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Il Trump-Meloni day, a mente fredda

19
Aprile 2025
Di Redazione

Tenendoci ben lontani dai toni enfatici, non si può negare che il viaggio lampo di Giorgia Meloni a Washington, con pranzo e incontro davanti alle telecamere con il Presidente Trump, sia stato un successo. 

Ulteriormente confermato, circa 24 ore dopo, dall’incontro seguente con il Vicepresidente Vance, in visita a Roma per lavoro e vacanza pasquale (però occhio JD che a Roma, a Pasquetta, è sempre brutto tempo). 

Non ci ricordiamo di altri bilaterali Italia-Usa con questo livello di attesa e connesse tifoserie “pro” e “contro”. 

Tradizionalmente, le visite alla Casa Bianca erano appuntamenti sì prestigiosi, ma poco più che formali. Accoglienza calorosa, strette di mano e qualche vigorosa pacca sulle spalle, pranzo di cortesia e conferenza stampa finale nello Studio Ovale in cui al massimo veniva sottolineata la bellezza dell’Italia, oltre a qualche più o meno vago impegno ad una maggiore cooperazione. 

Al massimo poteva esserci una maggiore o minore larghezza dei sorrisi a seconda della concordanza politica tra i rispettivi governi ma, di base, sempre di “amicizia reciproca” e “calorosa accoglienza” si parlava. 

Dal momento dell’insediamento del Trump II tutto è cambiato anche da questo punto di vista, e le immagini del match di wrestling con il Presidente Zelensky restano vive come monito per chiunque sia in procinto di atterrare a Washington. 

Sarebbe riduttivo ritenere l’incontro positivo solo per non aver vissuto una replica di quelle scene. Senza fare paragoni, ma il viaggio della Premier italiana aveva tutt’altre premesse e modi di preparazione. 

Sarebbe altrettanto eccessivo esagerare con i toni enfatici dopo i commenti espressi dal Presidente USA durante e dopo l’incontro, conoscendo la velocità con cui i suoi giudizi possono cambiare al minimo fiutare l’opportunità di un cambio di comunicazione. 

Un successo quindi nel breve periodo, di cui dovremo misurare gli effetti nel medio-lungo periodo. La materia del commercio globale e dei mutati rapporti USA-UE non si risolve con un meeting ben riuscito ma, di sicuro, averlo portato a casa costituisce la premessa per un seguito positivo. 

La gestione del rapporto transatlantico sta consentendo a Giorgia Meloni di aumentare il suo peso specifico in Europa, ponendosi come elemento di collegamento geopolitico tra 2 continenti che, in questa fase, fanno fatica a parlarsi. 

Già si parla di un vertice a Roma tra USA e UE nel quale, complice il tipico caldo insopportabile romano di giugno, far sciogliere il ghiaccio tra Trump ed Ursula von der Leyen, al momento lontana dalla Casa Bianca dal marzo del 2023 in occasione dell’ultimo incontro con l’allora Presidente Biden. 

E’ un fatto che tra Europa e Stati Uniti ci sia al momento una fondamentale incomunicabilità, così come tra i singoli leader europei e Trump ci sia un rapporto teso e confrontational

L’investimento di Giorgia Meloni, che è molto più di una scommessa, è quello di impegnare l’Italia come nazione leader nella facilitazione del dialogo transatlantico, a costo di un ulteriore sforzo in termini di bilancio pubblico per acconsentire alla richieste statunitensi in materia di aumento delle spese per la difesa. 

Al netto dei giudizi contrapposti di chi plaudirà e di chi definirà l’Italia un “paese vassallo degli USA” per colpa della Meloni (cui però chiederemo di ricordarci quando la stessa Italia sia stata una nazione a “sovranità assoluta”), è indubbio che la vera sfida sarà sulla percezione dei risultati che tutto questo impegno porterà. 

Se fossimo in tempi normali, potremmo dire che il giudizio dipenderà dal numero di vittorie ma, di questi tempi, anche qualche bel pareggio potrebbe andar bene. L’importante è che le sconfitte degli altri, i nostri “vicini di casa” all’interno della costruzione europea, non siano così evidenti da riverberare gli effetti anche sulla stessa Italia. 

L’ennesimo, difficile, esercizio di equilibrio di chi coltiva aspirazioni alla potenza pur non avendo un intero mazzo di cards, per usare un’espressione cara al Presidente Trump. 

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