Le Regioni spendono troppo da anni per i dispositivi medici. Per ripianare questo eccesso di spesa, dal 2015 (governo Renzi) è stato introdotto il cosiddetto payback sanitario, che prevedeva che il 50% dell’esborso sullo sforamento dei tetti di spesa regionali fosse a carico delle aziende del settore biomedicale. Perché “prevedeva”? Perché dopo 8 anni di peso sulle spalle delle imprese, il Governo Meloni ha deciso di cambiare strada, e intanto in settimana con una misura inserita nel Dl Caldo ha prorogato dal 31 luglio al 30 ottobre il termine per il versamento degli importi dovuti a titolo di payback dalle imprese fornitrici di dispositivi medici al Servizio Sanitario Nazionale. Potrebbe essere il chiaro segnale che l’Esecutivo sia già al lavoro per cercare una soluzione strutturale a questo esempio classico di misura “cane che si morde la coda”. Per ora è una boccata di ossigeno per tutte le imprese del settore. Sul tavolo balla solo per quest’anno la bellezza di circa un miliardo di euro a carico delle aziende. Se considerate eventualmente pesante questa cifra per le casse dello Stato, immaginate che sorta di meteorite si è abbattuto e si abbatte ogni anno da quasi un decennio sul pianeta privato del biomedicale. L’allarme di Federchimica Assobiotec Fabrizio Greco, Presidente Federchimica Assobiotec e AD AbbVie Italia: “Il payback è la soluzione sbagliata ad un problema reale. Esiste da anni un sottofinanziamento del bisogno di salute, sia per la spesa farmaceutica che per quella biomedicale, e quindi dobbiamo insistere affinché ci siano le risorse sufficienti per far soddisfare i bisogni di salute dei cittadini. La proroga ad ottobre del pagamento del payback per i DM è certamente una buona notizia perché consente di avere più tempo per cercare una soluzione che deve essere innanzitutto prospettica. Oggi il payback, soprattutto della parte farmaceutica, incide solo sulle aziende che fanno innovazione che è sostanzialmente biotecnologica. Alla fine incide come ulteriore tassa sulle aziende che innovano, e questo non fa altro che rendere il nostro Paese ancora meno attrattivo per gli investimenti esteri. Ecco perché bisogna trovare un modo per risolvere la questione, altrimenti difficilmente riusciremo ad attrarre nuovi investimenti in Italia e, soprattutto, non riusciremo a dare risposte adeguate ai bisogni dei pazienti”.