Innovazione
Il “videogame” di Commodore: dagli USA all’Italia, ora il salto a ostacoli dei dazi. Il Ceo Luigi Simonetti spiega come.
Di Giampiero Cinelli
(Articolo di Giampiero Cinelli scritto per l’Economista, l’inserto del Riformista)
Chi è nato tra gli anni ’60 e ’70 ha visto l’evoluzione dei primi personal computer e dei relativi sistemi operativi. Qualcuno ha imparato ad usarli davvero, scoprendo il linguaggio di programmazione. Spesso il Pc su cui si faceva pratica era un prodotto della Commodore, importante realtà aziendale che però ha chiuso nel 1994. Tuttavia il marchio ha continuato ad essere disponibile, fino a quando un ingegnere e imprenditore italiano, Luigi Simonetti, è riuscito ad acquisirlo, dando alla luce la Commodore Industries Srl, società tutta italiana con tre sedi, attiva nel settore della tecnologia, del software e del gaming. Oggi Luigi Simonetti è Ceo dell’impresa.
Un’azienda italiana che rileva uno storico marchio statunitense per farlo continuare a vivere. Oltre che romantica, questa storia induce a vedere le cose in grande e a considerarne le potenzialità. Ma oggi, vista l’attualità, qual è la strategia di Commodore?
«Proprio perché è una storia romantica e potente, non potevamo permetterci di farne solo un’operazione nostalgia. La nostra strategia parte da lì, ma guarda avanti: vogliamo riportare Commodore al centro dell’innovazione. Oggi il marchio è il cuore di un ecosistema tecnologico che unisce hardware, software, videogiochi e intelligenza artificiale. Stiamo costruendo prodotti concreti, con un’identità forte e riconoscibile, e puntiamo a mercati globali con una visione industriale chiara. Commodore non è tornata per essere una parentesi vintage, ma per scrivere un nuovo capitolo».
Commodore viene ricordata anche per i videogame. Un ambito in cui oggi c’è concorrenza agguerrita e molto interesse da parte dei consumatori. Come si vuole posizionare nel mercato?
«Nel gaming vogliamo portare l’anima pionieristica di Commodore in una nuova era. Con la nostra divisione Commodore Sinapsy, stiamo lavorando su titoli originali ma anche su concept che richiamano la velocità e la creatività dei classici – come il nostro prossimo racing game antigravità, che strizza l’occhio a Wipeout. Siamo consapevoli della concorrenza, ma è proprio in un mercato vivo che possiamo dire la nostra: con stile, con esperienza e con un tocco tutto europeo. E non dimentichiamo il mondo gambling, dove stiamo creando soluzioni ad altissima tecnologia e rendimento».
I dazi sono ora sospesi su alcuni prodotti tecnologici. Crede che gli americani potranno fare una guerra commerciale su una filiera così integrata e strategica? O che invece sarà proprio su questa che rischieranno per allentare la concorrenza globale?
«Il rischio di guerre commerciali è sempre sul tavolo, soprattutto in un contesto globale instabile. Ma è proprio in questi scenari che si gioca la partita dell’intelligenza strategica. La nostra produzione è flessibile, e siamo pronti ad adattarci. Valutiamo già partnership selettive con realtà americane, sia per ragioni industriali che commerciali: se Commodore è nata negli USA e oggi ha un’anima italiana, è naturale che il suo futuro sia ibrido. Non vogliamo subirle, le dinamiche globali: vogliamo anticiparle».
Cosa c’è della vecchia Commodore in quella di oggi? I sistemi operativi che l’azienda ideò fanno ancora da ispirazione?
«C’è tantissimo, ma non in modo museale. La filosofia dell’accessibilità, della creatività alla portata di tutti, è ancora il nostro faro. E sì, anche il modo in cui stiamo ripensando i sistemi operativi, le interfacce, l’esperienza utente, porta con sé il DNA di Amiga e C64. Oggi lavoriamo su un ambiente ibrido, dove AI e cloud si fondono con un design che richiama il passato solo quando serve a migliorare il presente. Non copiamo, reinterpretiamo. È così che si rende onore a un mito».
Quale pensa possa essere la nuova frontiera? La vede nell’IA o in altri dispositivi che hanno la loro importanza nel panorama tecnologico?
«Sicuramente l’intelligenza artificiale è una frontiera importante, e la stiamo affrontando con un nostro approccio: umano-centrico, applicato, utile. Ma non ci fermiamo lì. Per noi la nuova frontiera è creare un ecosistema Commodore, dove i dispositivi – PC, tablet, device gaming – parlano tra loro, e dove l’utente sente di avere in mano qualcosa di diverso. Qualcosa che unisce stile, potenza e identità. La vera frontiera è l’esperienza. E noi vogliamo costruirla ogni giorno».
