La settimana appena conclusa è stata segnata da 2 macro-eventi che hanno oscurato tutto il resto.
Partiamo dall’Europa. Smentendo per l’ennesima volta chi descriveva scenari di rivoluzione nella definizione delle nomine di più alto rango, il Consiglio Europeo ha raggiunto un accordo che conferma l’assetto di grande coalizione già presente nei passati 5 anni.
– Ursula von der Leyen (PPE) resta Presidente della Commissione;
– il portoghese Antonio Costa (S&D) assume la guida del Consiglio UE con la prospettiva di rimettere il mandato a metà del percorso;
– Kaja Kallas (Renew) entra in carica come Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’UE, scelta simbolica vista la sua provenienza estone, paese vicino al confine con la Russia e per questo oggetto di particolare attenzione da parte della NATO;
– Roberta Metsola (PPE) viene confermata Presidente del Parlamento UE, vedremo se per tutti i 5 anni del mandato o solo metà.
La stampa italiana e quella europea non hanno mancato di sottolineare l’astensione di Giorgia Meloni, vista come una sconfitta politica se sommata alle dure parole espresse dalla Premier nell’informativa al Parlamento di mercoledì.
È vero che forse di sconfitta trattasi, ma di sicuro senza alcuna sorpresa. Già da giorni veniva ufficialmente ripetuto dai principali protagonisti che non sarebbe bastato il successo elettorale, o anche il successivo incremento dei seggi che ha portato ECR a diventare il 3° gruppo al Parlamento UE, a far entrare i Conservatori nella maggioranza passando dalla porta principale.
Ma non è finita qui. Il meccanismo del voto segreto per la conferma della Commissione da parte del Parlamento apre ancora all’ipotesi che Meloni possa sostenere la von der Leyen tramite i voti della sola delegazione di FdI dentro ECR, senza coinvolgere l’intero partito. Decisiva in tal senso la delega che verrà data al Commissario spettante all’Italia, sul cui nome non sembrano esserci più dubbi.
Anche in questo caso smentite le ipotesi più fantasiose, come quella che una figura “tecnica” sarebbe stata l’unica in grado di essere digerita da parte delle istituzioni europee, a riprova dell’impresentabilità della classe politica attualmente al Governo.
E invece, tutto indica che a svolgere il ruolo di Commissario sarà Raffaele Fitto, attualmente Ministro nel Governo Meloni e politico di lungo, anzi lunghissimo, corso. Basti pensare all’anno del suo esordio sul palcoscenico: Vicepresidente della Regione Puglia nel 1995, a soli 26 anni, poi nel 2000 Presidente a 31, più giovane presidente nella storia della Repubblica.
Precocità frutto di un’eredità politica forte, in quanto suo padre Salvatore era a sua volta Presidente della Regione prima di morire in un incidente stradale nel 1988, ma comunque foriera di un’esperienza che lo rende un candidato credibile e dal curriculum difficilmente attaccabile.
Avevamo esordito parlando di 2 eventi, quindi giusto 2 parole sul seguente. Si è svolto il 1° dibattito tra i 2 candidati alla corsa alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti: il Presidente uscente Joe Biden contro il perdente uscente e già Presidente Donald Trump.
Ci sia permesso di esprimere una preoccupazione complessiva. Al netto del facile gioco dei vincitori e dei perdenti, su cui ogni singolo elettore avrà la sua percezione frutto della bolla social in cui è inserito, è lo scenario generale a preoccupare.
L’offerta politica mostrata da entrambi è oggettivamente disarmante. Trump ne esce meglio solo per la manifesta difficoltà dell’incumbent, ma anch’egli non ha mostrato alcun segno di evoluzione rispetto a quanto già sapevamo.
La corsa è ancora lunga e chissà che non avvengano sorprese epocali come la rinuncia di Biden ma, allo stato attuale, chiunque vinca sembra non rimanere altro da fare che tifare per il tanto vituperato deep state.