Esteri

Russia-NATO: leader, confronti e de-escalation

15
Febbraio 2022
Di Flaminia Oriani

Più che la tanto osannata de-escalation di cui tutti i grandi canali di informazione stanno parlando, quello che accade assomiglia tanto ad un battibecco tra fratelli in tenera età, che per avere approvazione dalla mamma, dopo aver commesso un torto, nascondono la mano additandosi la colpa vicendevolmente.

La situazione da tesa prende una piega alquanto esilarante; da una parte Mosca che dichiara di aver iniziato il ritiro delle truppe militari, dall’altra la NATO che replica l’assenza di prove a supporto del ritiro. Mentre i due giganti si sfidano a suon di parole davanti a tutto il mondo, la diplomazia, ormai neanche sottobanco, lavora di buona lena.

Nonostante l’abbandono di massa da parte delle ambasciate e dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) del suolo ucraino, pare che la strada preferita da Lavrov, ministro degli esteri russo, sia «mantenere un dialogo con l’Occidente». E gli incontri non mancano, la settimana scorsa Macron – Putin, oggi il Presidente russo ha ricevuto il cancelliere tedesco Scholz a Mosca. Il leitmotiv è il rifiuto da parte dei leader, francese e tedesco, ad effettuare il tampone russo.

Dialoghi che ricordano una guerra di posizione. La Russia, dalla scorsa primavera, accumula le forze militari nelle zone di confine e in maniera altalenante, seguendo i flussi di tensione, riportando o ritirando gli uomini in posizione. Per questo, il segretario generale della NATO, Jen Stoltenberg, richiede il ritiro dei mezzi pesanti e dell’equipaggiamento militare dalle zone vicine all’Ucraina, non solo degli uomini.

Di tutta risposta a quanto richiesto dalla NATO, Putin, fisicamente presente all’incontro con Scholz, ma con un orecchio attento alle parole di Stoltenberg, si dice, in primis, non interessato a iniziare una guerra; in secundis intenzionato a far funzionare Nord Stream2 «per rafforzare la sicurezza energetica in Europa e risolvere problemi energetici ed ambientali» specificando, proprio al paese più interessato al gasdotto (la Germania), che non vi è nessuna valenza politica nel progetto. Infine arriva al punto e risponde indirettamente a Stoltenberg: «Non accetteremo mai l’allargamento della NATO fino ai nostri confini, è una minaccia che noi percepiamo chiaramente» dichiara il presidente russo.

Qui si tocca il nocciolo della questione, seguendo questa discussione si conclude che la strada da prediligere sarebbe la “finlandizzazione”. Un termine estrapolato dall’imposta neutralità della Finlandia, alla fine della seconda guerra mondiale, a causa dell’incombente presenza ai suoi confini dell’allora Unione Sovietica.  

La garanzia che vuole Putin è che l’Ucraina non entri a far parte della NATO, anche se questo non potrà accadere nell’immediato, per Mosca è necessario sciogliere questo nodo in maniera imminente. Per quanto la Russia possa spingere su questa conditio sine qua non, facendo emergere la volontà di mantenere una “sovranità” sui cosiddetti paesi satellite, Scholz ha chiarito che non c’è margine di negoziazione su questo punto.

Alla luce dei fatti, o meglio delle parole, si continua ad attendere un reale compromesso con il Cremlino che porti a risolvere la tensione. Nel frattempo: i tabloid inglesi, attraverso “fonti altolocate americane”, fissano l’invasione russa alle 2:00 di stanotte (orario italiano); sono in corso due colloqui telefonici che vedono impegnate le massime cariche USA, Biden con Macron e il segretario di Stato americano Antony Blinken con Lavrov.

In attesa di sapere se il nodo verrà sciolto, si spera che questa de-escalation rimanga un’enorme partita di Risiko e non si giunga allo scontro reale, che tutti gli attori coinvolti dicono di non voler intraprendere.

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