Politica
Ricostruire e rigenerare, la ricetta del modello Centro Italia dopo il sisma. Parla Guido Castelli
Di Alessandro Caruso
«Ricostruire e rigenerare due capisaldi che devono muoversi insieme per trasformare una zona terremotata in un modello di sviluppo», questa la base del modello Centro Italia, spiegata da Guido Castelli, senatore di FdI e commissario straordinario alla riparazione e ricostruzione per il sisma 2016. Una ricetta che sta dando molti risultati per la ricostruzione non solo fisica, ma anche economica e sociale di un tessuto gravemente colpito dal terremoto e che oggi, nell’anniversario del terremoto dell’Aquila del 2009, torna di grande attualità.
Guido Castelli, ricostruire è fondamentale, ma poi i territori devono ripartire e rimarginare la ferita anche economica che il terremoto ha prodotto. Ci spiega cos’è il programma NextAppennino?
«NextAppennino è l’insieme dei progetti di sviluppo, rigenerazione economica e sostegno all’innovazione finanziati dal Piano nazionale complementare sisma per i territori dei crateri 2009 e 2016. Parliamo complessivamente di 1 miliardo e 780 milioni di euro, articolati in due macro misure. La prima è “Città e paesi sicuri, sostenibili e connessi”, dove la maggior parte degli interventi è già in fase di cantierizzazione. L’altra è la Macromisura B, dove troviamo le risorse per i bandi per i quali a breve si chiuderanno le istruttorie, e per la prima rete di Centri di ricerca per l’innovazione, che riunisce dieci atenei del Centro Italia».
Quali settori riguardano i bandi e come sta rispondendo la comunità?
«I bandi hanno riguardato incentivi di varie tipologie. Si va dalle microimprese ai contratti di sviluppo per i grandi interventi. Abbiamo cercato di attrarre investimenti innovativi, in linea con le necessità della transizione ecologica e digitale, ma anche di sostenere le tante imprese locali già presenti nei nostri territori, che hanno avuto forti difficoltà a causa del terremoto. Ci sono poi bandi per il turismo, la cultura, lo sport e l’inclusione, l’economia circolare (applicata anche al ciclo delle macerie) e il sostegno alla costituzione di associazioni agrosilvopastorali. Un avviso specifico, infine, ha riguardato la costituzione di Comunità energetiche rinnovabili. Ai bandi per le imprese, rispetto a un plafond di 600 milioni di euro, sono arrivate richieste per 1,5 miliardi. Questo a dimostrazione del fatto che l’Appennino centrale è vivo e merita di essere sostenuto nel suo percorso di rinascita».
Il sistema di finanziamento è agevole o può essere snellito?
«Le criticità sono sostanzialmente riconducibili alle tempistiche delle istruttorie che sono state sviluppate secondo milestones piuttosto stringenti. Abbiamo messo in campo Invitalia e Unioncamere, che hanno svolto il ruolo di soggetti gestori. Siamo ormai prossimi alla chiusura delle istruttorie. Ora dobbiamo prevedere tempistiche ragionevoli per l’attuazione dei progetti. Specie per gli investimenti più grandi, che necessitano di tempi proporzionati alle dimensioni degli interventi».
Come interagisce il programma NextAppennino con il Pnrr?
«NextAppennino è l’unico Fondo complementare del Pnrr con una specifica vocazione territoriale, legata al Centro Italia colpito dai terremoti del 2009 e del 2016. È la prima volta che alla ricostruzione si affianca uno specifico programma con risorse proprie dedicate allo sviluppo economico del territorio».
Un po’ di numeri, quanti bandi sono stati aperti e quanti progetti sono stati presentati?
«Sono stati aperti 11 bandi e sono arrivati 2541 progetti».
Secondo lei sulla base dei risultati sulla ricostruzione fisica ed economica si può parlare di un “modello Centro Italia”?
«Questo è l’obiettivo, voluto dal Governo, al quale lavoriamo e a cui sto dedicando la mia missione di commissario. Certamente è necessario accelerare il processo di ricostruzione materiale e saper cogliere le opportunità di rilancio che arrivano dal Pnrr e dalle risorse che il Governo intenderà investire in questo territorio dal potenziale enorme. L’esecutivo, attraverso un’indicazione specifica contenuta nel Decreto ricostruzione, ha voluto sancire che il commissario straordinario al sisma 2016 si occupi anche della rigenerazione economica del cratere. Il fine è che questi due capisaldi, ricostruzione e rigenerazione, si muovano insieme e simultaneamente per fare dell’Appennino centrale un modello di sviluppo. Sicuramente, anche grazie alle innovazioni normative che il Parlamento ha introdotto in materia di ricostruzione e sviluppo, siamo sulla strada giusta».
In proporzione quanti progetti provengono dal pubblico e quanti dal privato?
«Le risorse che vengono gestite dal pubblico in modo diretto, cioè con i Comuni, le Province e gli Enti Parco e le Università, che sono soggetti attuatori degli interventi, ammontano a oltre 1 miliardo. Ci sono poi risorse pensate in modo specifico per sostenere i partenariati pubblico-privato che rappresentano una modalità molto efficace per la gestione di beni comuni».
Ritiene che servano ulteriori risorse da stanziare a favore del programma NextAppennino?
«Come ho già detto nell’area del cratere sismico le imprese hanno “fame” di risorse per investimenti: c’è voglia di fare. Ritengo che questa propensione meriti un’attenzione particolare, al netto del fatto che va sicuramente dimostrata la capacità di spesa. Inoltre ritengo che, attraverso un dialogo costante e collaborativo tra la Struttura commissariale e alcuni ministeri, possano essere adottate ulteriori iniziative».
Come sta funzionando la sinergia tra pubblico e privato nella presentazione e sviluppo dei progetti?
«In modo positivo e costruttivo. Azioni come quelle a cui ho accennato possono essere realizzate solo in presenza di una forte collaborazione tra gli enti pubblici e le realtà private e del terzo settore. Accanto al lavoro di Invitalia e Unioncamere, c’è stata infatti una mobilitazione molto importante delle agenzie regionali di sviluppo e di fondazioni, che hanno animato l’interesse dei territori supportando in modo attivo la presentazione delle domande».