Top News

L’Europa non cerca lo scontro, ma non accetterà imposizioni: parla Brando Benifei

28
Aprile 2025
Di Ilaria Donatio

(Intervista scritta per l’Economista, l’inserto del Riformista)
Brando Benifei è a Washington e anche se lì è mattina presto mentre da noi è ora di pranzo, l’eurodeputato – coordinatore per il commercio internazionale del gruppo dei Socialisti e Democratici – sembra già nel pieno vortice dei suoi impegni americani. 

Presidente della delegazione per i rapporti con gli Stati Uniti del Parlamento europeo, dopo due settimane dalla sua prima visita Benifei è tornato nella capitale Usa con un’agenda fitta di incontri. L’obiettivo è duplice: rappresentare la posizione europea nel dialogo con l’amministrazione americana e raccogliere segnali sull’evoluzione dei rapporti economici tra le due sponde dell’Atlantico, in vista di un possibile riallineamento dopo il ritorno sulla scena di Donald Trump.

«La nostra delegazione ha il compito di tenere vivo il dialogo con le istituzioni americane, ma anche con università, aziende e think tank. Come presidente sono l’interfaccia diretta per tutto ciò che riguarda il rapporto dell’Europarlamento con gli Stati Uniti», spiega Benifei. Un ruolo che comporta anche il confronto costante con i parlamentari statunitensi a partire da due controparti – un repubblicano del Texas e un democratico californiano – designati dallo speaker della Camera americana per gestire il canale transatlantico tra legislatori. A giugno, infatti, una delegazione del Congresso statunitense sarà in Polonia per discutere di sicurezza e commercio, mentre in autunno saranno i parlamentari europei a recarsi negli Usa.

Ma il tema dominante resta uno: il commercio. E in particolare la prospettiva di una nuova ondata di dazi americani che rischia di incrinare ulteriormente gli equilibri.

«L’idea, che ho colto anche nei colloqui con centri studi vicini all’amministrazione Usa, secondo cui il livello di base dei dazi – oggi al 10% – non sarà più abbassato. Anche se Trump ha sospeso ulteriori misure, quella soglia potrebbe restare strutturale», osserva Benifei. Un punto critico per l’Europa, che applica dazi medi ben più bassi (circa il 2% verso gli Stati Uniti considerando le moltissime merci che ne sono esenti) e rischia di trovarsi in forte svantaggio competitivo.

Nel pieno di questa trattativa, la visita della premier Giorgia Meloni a Washington non sembra aver contribuito in modo significativo, secondo il parlamentare europeo.

«A livello Ue non ha portato nulla di concreto», afferma. E solleva preoccupazioni su alcuni passaggi del comunicato congiunto italo-americano: «Particolarmente ambiguo quello sulla tassazione delle big tech che potrebbe preludere a un passo indietro sulla web tax, tanto in ambito europeo quanto globale».

Benifei teme che l’Italia, in questo frangente, possa diventare l’anello debole dell’Unione. «Al contrario, noi dobbiamo restare fermi su alcuni principi: la difesa delle nostre norme sanitarie, digitali, ambientali non è negoziabile».

Il nodo della regolamentazione europea, in particolare nel digitale e nell’AI, è al centro delle pressioni statunitensi. «Gli Usa vorrebbero allentare le regole Ue per favorire i loro interessi commerciali. Ma noi sappiamo che le aziende americane già fanno ottimi affari in Europa, anzi di più che le europee negli Stati Uniti», sottolinea. «Non possiamo accettare che un presidente americano ci dica quali leggi dobbiamo tenere. E su questo anche Meloni deve fare chiarezza: non si può barattare la qualità di ciò che mangiamo o la tutela dalle fake news per qualche ostacolo in meno sull’export».

A conferma di quanto sia delicata la fase attuale, Benifei ricorda che, nonostante i 90 giorni di tregua commerciale avviati con Washington, alcuni dazi pesanti – come il 25% su acciaio e auto – restano in vigore. «L’Ue deve far capire che è pronta a usare tutti gli strumenti a disposizione, incluso il regolamento anti-coercizione, per rispondere con fermezza. Ridurre l’accesso delle imprese americane agli appalti pubblici e ai mercati finanziari e digitali europei è una leva reale. Dobbiamo giocarcela se non ci saranno risultati».

Una trattativa che, spiega, deve tener conto anche degli equilibri politici. «L’atteggiamento aggressivo di Trump e di parte dei repubblicani, ha compattato un fronte ampio in Europa. Tutte le principali famiglie politiche – dai popolari alla sinistra – sono unite nella difesa dell’impianto normativo europeo». E cita il caso della Germania, dove anche i cristiano-democratici hanno preso posizione contro le ingerenze delle big tech Usa, dopo i tentativi di manipolazione elettorale legati alla destra estrema.

Su quali settori siano più esposti, Benifei non ha dubbi: automotive, agricoltura, digitale e farmaceutico. «Sono aree sensibili, che vanno tutelate anche con un piano europeo di sostegno. L’idea proposta dal governo spagnolo di uno scudo europeo contro i dazi va nella direzione giusta: solo con un’azione coordinata possiamo evitare distorsioni tra Stati membri».

Infine, sullo sfondo resta il nodo Cina. «L’Ue non condivide l’approccio americano dello scontro totale. Certo, anche noi abbiamo preoccupazioni di sicurezza e contenziosi aperti con Pechino, come sui sussidi alle auto elettriche. Ma uno sganciamento economico è impensabile. Se ci lasciamo trascinare dagli Usa in una guerra commerciale totale con la Cina, rischiamo di fare solo i loro interessi. E l’Europa non può essere usata come pedina del negoziato».

Nel confronto con Washington, secondo Benifei, l’Europa deve dunque mostrarsi compatta, pragmatica ma determinata. «Gli Stati Uniti non possono chiederci contemporaneamente di accettare dazi, riscrivere le leggi, sganciarci dalla Cina, comprare le loro armi e il loro gas. Se non c’è un vero accordo, allora anche noi dovremo reagire – soprattutto nel campo dei servizi, dove loro hanno molto da perdere».

Un messaggio chiaro: l’Europa non cerca lo scontro, ma non accetterà imposizioni. Ora la palla è nei 75 giorni restanti di trattativa.

Articoli Correlati

Europa
di Beatrice Telesio di Toritto | 17 Maggio 2025

L’Europa della settimana: il continente che vuole crescere

meloni macron
di Redazione | 17 Maggio 2025

Macron, Meloni e la lente del tennis