Esteri

Migranti, ha ragione Roma o Parigi? Qualche dato prima del vertice

14
Novembre 2022
Di Giampiero Cinelli

Non è esagerato dire che sui migranti la crisi tra Roma e Parigi è aperta. Sono le stesse fonti governative transalpine a dichiararlo, al netto della fiducia di Giorgia Meloni in un chiarimento agevole, mostrando tutto il loro disappunto e preannunciando uno smottamento nei rapporti bilaterali a seguito della decisione dell’Italia di non fare attraccare nei nostri porti la Ocean Viking con a bordo 215 migranti. A detta della Francia, l’Italia non rispetta gli impegni dei trattati internazionali e non vuole ottemperare a quella che era, nella sostanza, una missione di salvataggio da concludere nel porto più vicino. Bruxelles ha quindi fatto sapere che presto ci sarà un vertice.

Le migrazioni si stanno riacutizzando dopo il periodo Covid e le frizioni tra i Paesi non sono per niente funzionali. Ecco perché, non oltre la prima settimana di dicembre, dovrebbe svolgersi l’incontro europeo sul tema. Non stupirebbe se fosse molto tecnico, per risolvere gli incagli burocratici, e un po’ meno politico.

I problemi infatti ci sono e originano dalla difficoltà nel superare il trattato di Dublino, che implica al Paese di primo sbarco di farsi carico delle richieste di asilo. A questo si era ovviato con delle deroghe. L’ultima, decisa il 10 giugno in un accordo al Consiglio Europeo degli affari interni in Lussemburgo, stabilendo che ogni anno 10.000 migranti dovessero essere ricollocati in 19 Stati aderenti e 4 associati. I Paesi firmatari della Dichiarazione di giugno sono Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Germania, Grecia, Spagna, Finlandia, Francia, Croazia, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Portogallo, Romania, Danimarca, Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein. Ad oggi, però, questo meccanismo va a rilento. E sei firmatari non hanno preso ancora impegni concreti.

La Francia, fino ad ora, ha accolto solo 38 richiedenti asilo. La Germania 74 rifugiati di quelli provenienti da altrove. Allo stesso tempo, però, va detto che l’Italia è la maggiore beneficiaria, poiché il programma prevede che ricollocherà, da qui all’estate 2023, 3.500 migranti. Il governo giustifica la sua strategia spiegando che gli sbarchi sono aumentati. Ed è vero. 90.000 all’11 novembre 2022, rispetto ai 57.000 del 2021, e come certifica l’Istat, il 2021 vede maggiori flussi in entrata che in uscita dall’Italia, con 156.000 registrazioni anagrafiche in più. Tuttavia la Francia può dire di aver esaminato molte più richieste d’asilo nel 2021 (103.800), Berlino 148.800, Madrid 62.100, mentre l’Italia 43.900.

In quanto spesso Paese di primo approdo, sia di migranti economici che di richiedenti asilo, l’Italia può recriminare un sovraffollamento reale dei centri di prima accoglienza nei periodi di picco. Disagi che portano al rischio di fughe e a tutta una serie di problemi inclusa la difficoltà dell’identificazione di chi arriva. Con alcune strutture adibite a una capienza non superiore alle centinaia che possono arrivare a contenere anche 2.000 persone.

Dunque quale bilancio possiamo fare e quale giudizio trarre dalle informazioni che abbiamo? Una posizione netta sarebbe fuori luogo e le ragioni nazionali come quelle dei partner europei hanno senso entrambe. Al di là dei numeri, il rimarcare una situazione difficoltosa da parte dell’Esecutivo italiano non è esagerazione, perché se quantitativamente il problema potrebbe essere gestibile in prospettiva, resta critico da un punto di vista sociale. Il vertice europeo è quanto mai necessario.

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