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Spremuto da clima e Cina, l’oro rosso ha bisogno di aiuto

01
Settembre 2024
Di Gianluca Lambiase

Cambiamenti climatici, problematiche legate alla raccolta e alla produzione sia a nord che a sud, una Cina che spinge forte sul pedale dell’iperproduzione e un consumatore finale da tutelare.

Sono tanti i problemi che stanno attanagliando le aziende conserviere italiane attive nella produzione di derivati dai pomodori in un’estate tanto torrida quanto meteorologicamente sempre più imprevedibile. Eppure da giugno a settembre si concentrano i mesi topici per la raccolta e la lavorazione dell’oro rosso italiano, un settore che rappresenta una parte significativa dell’economica agricola del paese con una produzione che supera i 6 milioni di tonnellate all’anno, ha un valore di circa 5 miliardi di euro e dà lavoro a circa 150 mila stagionali.

A lanciare l’allarme ad Adnkronos/Labitalia è Francesco Mutti, amministratore delegato del Gruppo Mutti, azienda di Parma leader in Europa nel mercato dei derivati del pomodoro che ha chiuso il 2023 con un fatturato complessivo di 665 milioni di euro (in aumento del 18% rispetto all’anno precedente) e ha già annunciato un nuovo programma di investimenti industriali per il quinquennio 2024-202 pari a 100 milioni di euro.

Troppa acqua al nord, pochissima al sud
Fra nubifragi, grandinate, alluvioni e ondate di calore c’è innanzitutto un grave problema climatico di cui tenere conto: “In questo momento siamo nel cuore della campagna di raccolta. Al Sud abbiamo  una situazione di sostanziale abbondanza, ma con due temi: uno, il pomodoro si sta precocizzando moltissimo e quindi ci sono dei dubbi sulla possibilità di poterlo trasformare completamente nei tempi; due, la mancanza d’acqua”.

“Al Nord invece” – prosegue Mutti – “è una campagna all’opposto, molto lenta, a oggi siamo a metà del percorso, ma tutte le aziende sono decisamente molto indietro rispetto ai programmi. Questo deriva da un fenomeno climatico che ha colpito le aree di maggior produzione, ovvero l’Ovest della pianura padana, in cui ci sono state delle precipitazioni assolutamente inusuali per tutto il mese di maggio fino all’inizio di giugno con piogge che hanno portato oltre il 95% del percentile e che hanno stressato in modo importante le piante riducendone la capacità produttiva e ritardandone la maturazione. Siamo ancora in ansia per quelli che saranno i raccolti e stiamo andando avanti giorno per giorno”.

Non è rosso tutto quel che luccica
Arriva da Oriente invece un altro enorme pericolo per il pomodoro italiano, da sempre simbolo di quel made in Italy fatto di qualità ed eccellenza che lo hanno reso (precedendo anche la pasta) il primo prodotto italiano nell’export di food: “Nell’ultimo biennio la Cina ha deciso di fare una politica di sovrapproduzione di pomodoro, la definirei in dumping, andando ben al di là – ha aggiunto Mutti – delle necessità produttive sia per quelle che sono le sue capacità di vendita ma anche per quelle che sono le necessità di produzione mondiale”.

L’obiettivo del mercato cinese, praticamente dichiarato, è quello di diventare il primo produttore al mondo, ma con standard molto diversi: “Si tratta di un pomodoro di bassissima qualità, è bene ricordarlo. Gli Stati Uniti di fatto hanno proibito l’ingresso del pomodoro cinesi sulle loro coste. Come Europa potremmo muoverci anche noi in quella direzione, ma quanto meno se non vogliamo ricorrere a misure più estreme dovremmo comunque mettere in atto una serie di attività volte a tutelare in primis il consumatore ma anche le nostre filiere”.

Ma cosa fare quindi? “Innanzitutto – spiega Mutti – mettere in chiaro in etichetta, quindi sul fronte, la provenienza della materia prima. Il consumatore deve sapere se si tratta di un prodotto 100% made in Italy o di un prodotto europeo (quindi comunque conforme a controlli). Il secondo passaggio è che la passata non può (cosa che anche in questo caso già avviene per la normativa italiana) essere prodotta attraverso diluizione di concentrato, che è il modo in cui molto spesso si porta all’interno delle passate prodotto cinese”.

Un consumatore da tutelare
Non ci saranno “significativi rimbalzi dal punto di vista dei prezzi del prodotto finale” rassicura Mutti, ma qualcosa va fatto, e anche in fretta: “Sugli scaffali italiani oggi non vi sono di fatto prodotti di origine cinese ma quello che sta avvenendo è che si stanno infiltrando in Paesi che hanno normative più lasche rispetto a quella italiana. Occorre un passo in avanti nella normativa affinché quello che siamo riusciti a garantire ai consumatori, ovvero la sostanziale assenza sui nostri scaffali di prodotto cinese, continui ad essere mantenuta, o quantomeno ad avere quegli elementi di assoluta trasparenza che da sempre il nostro settore vuole portare avanti. Il pomodoro è un prodotto che deve essere valorizzato, non svalorizzato. Anche a livello italiano stiamo consolidando e stiamo continuando a crescere”.