Trasporti
Auto elettrica, In Italia il mercato è competitivo, l’indirizzo resta politico
Di Giampiero Cinelli
In Italia il settore dell’auto elettrica è in costante sviluppo e questo non sempre è sottolineato dai media, attraverso cui emerge invece un dibattito spesso conflittuale e a senso unico su quale strada si debba prendere in termini di mobilità nel futuro, Sta di fatto che in Europa la strada è ben orientata e le aziende sono già pronte ad affrontare lo stop della produzione di veicoli termici dal 2035. Sono pronti anche i consumatori? In parte. La clientela ancora ricorre largamente agli incentivi quando vuole acquistare un auto elettrica; dopo l’ultima tranche di sussidi di giugno, in Italia le immatricolazioni di veicoli elettrici sono aumentate del 115%.
Una prospettiva
Secondo il Presidente di Motus-E Fabio Pressi, intervenuto a Largo Chigi, il format di The Watcher Post, lo scontro sullo stop al motore a benzina dal 20235 è «sterile, perché non vuol dire che non viaggeremo più con i motori termici, ma che non si produrranno più. E l’industria sa come arrivare preparata, coordinando le scelte del mondo economico e delle istituzioni in ambito produttivo e organizzativo. La produzione deve essere ormai intesa non solo meccanica ma meccatronica. Attualmente – ha continuato Pressi – la mobilità elettrica non è per tutti, ma il percorso è graduale, cambieranno le concezioni e le abitudini, una novità di oggi ad esempio è lo sharing. L’Italia poi non ha nulla da invidiare in termini industriali su questo comparto, perché i principali siti dove si realizzano dispositivi ad alta potenza, sopra 120 kw, sono a Bolzano. La Cina considera la mobilità elettrica fattore strategico, l’Europa deve avere una posizione chiara e capire quanta quota di mercato avrà “la molecola” e quanto l’elettrone. I sussidi possono essere utili per alcune fasce di reddito e riferite a determinati tipi di automobili. Ad esempio per quelle che emettono fino a 20 grammi di Co2 per chilometro. Comunque tanto, ma meglio di molti endotermici che arrivano anche oltre. Poi è importante smontare le fake news sull’elettrico, come la frequenza di incendi dei motori o la scarsità delle colonnine. Siamo oggi il Paese con il maggior numero di queste infrastrutture», ha concluso Pressi.
L’indirizzo resta della politica
A Largo Chigi ha parlato il capogruppo del M5S al Senato Stefano Patuanelli. L’ex ministro dello Sviluppo Economico ritiene fondamentale compito della politica guidare strategicamente la transizione all’elettrico, continuando con gli incentivi per allargare la domanda e abbassare i prezzi, ma anche stabilendo quali tecnologie usare, che servano peraltro, nei veicoli non totalmente elettrici, a mantenere un limite massimo di grammi di Co2 per chilometro da non sforare. Perciò secondo Patuanelli è sbagliato assegnare incentivi per l’acquisto di mezzi che emettono anche 140 grammi di Co2 per chilometro. «La politica deve avere in mente l’idea di transizione necessaria agli obiettivi ambientali, accompagnando gli imprenditori nel passaggio», ha affermato il Senatore, che poi ha aggiunto: «Bene la visita del ministro delle Imprese Adolfo Urso in Cina. L’Italia ha lasciato stare il memorandum (firmato da Conte con Pechino) ma non possiamo fare finta che quel mondo non esista e dobbiamo avere un rapporto con la Cina relativo alla mobilità elettrica».
Mobilità elettrica e occupazione
Walter Rizzetto, deputato di Fratelli D’Italia e Presidente della Commissione Lavoro della Camera, ha detto la sua rispetto ai temi intavolati dagli altri due ospiti: «La transizione alla mobilità elettrica deve essere regolata dal mercato. Sono sempre stato contro gli incentivi perché divengono l’unico fattore che induce alla compravendita, mentre è il settore che deve essere in grado di abbassare il prezzo. Allo stesso tempo però la politica deve agire per salvaguardare i livelli occupazionali, siccome ad esempio per fare un motore elettrico ci vogliono molti meno addetti. Per questo abbiamo chiesto a Stellantis di garantire una certa quota di produzione in Italia in ottica occupazionale. La mobilità elettrica ha problemi spesso diversi da quelli di cui si parla comunemente: troppo spesso le app per ricaricare l’auto alla colonnina non funzionano o si trova la colonnina occupata. Se poi la potenza di ricarica è bassa, facciamo conto 22 Kw, i tempi di ricarica sono lunghissimi. Oltretutto il prezzo per un veicolo elettrico che fa almeno 350-380 km per ricarica è troppo alto per molta gente ed ecco perché abbiamo ancora bisogno di incentivi. Ma il mercato dell’elettrico deve diventare di massa. Lo ha capito la Cina, dove nei grandi centri urbani l’auto elettrica è al 60% di penetrazione, Pechino giustamente considera la mobilità elettrica un fattore strategico e nei decenni ha puntato sull’avanzamento scientifico in tal senso. Il nostro governo sta accompagnando questo passaggio credendo nella formazione continua. Si pensi alla Whirpool di Napoli che dopo la crisi oggi riparte con la produzione di impianti fotovoltaici».
Le materie prime critiche possono essere riciclate
«Le aziende del settore in Italia sono delle eccellenze, che possono consentire al nostro Paese di vincere la sfida, ma ci sono resistenze. L’Italia non è da considerarsi un passo indietro, abbiamo competenze e investendo si mettono in campo soluzioni che consentono agli utenti finali di superare i pregiudizi, le infrastrutture ci sono ma manca la cultura. La transizione è sentita come imposta e calata dall’alto ma deve essere la meta di tutti eliminandone gli ostacoli. Vero è che l’Unione Europea nel Green Deal non ha considerato il fatto che siamo tutti Paesi diversi. Ad esempio la Svezia è più avanti di noi ma la sua densità di popolazione è ben altro di quella italiana. Inoltre una cosa da tenere a mente è che le materie prime critiche possono essere riciclate, ma non ci ancora sono sufficienti macchinari per farlo», ha considerato Marco Leardi, de Il Giornale a Largo Chigi.
La puntata integrale di Largo Chigi