Politica
Pace fiscale, Freni: «Avanti nonostante i gufi, niente rischi per i conti»
Di Alessandro Caruso
(Intervista di Alessandro Caruso pubblicata su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Il sottosegretario al Mef non ama i giri di parole e va dritto al punto. La pace fiscale si farà, è un caposaldo del programma di governo e non si intende fare passi indietro. E spiega: tolleranza zero contro i grandi evasori, ma sostegno e vicinanza a chi ha presentato la dichiarazione dei redditi e poi non è riuscito a versare tutte le imposte a causa di difficoltà economiche o altri impedimenti gravi. Era una promessa della Lega e tra non molto sarà una legge dello Stato. E sul riarmo inverte il punto di osservazione: «Non ci servono armi e munizioni, ma investimenti privati per rafforzare la sicurezza».
Partiamo da una questione molto attuale: il piano “Rearm Europe”, un progetto che, se andasse in porto, sicuramente influirebbe sulle finanze dello Stato.
«ReArm Europe è un piano sbagliato perché non ha nulla a che vedere con quello di cui ha bisogno oggi l’Europa. Non ci servono armi e munizioni: al contrario occorre stimolare e incentivare gli investimenti privati per rafforzare la sicurezza e la difesa, interna ed esterna, seguendo una logica industriale. Solo così potremmo rafforzarci e rispondere al meglio alle tensioni geopolitiche, sul breve come sul lungo periodo. Diciamo no a ReArm anche perché non si può concepire il finanziamento della difesa a discapito della spesa sanitaria e dei servizi pubblici: è un costo economico e sociale che non possiamo né vogliamo permetterci».
Qual è il suo approccio sul tema dei dazi? Come state vivendo al Mef queste settimane?
«La narrazione catastrofista che si sta costruendo intorno ai dazi non mi appassiona affatto. È scontato, per non dire superfluo, ricordare che le barriere commerciali ostacolano e danneggiano il libero mercato. Credo che nessuno possa dirsi contento di un mondo a misura di dazi, ma la situazione è più complessa e richiede un supplemento di analisi per evitare polarizzazioni e strumentalizzazioni. Sono sicuro che l’Italia saprà affrontare questa situazione in tutta serenità: massima attenzione sì, ma nessun allarmismo. Al Mef stiamo vivendo queste settimane senza particolare apprensione. In ogni caso siamo attrezzati per gestire al meglio qualsiasi scenario, anche quello più complesso».
Sull’andamento dell’economia italiana sta incidendo anche il Pnrr. Ora si sta discutendo una proroga delle prossime scadenze. Lei sarebbe favorevole?
«Credo che innanzitutto occorra fare chiarezza su una questione che rischia di viziare il dibattito, più che legittimo, sulla proroga del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Non siamo il Paese che non sa spendere i fondi europei. Al contrario siamo il Paese che ha incassato più risorse di tutti e il primo a richiedere la settima rata. Abbiamo destinato al Mezzogiorno oltre 59 miliardi, pari al 40,8% del totale delle risorse allocabili territorialmente, superando quindi il target previsto dal Recovery. Abbiamo accelerato i trasferimenti delle risorse, fino al 90%, rispondendo alle esigenze di liquidità dei Comuni e degli altri soggetti attuatori. Allo stesso tempo, però, dobbiamo interrogarci su cosa fare per salvaguardare gli investimenti che non si riusciranno a portare a compimento entro il 2026. La domanda è una: vogliamo perdere soldi e progetti? Credo che anche la risposta sia scontata. Se vogliamo realizzare asili nido, ferrovie, reti idriche e tutto quello che ci siamo impegnati a fare – e credo che nessuno possa mettere in discussione questo impegno – allora avere un po’ di tempo è fisiologico».
Da tempo lei sta lavorando al cosiddetto Fondo dei fondi. Quali sono gli effetti sperati di questa misura?
«Il Fondo di fondi è uno strumento pubblico-privato che permetterà di iniettare liquidità nelle piccole e medie imprese e di rispondere così a un’esigenza che per troppo tempo è stata elusa. Possiamo restare fermi e assistere ad un ulteriore impoverimento del mercato oppure possiamo attrezzarci al meglio per invertire il trend, colmando il gap di liquidità e dando un sostegno concreto alle nostre pmi. Abbiamo scelto la seconda opzione puntando sulla solidità e sull’esperienza di Cassa depositi e prestiti, il pilastro pubblico di una casa comune che apre le porte alle Pmi quotate così come a quelle che vogliono affacciarsi sul mercato per la prima volta. Tutte hanno bisogno di un ecosistema più semplice rispetto al passato per stare sul mercato con più facilità e maggiore solidità».
