Salute
UE: il Piano per la lotta contro il cancro ignora il principio di riduzione del danno
Di Redazione
Come previsto dalle linee programmatiche della Presidente Ursula von der Leyen e dal mandato assegnato alla Commissaria alla salute Stella Kyriakides, la Commissione Europea ha pubblicato il Piano per la lotta contro il cancro (European Beating Cancer Plan), esattamente un anno dopo la conferenza di presentazione presso il Parlamento Europeo. Il piano affronta la malattia in tutte le sue fasi, dai trattamenti alla qualità della vita dei pazienti guariti. Uno dei filoni principali d’intervento è chiaramente la prevenzione, in quanto circa il 40% dei casi di cancro sono da ricondurre a comportamenti e abitudini personali modificabili, quali alimentazione disequilibrata e consumo di alcool e tabacco.
In particolare nel settore del tabacco, il Beating Cancer Plan definisce approccio e obiettivi della Commissione in un momento chiave per la regolamentazione europea. Le ormai prossime revisioni delle Direttive sui Prodotti del Tabacco (TPD – Tobacco Products Directive) e sulla loro tassazione (TED – Tobacco Excise Directive) definiranno il quadro legislativo dei prossimi anni, indirizzando lo sviluppo di un mercato profondamente rivoluzionato dall’avvento dei prodotti di nuova generazione.
Nonostante i numerosi studi a sostegno della minor nocività dei prodotti di nuova generazione rispetto alla sigaretta tradizionale, nonché della loro maggiore efficacia nel processo di cessazione dal fumo, la Commissione ha scelto ancora una volta di ignorare il principio di riduzione del danno, promuovendo invece l’equiparazione tra i due prodotti. Tra le misure previste nell’ambito del Beating Cancer Plan ci saranno dunque il divieto di utilizzo della sigaretta elettronica anche all’aperto, l’introduzione di un divieto per gli aromi e un approccio ancora più severo nei confronti della pubblicità.
“Un’occasione persa per aiutare tutti coloro che ogni anno rischiano di contrarre malattie legate al fumo” ha commentato Umberto Roccatti, Vicepresidente dell’Independent European Vape Alliance (IEVA), associazione paneuropea che riunisce produttori e grossisti del settore. “E’ con rammarico che notiamo come il piano europeo anti cancro non abbia attuato un approccio basato sui fatti scientifici nei confronti di questa dipendenza, anzi al contrario abbia messo sullo stesso piano, ideologicamente, fumo tradizionale e prodotti a rischio ridotto” ha proseguito Roccatti.
Tralasciando in questa sede le discussioni ideologiche in nome della libertà di scelta e comportamento dei consumatori, l’ennesimo mancato riconoscimento del principio di riduzione del danno da parte della Commissione Europea in un momento così decisivo per il futuro di un mercato con impatto diretto sulla salute dei cittadini e sulle economie degli Stati Membri, non può che aprire una discussione sull’efficacia dell’approccio proposto dalla Commissione: si tratta davvero di un’occasione persa?
A giudicare da una cospicua letteratura scientifica e dai recentissimi dati dell’Eurobarometro, sembrerebbe proprio di sì. Sono infatti ormai numerosi gli studi che certificano come i prodotti di nuova generazione non rappresentino una causa primaria di cancerogenicità del tratto respiratorio, riducendo sensibilmente l’esposizione dei consumatori alle sostanze tossiche presenti invece nelle sigarette tradizionali.
Anche la tesi per cui i prodotti di nuova generazione fungerebbero da gateway per l’iniziazione al fumo non risulta supportata da basi scientifiche. Secondo i dati dell’Eurobarometro pubblicati a febbraio 2021 infatti, il tabacco tradizionale (87%) resta ampiamente il prodotto più utilizzato nelle prime esperienze, mentre la sigaretta elettronica si attesta solamente al 2%. Inoltre, è importante sottolineare che il numero totale dei fumatori continui a decrescere, a dimostrazione di come i prodotti di nuova generazione non costituiscano un fattore nell’iniziazione al fumo.
Semmai, è nel processo di cessazione che tali prodotti giocano un ruolo fondamentale. Nel suo parere elaborato su richiesta della Commissione Europea, anche il Comitato Scientifico sui rischi sanitari e ambientali emergenti ha infatti riconosciuto come le sigarette elettroniche siano lo strumento più utilizzato da chi ha efficacemente smesso di fumare, a conferma dei numerosi studi scientifici e delle best practices di politiche antifumo portate avanti da alcuni paesi, in primis la Gran Bretagna. “Oltre l’80% dei fumatori non riesce o non vuole smettere di fumare, e per essi non esiste un piano da parte delle istituzioni sanitarie: siamo quindi stupiti di come la Commissione non voglia incentivarne l’uso, considerate le percentuali di successo nettamente superiori rispetto a farmaci o altre terapie”, ha dichiarato Roccatti.
Se l’obiettivo del piano europeo per la lotta contro il cancro è dunque il contrasto ai fattori di rischio modificabili, quali il consumo di tabacco, l’equiparazione normativa tra la sigaretta tradizionale e il mezzo più efficace per ridurne l’utilizzo risulta quantomeno illogico, oltre che privo di fondamento scientifico: un po’ come uscire durante una giornata di pioggia con l’obiettivo di non bagnarsi, ma vietando di utilizzare ombrello o impermeabile, con l’unica alternativa di non uscire affatto.
La lotta al cancro è una delle priorità di questa legislatura europea. Anche il Parlamento ha deciso di istituire una Commissione speciale interamente dedicata, all’interno della quale alcuni deputati hanno già espresso perplessità sull’approccio della Commissione nei confronti dei prodotti di nuova generazione. In considerazione della particolare congiuntura regolatoria che definirà lo sviluppo del mercato, ogni decisione dovrebbe essere presa non in nome di principi dogmatici non supportati da evidenze di efficacia, ma sulla base di un approccio pragmatico, fondato su prove scientifiche e best practices nazionali, mettendo bene a fuoco l’obiettivo comune di autorità e industrie del settore: la tutela della salute del consumatore.
Mattia Silvestri