La cosa che più ci ha colpito del discorso pronunciato dal Vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. (James David) Vance, alla Munich Security Conference, è stata lo sguardo.
Lo sguardo più delle parole, e abbiamo detto tutto. Uno sguardo vitreo, fisso, capace di trasmettere una determinazione quasi pericolosa, a fronte di un’incapacità di trasmettere empatia. Per chi fosse curioso, qui.
Suggestioni, forse.
Ma suggestioni che fanno riflettere su come l’Europa dovrà reagire presto a questa ondata di cambiamento che, per giunta, poteva anche essere ampiamente prevista e preparata.
Quando diciamo “Europa”, non ci riferiamo solo alle Istituzioni comunitarie, troppo spesso viste come entità astratte e non come luoghi fatti di persone. Si dice “Europa” per non dire nulla, ma in realtà saremmo, siamo, noi.
Ci riferiamo soprattutto alle Nazioni, ai Governi che ne hanno la rappresentanza e alle personalità dei / delle leader che le guidano.
Il ritorno di Trump potrebbe provocare un cambiamento globale paragonabile alla pandemia, se non superiore. Questo perché, rispetto ad 8 anni fa, il consenso verso il Presidente e la conseguente mancanza di ostacoli dentro il suo stesso Paese, renderanno molto più agevole il passaggio dalle parole alle azioni.
Il Trump di 8 anni fa era lo stesso di oggi, in termini di parole e toni, ma con l’enorme differenza che buona parte di quello che avrebbe voluto fare sarebbe stato osteggiato, rallentato, “paludato”, da parte di coloro i quali avrebbero dovuto favorirne la realizzazione.
Ora è diverso. Ora quanto viene deciso dentro gli Stati Uniti viene attuato con una velocità impressionante e nessuno, al momento, sembra riuscire ad opporsi.
Gli Ordini esecutivi, i dazi, la telefonata con Putin, l’annuncio dell’acquisto della Groenlandia o della striscia di Gaza, e potremmo andare avanti. Tutto si mescola in un costante rollercoaster di annunci e decisioni di cui al fondo ci si pone la domanda: ma dice sul serio? Lo dice solo per dirlo o per farlo?
Ecco, se la bilancia del 1° mandato pendeva verso il “dirlo”, quella del 2° scende velocemente verso il “farlo”.
Torniamo a noi, l’Europa e le Nazioni che la compongono. Che fare? Innanzitutto, bisogna prendere atto del cambiamento, e anche velocemente. Successivamente, bisogna anche “aprirsi” al cambiamento.
Si diceva in pandemia che le crisi possono essere delle grandi opportunità di coesione nelle diversità, di unione tra diversi, anche di ossimori, se vogliamo. Bene, è tempo di farlo.
Reagire alle dichiarazioni di Vance è doveroso perché fa parte del meccanismo della comunicazione. Se il Vicepresidente è venuto in Europa per cercare solo di fare più visualizzazioni su X, è inevitabile che i leader europei, soprattutto i tedeschi in quanto “svillaneggiati” in casa propria a pochi giorni dalle elezioni, si sentano in dovere di rispondere per le rime.
Però c’è anche della verità in quello che ha detto, e la potremmo sintetizzare nella notevole battuta: “If American democracy can survive 10 years of Greta Thunberg’s scolding, you guys can survive a few months of Elon Musk”…
Ci aggiungiamo quindi anche noi al lungo elenco di coloro i quali dicono “Sveglia, Europa!”? Sì, impossibile non farlo.
Ma va fatto in concreto, concentrandosi su 3 punti molto concreti: 1) denaro da investire 2) processi da cambiare 3) mercato unico da creare.
Non sarà facile perché la storia non si modifica per legge, ma da qualche parte bisognerà pur cominciare.
Un valido programma sta scritto nel Rapporto Draghi, con particolare riferimento ai temi economici e del digitale. Servirà tanto coraggio e pazienza per renderlo realtà ma, di nuovo, un punto di innesco va creato.
Ultima nota sull’Italia: abbiamo già scritto che Giorgia Meloni è in una posizione di grande privilegio visto il suo rapporto diretto con il vertice massimo del Trump II.
Ma è un privilegio che richiederà grandissimo equilibrio e saggezza nella sua concretizzazione, in bilico tra tutelare gli interessi dell’Italia, rafforzare l’Europa e non perdere il favore dell’Amministrazione Usa.
L’ormai nota cautela e prudenza della Premier fanno pensare che sia nelle sue corde farlo.
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