assolutamente in grado di perseguire, visti gli ottimi risultati che si stanno avendo da 20 anni a questa parte. Gli automobilisti sono peraltro consapevoli che la mobilità elettrica ha il rovescio della medaglia; se è più economica lascia però minore autonomia nelle percorrenze. L’ancora palpabile refrattarietà sarebbe dunque da imputare a qualche disagio in più da calcolare e la poco disponibilità di colonnine. Molto reale, peraltro, al momento, la preoccupazione per i costi e per i metodi di estrazione che sono anch’essi molto impattanti, anche se poi verrebbero bilanciati dall’abbattimento delle emissioni in tutto il periodo in cui si utilizza il mezzo.
Dunque che fare? Il ruolo del pubblico secondo Simiani
Un bilancio effettivo tra costi e benefici forse è complesso da fare con la pretesa di oggettività, ma dipende dallo stile di vita e dalle esigenze di ogni singolo cittadino, in base a dove vive e di come deve utilizzare il suo tempo. Nel quadro dell’abbattimento dell’inquinamento dell’aria va considerato anche tutto il comparto pubblico e delle utilities. Ne ha parlato a Largo Chigi il il deputato del Pd Marco Simiani: «Il concetto di proprietà dell’auto oggi è cambiato. E il meccanismo di incentivo per le auto elettriche deve tenerne conto e, anzi, assecondarlo. La priorità delle famiglie oggi è la liquidità, per cui l’acquisto tradizionale dell’auto, considerandone i costi, non conviene più. Il noleggio a lungo termine è la soluzione più compatibile compatibile con le nuove esigenze economiche e con quelle ambientali. «Gli incentivi devono consentire anche un rapido e facile ricambio non solo delle auto private, ma anche dei veicoli legati alle pubbliche utilities, penso alla raccolta rifiuti, alle forze dell’ordine, e non solo. Senza naturalmente dimenticare le auto di proprietà, purché sia tutto green».