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Agricoltura e industria, da Cernobbio alla politica: «Abbiamo bisogno di competenze»

04
Settembre 2022
Di Alessandro Caruso

Cernobbio chiama. La politica risponderà? Il mondo dell’industria e quello dell’agricoltura hanno lanciato un forte segnale approfittando dell’opportunità del tradizionale Forum di Villa d’Este organizzato da The European House – Ambrosetti, che si sta svolgendo da venerdì. La campagna elettorale “defocalizzata”, fino ad ora non si è occupata molto delle risposte ai grandi temi, rimanendo più che altro imbrigliata sui posizionamenti ideologici e sulle classiche schermaglie da social. Ma industria e agricoltura, soprattutto in questo momento di crisi, hanno bisogno di rendersi competitive e per farlo ritengono strategico puntare sul capitale umano e sulle competenze. Sono elementi fondamentali per lanciare le aziende in mercati sempre più dinamici e per garantire l’inclusione economica e sociale. Vanno in questa direzione le evidenze e i propositi messi in luce dallo Studio “Verso un New Deal delle Competenze in ambito agricolo e industriale”, elaborato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con un colosso che sintetizza industria e agricoltura: Philip Morris Italia.

LO STUDIO
Lo studio ha come obiettivo quello di definire gli elementi per un New Deal delle competenze digitali, legate alle tecnologie 4.0. «Quello che presentiamo oggi è un lavoro che vuole incidere sulle scelte future, su un tema come quello delle competenze su cui come Paese ci giochiamo il futuro», ha spiegato in apertura Valerio De Molli, managing Partner e Amministratore Delegato di The European House – Ambrosetti. Dallo studio emerge chiaro un aspetto: il futuro passa per le tecnologie digitali, nel campo della manifattura come in quello agricolo. Sono tecnologie che rappresentano un’opportunità di leadership internazionale e una sfida per l’Italia e per le sue aziende. Per cogliere le opportunità delle rivoluzioni digitali però è necessario identificare le giuste competenze su cui investire per innovare superando i problemi di produttività e di potenziale inespresso di crescita che affliggono il Paese. Se, infatti, da una parte l’Italia vanta numeri molto positivi in alcuni ambiti, essendo una superpotenza agricola e manifatturiera e il secondo paese secondo paese UE come creazione di valore aggiunto nella creazione di potenziale nel settore agricolo e in quello manifatturiero con un surplus di oltre 100 miliardi, dall’altra negli ultimi 20 anni il paese è rimasto di fatto immobile con una media di crescita dell’1%.

«La debolezza dell’Italia è legata (anche) alle competenze – ha sottolineato Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia – ed è necessario colmare questo gap per produrre crescita. Negli ultimi 20 anni ci siamo dimenticati di essere la seconda manifattura europea e non abbiamo visto passare la rivoluzione digitale e tecnica che ha invece visto ridurre la nostra competitività».

LA FORMAZIONE
Tra i punti nevralgici della ricerca, anche quello della formazione. Fondamentale sia quella continua dei lavoratori sia quella in ingresso, per la quale risulta necessario investire anche nell’orientamento obbligatorio già dai primi anni della scuola superiore coinvolgendo università ed imprese. Importantissima iniziativa da questo punto di vista la riforma degli ITS (Istituti tecnici superiori) a cui dare seguito integrando le attività che vengono svolte dagli studenti a quelle che si svolgono nel mondo manifatturiero ma anche prevedendo meccanismi di coordinamento tra ITS e università per combattere la dispersione scolastica e misure specifiche per stimolare la diffusione di competenze tecniche e digitali nella popolazione femminile oltre che ridefinire i percorsi e i programmi con gli istituti agricoli e agroalimentari favorendo un maggior allineamento con le esigenze delle imprese. 

