Esteri
Crisi ucraina: scenari e obiettivi delle tensioni tra Russia e NATO
Di Flavia Iannilli
È giunto il momento del protagonismo europeo. La crisi ucraina è il fulcro dell’agenda europea e internazionale del Governo italiano. L’obiettivo è evitare l’escalation militare di un conflitto che viene trascinato ormai da quasi un decennio. Una crisi ai confini dell’Europa, a soli duemila kilometri da Trieste, che dal 2014 ha causato 15mila vittime tra militari, combattenti e civili. Un milione e mezzo di rifugiati in Ucraina e 500mila in Russia è il bilancio delle pesanti conseguenze in termini umanitari.
La reale prossimità di un conflitto non si vedeva dalla caduta del muro di Berlino e oggi non c’è Willy Brandt che tenga. Gli Accordi di Helsinki del 1975, firmati da 35 Paesi (Russia e Stati Uniti compresi), si riferiscono ad un tempo troppo lontano per potervi fare affidamento. Un tempo in cui le sfere di influenza sovietiche e americane erano al centro del dibattito e che, a quanto pare, non hanno mai cessato realmente di esistere.
Oggi non si parla più di Guerra Fredda, ma la rivalità del ventunesimo secolo tra NATO e Russia la ricorda tanto. Più che “Ostpolitik” si tratta di “Gazpolitik”, Mosca rimane indispensabile per l’approvvigionamento di tutta l’Europa e l’Italia, tra i “grandi” Paesi membri dell’Unione europea, ha la percentuale di vulnerabilità più alta. Inghilterra e Unione europea importano il 40% del gas dalla Russia, la quale trova in Europa il suo miglior mercato. Ma lo snodo fondamentale della questione energetica è proprio in Ucraina.
Ma se Mosca dipende dall’export di energia e l’Europa non può farne a meno, perché tutta questa tensione? Nel 2024 scade il negoziato di transito del gas russo su suolo ucraino. Le royalties di questa “servitù di passaggio” sono uno dei maggiori introiti su cui si basa l’economia dell’Ucraina. E qui entra in campo il gasdotto Nord Stream2, su cui ha messo gli occhi soprattutto la Germania, che non transitando per un altro stato aggira la via principale per entrare in Europa. Una strada molto allettante per Berlino, ma che, ad oggi, ha delle procedure autorizzative in fase di stallo, destando le preoccupazioni degli Stati Uniti e dei partner baltico-orientali.
Da questo nasce l’incontro del 7 febbraio scorso tra Joe Biden e il cancelliere tedesco Olaf Scholz che, arrivato ai suoi 100 giorni di Governo proprio ieri, partecipando al suo primo vertice bilaterale transatlantico, ha fatto fronte comune con l’amministrazione americana dichiarando: «È importante per gli alleati essere uniti, parlare con una voce sola». Un punto su cui rimane fermo anche il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che ieri, in audizione con il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini presso le commissioni congiunte Esteri e Difesa di Camera e Senato, ha specificato: «Stiamo lavorando in ambito europeo a un impianto di possibili sanzioni di varia natura e intensità, che siano improntate a efficacia e fermezza nel segnalare a Mosca gli elevatissimi costi e le conseguenze che una sua offensiva recherebbe».
Necesse est favorire una soluzione pacifica che sia in linea con gli Accordi di Minsk del 2014, i quali, per dirla con le parole di Mario Draghi “non sono stati osservati da nessuna delle due parti”. Si fa riferimento a compiti in capo a Mosca e alle entità del Donbass: cessate-il-fuoco, ritiro degli armamenti pesanti e delle formazioni armate irregolari o straniere, aspetti umanitari e di sicurezza. Ma anche a impegni politici che ricadono sotto la responsabilità di Kiev: riforma costituzionale per il decentramento, statuto speciale delle regioni di Donetsk e Lugansk, elezioni locali e amnistia.
E l’Italia che ruolo gioca? Dal 2014 difende e sostiene l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina, accrescendo attenzione ai profili di sicurezza e protezione della sede italiana a Kiev. Inoltre aderisce alla posizione di non riconoscimento dell’annessione illegale della Crimea, di cui a breve ricorrerà l’ottavo anniversario, definendola una grave violazione del diritto internazionale.
A questo si aggiungono le numerose violazioni di cui ha fatto menzione il Ministro della Difesa, da quelle relative allo spazio aereo alleato, alle crescenti esercitazioni navali nel Baltico e in Mar Nero. Dal mancato rispetto del diritto internazionale marittimo nel Mar d’Azov, alle azioni ibride mirate a indebolire soprattutto i paesi NATO lungo il fianco est, fino al cementarsi di una relazione militare speciale con la Bielorussia. Questi sono alcuni esempi concreti che portano la NATO ad alzare il livello di attenzione costantemente nei confronti della Russia. In questi rientra anche l’attraversamento del canale di Sicilia avvenuto a fine gennaio da parte di una flotta da sbarco russa, composta da sei navi costruite per portare carri armati e soldati.
Di fronte a tutte queste situazioni di tensione fa capolino la Turchia che, avendo rapporti storici con la Crimea, si propone di fare da intermediario tra NATO e Putin anche mettendo in gioco il monitoraggio su suolo ucraino attraverso il proprio corpo diplomatico. Ma, secondo Di Maio, dovrebbe essere l’Unione europea a sbrogliare la matassa della crisi, accettando di buon grado l’aiuto di attori esterni all’UE, ma pur sempre puntando a rafforzare il proprio ruolo.
In attesa di capire se il dialogo con la Russia porterà al ritiro delle truppe dai confini dell’Ucraina e al rispetto degli Accordi di Minsk, si spera che il Nord Stream2 non sia il nuovo “assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando”.