Politica

Schlein, la candidatura che desta curiosità

09
Gennaio 2023
Di Giuseppe Pantano

In un congresso del PD, almeno per adesso, tutto focalizzato sui nomi, l’unica vera novità è quello di Elly Schlein. Gli altri candidati, sia per età, dai 49 anni di De Micheli ai 61 di Cuperlo passando per i 56 di Bonaccini, sia per esperienze maturate nel partito e nelle istituzioni, non possono considerarsi volti nuovi. Eppure, la trentasettenne con triplice cittadinanza italiana, statunitense e svizzera, non è un volto nuovissimo, essendo nelle istituzioni pubbliche più importanti anche grazie a notevoli performance di consenso elettorale personale, già da 8 anni, che in politica non sono poi così pochi. È comunque la sua la candidatura che desta più curiosità nei tanti che vorrebbero il rinnovamento di quel partito che dovrebbe essere il pilastro della sinistra. E molti di questi curiosi a sinistra sono giovani, dai teenager ai trentenni, sui quali Shlein esercita un indiscutibile fascino. Questo perché, sicuramente, nel suo vissuto politico ci sono stati momenti di rottura inequivocabili e coraggiosi rispetto alle linee poi rivelatisi perdenti dei vertici PD. Pensiamo al suo protagonismo nel 2013 con Occupy PD per protestare, occupando le sedi di partito, contro la congiura dei 101 che impedì a Prodi di essere eletto Presidente della Repubblica, Ma anche alla scelta ancora più netta di lasciare il PD guidato da Renzi. Il suo, però, è un movimentismo giovanilista anche di successo elettorale. Lo ha ottenuto nel 2014 quando riuscì ad essere eletta all’Europarlamento con una campagna porta a porta da civatiana, quindi dissidente interna rispetto al renzismo con il vento in poppa. E lo ha raggiunto anche alle elezioni regionali per l’Emilia-Romagna nel 2020, raccogliendo 22.000 preferenze in una lista di supporto, Emilia-Romagna coraggiosa, ecologista e progressista, mentre lo scontro era prevalentemente concentrato tra il PD regionale di Bonaccini e la Lega nazionale di Salvini. In quella tornata elettorale, non a caso su di lei sono convogliati molti dei consensi di sinistra mobilitati dalle “Sardine”, l’iniziativa nata in ambienti bolognesi e rivelatasi vincente nel fermare l’onda leghista salviniana che rischiava di portare a destra la Regione più a sinistra d’Italia.

Proprio quel successo assieme alle “Sardine” è la chiave per comprendere perché tante personalità fuori e dentro il PD ripongono in Schlein le speranze di rinascita di quello stesso partito e della sinistra tradizionale che esso rappresenta. Del resto, la vittoria in quelle elezioni è a ragione stata considerata vitale per la stessa sinistra tradizionale perché riuscì a difendere la sua Regione baluardo. E la si ottenne, oltre che per alcuni errori degli avversari e l’abilità soprattutto comunicativa di Bonaccini, anche perché, grazie al movimentismo delle “Sardine” e di quegli ambienti più impegnati sui diritti civili delle minoranze, venne risvegliato in tanti elettori un sentimento di attaccamento alla sinistra. Da lì arriva l’idea di affidare il rinnovamento del PD ad Elly Schlein, l’esponente politicamente più strutturata di quel movimentismo, che, nelle speranze dei suoi supporters congressuali, sarà in grado di riavvicinare alla sinistra quei moltissimi elettori che vi si sono allontanati.

Però Schlein non è solo movimentismo, la sua proposta di leadership, non è tanto il frutto di uno spontaneo giovanilismo ma ha riferimenti in ambienti culturali, politici ed economici potenti e influenti. Innanzitutto, partiamo da Bologna e dalla sua università, l’Alma Mater Studiorum. È lì che si è laureata in giurisprudenza, lì ha iniziato a fare politica fondando l’associazione studentesca “Progrè” impegnata in particolare sui temi dell’immigrazione, delle carceri, dei diritti della comunità LGBT. Lì ha trovato simpatie negli ambienti che contano di quella città, anche in quello del cattolicesimo democratico costruito da Giuseppe Dossetti e Beniamino Andreatta che ha come suo esponente di punta Romano Prodi. Forse non è un caso che molti indizi portano all’invenzione delle stesse “Sardine”, dall’interno di quell’ambiente.

Allargando gli orizzonti, fino ad attraversare l’Oceano Atlantico, troviamo anche quell’ambiente, della sinistra democratica USA, che ha sostenuto Barack Obama e ora ha come principale riferimento Alexandria Ocasio Cortez, ovviamente con tutto quello che ci sta dietro a livello di potentati politici e soprattutto economici. Schlein, infatti, è innanzitutto stata impegnata negli staff delle campagne elettorali del primo presidente di colore degli USA. Poi è stata seguita nelle sue campagne sui social network da “Social Changes”, società appunto statunitense che sul suo sito mostra come sua figura di riferimento appunto la pasionaria della sinistra democratica USA. Il progetto di quella società di marketing elettorale lo si legge nelle sue pagine web: “Lavoriamo per progressisti senza paura e campagne audaci. …Siamo specializzati nel riunire attivisti da diversi ambiti e parti del mondo. Il nostro obiettivo è creare una sinistra transnazionale che possa portare un avanzamento dei diritti attraverso un sistema più strutturato, più organizzato e con campagne digitali più sofisticata”. È chiaro che per quel mondo Elly Shlein rappresenta una grande opportunità per avviare in Italia il progetto della nuova sinistra transnazionale, partendo appunto dal rinnovamento del Partito Democratico verdebiancorosso.

Ma forse è proprio questo venire da lontano il punto debole del progetto Schlein. I dubbi di molti a sinistra, sia base che vertici, non sono tanto sulla sua figura che avrebbe anche il vantaggio di essere la leader femminile da contrapporre alla destra guidata da Giorgia Meloni, la prima donna a capo di un governo italiano. Riguardano una proposta che dà la sensazione di essere stata costruita a tavolino ma senza tenere conto delle radici e delle tradizioni della sinistra tradizionale italiana e peccando anche di concretezza nel programma.