Entro quando potrebbe essere finalizzato anche l’iter legislativo?
«Il regolamento per rendere operativo il Fondo di fondi è in via di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Tutto è pronto per muovere i primi passi. Considerando i tempi della raccolta, il Fondo sarà operativo a pieno regime entro l’estate».
Quali misure pensa siano necessarie per favorire l’attrazione degli investimenti a vantaggio delle imprese italiane?
«Non esistono bacchette magiche. Gli investimenti rispondono a una logica di convenienza. Perché mai un imprenditore dovrebbe investire in un contesto caratterizzato da regole rigide e vetuste? Lo sforzo che stiamo facendo guarda a uno snellimento delle regole e delle sanzioni. Non ci vogliono meno regole, ma regole più semplici, così come occorre superare un “sanzionificio” che per anni ha reso il nostro Paese meno attrattivo. La regolamentazione, infatti, può essere una leva per la crescita del mercato o può soffocarlo: occorre individuare un punto di equilibrio tra interessi diversi, ma è un’operazione necessaria. Ci stiamo muovendo proprio in questa direzione: semplificare non vuol dire abbassare gli standard di tutela per il mercato, ma rendere lo stesso mercato più vivace e attrattivo agli occhi degli investitori nazionali ed esteri».
Parliamo di digitalizzazione. In che modo digitale e intelligenza artificiale stanno agendo nel mondo della finanza?
«L’Intelligenza artificiale sta innestando elementi inediti all’interno dei processi finanziari. Non parliamo di una semplice evoluzione del digitale, ma di una rottura rispetto a modelli e pratiche che oggi sono chiamati a misurarsi con queste novità. È un processo che va accompagnato, a tutela della dimensione umana che era e deve restare centrale. Nessun sistema di IA, nemmeno il più evoluto, potrà sostituire le conoscenze e le competenze che appartengono all’uomo».
Lei non ha mai avuto un approccio negativo nei confronti delle criptovalute. Qual è la strategia del governo in merito a questo nuovo strumento finanziario così in voga?
«Gli ultimi dati ci dicono che le criptovalute sono possedute da oltre 1,6 milioni di italiani per un valore pari a 2,6 miliardi. Il trend è in crescita dopo le contrazioni registrate nel secondo e terzo trimestre dell’anno, a testimonianza di un interesse che non può di certo essere ignorato. Le criptovalute non vanno demonizzate, vanno regolate. Occorre coglierne le potenzialità innovative e coordinarle con le regole della stabilità finanziaria e con il mercato monetario. Proprio per questa ragione l’attenzione verso eventuali bolle o vuoti normativi deve essere sempre massima, ma ingranare la retromarcia sarebbe un errore imperdonabile. Il rischio è perdere ulteriore competitività rispetto agli altri Paesi. È un lusso che non possiamo permetterci».
La “pace fiscale è nel programma di governo” ha commentato lei qualche giorno fa. A che punto siamo? Quali sarebbero gli effetti fiscali di questa misura?
«La proposta della Lega per una nuova rateizzazione delle cartelle fiscali procede spedita al Senato. Dopo aver completato il ciclo delle audizioni in commissione Finanze, passeremo immediatamente all’esame del disegno di legge. I tempi saranno brevi perché dobbiamo e vogliamo dare risposte certe e veloci a milioni di famiglie, partite Iva, artigiani e commercianti onesti che fanno fatica a pagare le tasse. Tolleranza zero contro i grandi evasori, ma sostegno e vicinanza a chi ha presentato la dichiarazione dei redditi e poi non è riuscito a versare tutte le imposte a causa di difficoltà economiche o altri impedimenti gravi. Spiace contraddire i gufi che parlano di rischi per i conti pubblici. Al contrario, una rateizzazione lunga garantirà allo Stato incassi sicuri e costanti nel tempo, e darà ai cittadini la possibilità di saldare i debiti pregressi con il fisco, mettendosi così in linea con il pagamento delle tasse».
