Politica

Storia delle crisi di governo: “Ricordati che devi…cadere”

14
Luglio 2022
Di Pietro Cristoferi

“Ricordati che devi morire” – “eh mo me lo segno”, era questa la risposta di Troisi al predicatore Girolamo Savonarola nel celebre film “Non ci resta che piangere” e forse è così che andrebbero apostrofati i Presidenti del consiglio nel nostro Paese nel giorno del giuramento e di insediamento del proprio governo. Eh sì perché in oltre 70 anni di storia repubblicana sono pochi, rari, anzi parzialmente inesistenti, i casi in cui un governo abbia resistito dall’inizio alla fine del suo mandato senza cadere nella celebre trappola che è scandita da una ricorrente frase: “crisi di governo”. Ma la storia delle crisi di governo annovera alcuni casi più celebri. Precedenti illustri Presidenti del Consiglio prima di Draghi hanno già bevuto l’amaro calice della crisi, tendenzialmente sempre extra parlamentare, e successivamente la salita al Colle, il “Golgota” del Quirinale. C’è chi lo ha fatto con auto blu, chi a piedi e chi addirittura in taxi, berlina o monovolume familiare. 

Alcide De Gasperi
Nel 1953 è il primo esempio che riportiamo, all’apice della carriera con ben 7 governi alle spalle, ha raccolto la sua prima sconfitta proprio alle porte del Parlamento. Ricevuto l’incarico di formare il governo, un monocolore DC, si scontra con il voto di fiducia del Senato: fu uno dei governi più brevi della storia con appena un mese e un giorno di sopravvivenza e nemmeno nel pieno delle sue funzioni, non avendo mai ottenuto la fiducia parlamentare. Per il dolore De Gasperi abbandonerà la scena politica e morirà un anno dopo.

Giulio Andreotti
Nella storia delle crisi di governo neanche il più navigato dei politici della storia primo-repubblicana è sfuggito alla mannaia della crisi di governo. Infatti, pur con alle spalle ben oltre 2600 giorni in carica, i sette governi Andreotti sono tutti caduti con l’eco delle crisi extraparlamentari che si riverberavano sugli esecutivi, talvolta legate al mutare delle correnti della balena bianca (DC), altre volte per le mire politiche dei “compagni del pentapartito”. La più significativa nel 1991, che oltre ad essere quella dell’ultimo governo presieduto dal cosiddetto “Divo”, fu anche lo spartiacque per la crisi delle compagini partitiche che avevano caratterizzato la Prima Repubblica e poi dello scandalo di Tangentopoli.

Romano Prodi
Il Premier più sfortunato della storia. Il Professore di Bologna infatti è l’unico presidente del Consiglio della storia del nostro Paese ad aver parlamentarizzato la crisi di governo e averne subito le conseguenze. Sì perché per il “prode Romano” sia nel 1996 sia nel 2008 i suoi due governi sono stati oggetto del voto di fiducia in Parlamento. La prima volta con un solo voto di scarto e la fuga dei “rifondatini” di Fausto Bertinotti, la seconda volta per mano di Clemente Mastella, fino a poco prima Ministro di Grazia e Giustizia. In entrambi i casi la crisi portò a nuove elezioni.

Silvio Berlusconi
Da Arcore con furore, è stato protagonista indiscusso della Seconda Repubblica. Ciò nonostante anche il Presidentissimo si è dovuto da subito scontrare con le maggioranze poliedriche che hanno composto i suoi governi. Nel ‘94 fu la Lega Nord, alleato di governo, a staccare la spina. Tra il 2001 e il 2005 seppur la sua presidenza sia durata tutta la legislatura (caso unico), UDC e Alleanza Nazionale ritirarono i propri ministri portando con un rimpasto al Berlusconi Ter. Infine nel 2011, la crisi più drammatica sotto i colpi dello spread. Nell’occasione le dimissioni di Berlusconi portarono all’arrivo di Mario Monti e all’apertura di una stagione “lacrime e sangue”.

Matteo Renzi
Lo “scout di Rignano sull’Arno” la sparò grossa: «Se perdo il referendum lascio la politica». Dichiarazione di ferro che lo ha perseguitato, e tuttora lo insegue. La “personalizzazione del referendum” lo portò non solo alla plateale sconfitta del “Sì” alla riforma costituzionale elaborata dalla Signora delle Riforme, Maria Elena Boschi, ma anche a dimettersi da Presidente del Consiglio.

Giuseppe Conte
L’Avvocato del Popolo è inciampato ben due volte. La prima dalla spiaggia del “Papeete” per mano di Matteo Salvini che voleva capitalizzare il consenso della Lega ottenuto alle europee del 2019. La seconda a febbraio dello scorso anno, limpida nella nostra mente, quando ha aperto la strada all’esecutivo Draghi, per mano di Matteo Renzi e del drappello di parlamentari di Italia Viva. 

La storia delle crisi di governo ci insegna che nei 67 esecutivi che si sono succeduti nella storia repubblicana nessuno se ne va via contento da Palazzo Chigi. Lo spettro della crisi di governo è sempre dietro l’angolo, tuttavia al tempo stesso sono in pochi quelli che decidono di lasciare la nave per non risalirci più. O quanto meno desiderarlo, un giorno chissà… 

Super Mario su questo sembra essere ferreo.

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