Ne sentivamo davvero il bisogno di un “papa straniero”, di un “federatore”, di un ennesimo personaggio pubblico che scegliesse di bere l'”amaro calice” della “discesa in campo” a supporto di un “centro” che si allei con la sinistra per “salvare l’Italia” da un governo “amico degli evasori”.
Scusate le virgolette, le abbiamo messe di proposito, ne potete considerare una per ogni sbadiglio provocatoci dalla lettura dei più recenti articoli sulle gesta di Ernesto Maria Ruffini, fino a ieri Direttore dell’Agenzia delle Entrate e da oggi leader in pectore dei sognatori del centro-sinistra col trattino.
Un’operazione mediatica ben costruita. Prima l’uscita di un libro con la prefazione del Presidente della Repubblica, poi i primi retroscena sui mal di pancia rispetto alle scelte del governo in materia di tassazione, poi qualche apparizione pubblica e infine il climax: l’intervista al Corriere della Sera con tanto di richiamo in prima pagina per annunciare le proprie dimissioni.
E così, da oggi, Giorgia Meloni avrà un nuovo temibilissimo avversario.
Nulla da dire sul percorso professionale dell’Avv. Ruffini. Professionista stimato nel suo ruolo di avvocato nel settore privato, altrettanto ben considerato nel suo ruolo di civil servant,come attestano i plurimi rinnovi del suo incarico all’Agenzia delle Entrate.
Nominato AD di Equitalia nel 2015 (Gov. Renzi), poi Direttore dell’AdE nel 2017 (Gov. Gentiloni), lascia nel 2018 per tornare in sella a gennaio 2020 (Gov. Conte II) ed essere confermato sia dai Governi Draghi che Meloni.
Una permanenza che denota 3 cose: bravura, trasversalità e numi tutelari sui Colli più alti di Roma. Tutti e 3 gli elementi che costruiscono l’archetipo del perfetto leader del centro-sinistra. Nostalgia canaglia di Romano, quando c’era lui non si perdeva mai.
C’è però sempre quel problema chiamato voto.
Ogni anno al vertice dell’AdE, ogni singolo record nel meritorio recupero dell’evasione, così come ogni singola lettera partita alla volta di un contribuente, quanto peserà in termini di voti?
Da dove nasce la convinzione che il riscossore fiscale possa avere quel sufficiente fascino per vincere le elezioni in Italia? Anche non mettendolo sul piedistallo della leadership, anche solo ipotizzando che possa assurgere ad un ruolo ministeriale, quanti voti potrebbe portare Ruffini?
La verità è che ci stiamo molto annoiando, in primis chi vive di politica facendola o commentandola.
Alla presenza di un governo sorprendentemente stabile ed equilibrato, la cui Presidente del Consiglio ha appena ricevuto un esplicito endorsement dal prossimo Presidente degli Stati Uniti ed ha un rapporto di profonda amicizia con l’uomo più ricco e potente al mondo, non ci resta che Ruffini.
Non ci resta che dedicare tempo e attenzione alla scenaristica relativa a chi farà parte della coalizione con cui Elly Schlein proverà a sfidare Giorgia Meloni: se il carismatico Sindaco dell’Area C di Milano o il travolgente condottiero del nutrito battaglione degli esattori italiani.