IL PROGETTO SUGLI ITS
Sul rilancio delle competenze Philip Morris Italia ha sperimentato una best practice in Emilia Romagna:  il Philip Morris Institute for Manufacturing Competences, un luogo di formazione per le persone e aperto al territorio, realizzato in collaborazione con le istituzioni e tanti enti di formazione. Si tratta dell’ultimo tassello dell’ecosistema di Philip Morris in Italia, dove l’azienda è presente con impianti manifatturieri in agricoltura (quello di Crespellano, nel bolognese, rappresenta il più grande investimento greenfield degli ultimi venti anni, acquistando oltre il 50% del tabacco prodotto direttamente da 1.000 aziende agricole). Un progetto orientato a creare un distretto umano, di competenze e capacità che realizzano una filiera economica e umana. Fondamentalmente è una scuola aperta verso l’esterno con la possibilità di avere corsi organizzati dai partner e in stretta connessione con il territorio emiliano. L’Italia, infatti, come emerge dallo studio, ha un basso numero di iscritti all’università rispetto ad altri paesi europei e, di questi, sono pochi i giovani italiani che si dedicano alle discipline STEM. Dal punto di vista delle competenze ingegneristiche, ad esempio, l’Italia per colmare il gap con la Germania avrebbe bisogno di 90.000 ingegneri in più

LE PROPOSTE
Attualmente, con 36,4 miliardi di euro, l’Italia è il secondo Paese UE per valore aggiunto del settore agricolo, secondo solo alla Francia. Rispetto ai benchmark europei, il settore agricolo italiano ha anche un minor impatto ambientale. Il vero gap che il Paese deve colmare in questo ambito, rispetto ai competitor europei, riguarda la produttività del lavoro. La produttività agricola, intesa come rapporto tra valore aggiunto prodotto per occupati, pone infatti l’Italia al tredicesimo posto in UE, con poco più di 37mila euro di valore aggiunto generato per unità di occupati. Il cambiamento climatico, la transizione verde e l’aumento della popolazione sono le principali sfide globali che impattano sulla produttività della filiera agroalimentare, le cui difficoltà sono state acuite in misura significativa dalla guerra russo-ucraina. In questo contesto, la Smart Agriculture (o agricoltura 4.0) non è soltanto una soluzione, ma una necessità. L’applicazione di sensoristica e robotica per il monitoraggio e gestione dei campi coltivati è in grado di ridurre drasticamente costi e consumo di energia nel ciclo produttivo, ma richiede delle competenze specifiche che sono ancora poco presenti in Italia.

Ma per questo è fondamentale intervenire per compensare la carenza di competenze nel settore e il basso numero di iscritti a corsi universitari in materie agricole. Dal confronto con gli stakeholder emergono quattro competenze chiave per l’agricoltore e l’allevatore del futuro: sostenibilitàdigitalcomunicazione competenze tecniche avanzate. E per rispondere a questa domanda di competenze serve anche potenziare il sistema degli ITS (gli Istituti tecnici superiori). Tra le proposte, infatti, è stata anche rimarcata la necessità di definire obiettivi concreti sulla formazione 4.0, tra cui la riduzione di almeno un terzo del gap con la Germania nel dimensionamento degli ITS, arrivando a 200mila iscritti, in particolare con il potenziamento degli ITS agroalimentari, favorendo l’istituzione di almeno un ITS agricolo per regione (ad oggi 7 regioni ne sono prive).

«La ricerca conferma, anche con le testimonianze dirette provenienti dal mondo delle aziende, che il capitale umano è oggi l’elemento chiave della competitività delle imprese e della crescita dell’economia – ha concluso il portavoce dell’iniziativa Claudio De Vincenti, Presidente di Aeroporti di Roma – è questo il fattore decisivo per tradurre gli stessi investimenti sul capitale fisico in innovazione e sviluppo reali. Sistema di istruzione, formazione continua e interazione pubblico-privato non sono solo socialmente meritori ma sono condizioni essenziali per la crescita».

Il report

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