I problemi della sanità pubblica italiana sono ben noti. E uno dei nodi principali da sciogliere è quello delle liste d’attesa troppo lunghe. Il governo è da poco intervenuto con un decreto ad hoc e ovviamente si parla molto della necessità di più risorse economiche ed assunzioni. Tuttavia il problema si può affrontare, sì con le risorse, ma da altre angolazioni: ad esempio attraverso l’uso mirato della tecnologia. La cosiddetta telemedicina (e teleassistenza) è un modo per cercare di ridurre il numero di visite in presenza, le ospedalizzazioni, il numero di accessi impropri al pronto soccorso e la prescrizione di esami non necessari.
Attraverso dei sistemi digitali di interfaccia e di condivisione dei dati, il medico può decidere quando è possibile non convocare il paziente in ambulatorio e avrà a sua disposizione più dati e strumenti per operare anche da remoto, disponendo in tempo reale delle diagnosi, degli esami e delle cure già effettuate in regioni diverse da quella dove lavora lui o eseguite parecchio tempo fa. Con il Pnrr è stato stanziato un miliardo per la telemedicina e ora c’è anche la riforma dell’assistenza territoriale.
La situazione e le prospettive
Il Consigliere dell’Osservatorio “Salutequità” Sabrina Nardi, partecipando a Largo Chigi, il format di The Watcher Post, ha detto che la telemedicina ha chiari vantaggi e gli obiettivi devono essere l’equità di accesso alle cure pure nelle aree interne, come quelle montuose e quelle delle isole lontane dai servizi. «Sono circa 4.000 i comuni delle aree interne, per un bacino di 10.000 persone. La telemedicina nelle linee guida si pone di beneficiare ai malati cronici in particolare, riducendo le ospedalizzazioni e aumentando la capacità autogestirsi. Il digitale può anche semplificare il rinnovo del piano terapeutico», ha sottolineato Nardi, aggiungendo che «nel 2023 4.500 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi per liste d’attesa troppo lunghe e problemi economici. Ma poi intasando poi il pronto soccorso quando il problema si aggrava. Chi rinuncia di più sono gli anziani e le donne. Al Nord è il Piemonte dove si rinuncia di più, al Centro è nel Lazio e in Sardegna al Sud, qui i numeri sono raddoppiati nel 2023.
«La telemedicina agisce ovviamente dopo la prima visita, nei controlli. Importante individuare i Livelli essenziali di prestazione (Lep) e i Livelli essenziali di assistenza (Lea) anche per la telemedicina, in funzione peraltro dei percorsi diagnostici. Comunque decide il medico quando fare la prestazione in telemedicina e ne va valutata l’efficacia», ha concluso Nardi.
La presa in carico
«Sono tanti i malati cronici, anche per il successo delle cure che tengono in vita. Ma serve l’apporto della medicina territoriale, come ad esempio le case di comunità, che possono fare la presa in carico e seguire il paziente senza dover sempre passare per l’ospedale o il medico di base. Fondamentale quindi che le case di comunità previste nel DM 77/2022 diventino realtà. Poi la tecnologia: ad esempio un infartuato, che ha necessità di assistenza a 360°, sarà supportato con la telemedicina e la teleassistenza. Il sistema deve organizzarsi già dopo le prime cure, altrimenti ne fa le spese il pronto soccorso con accessi inappropriati e si fanno troppi esami non necessari – ha affermato Francesco Ciancitto, deputato di FdI, a Largo Chigi –. Con il decreto sulle liste d’attesa si introduce la Piattaforma Unica per la prenotazione delle visite, a mio avviso un grande aiuto. Trovo che la piattaforma dovrebbe essere in grado di prenotare non solo nelle strutture pubbliche ma anche in quelle accreditate. In generale in futuro serviranno sicuramente altre risorse».
La medicina territoriale riduce liste attesa ma servono più risorse
A Largo Chigi c’era anche Ylenja Zambito, senatrice Pd e Segretario Commissione Sanità, secondo la quale «il Pnrr sarà molto utile sulla digitalizzazione della sanità, ne sono convinta. Così si potranno ridurre le liste d’attesa. Pensate a un paziente che si sposta da regione a un’altra per le cure e i medici non possono consultare tutte le indagini diagnostiche fatte altrove, Così vengono prescritte di nuovo e se ne aggiungono altre. Di tratta di uno spreco di risorse e di un ritardo nella presa in carico. Un ruolo in tal senso può giocarlo la medicina territoriale, specialmente sui percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali in ambito regionale. Si deve fare di più sulle assunzioni e sugli investimenti, non cercare solamente di ridurre costi ed errori».
Il contributo delle aziende private
In questo quadro è interessante conoscere il contributo delle aziende private alla digitalizzazione della sanità. Una delle realtà coinvolte è “Miodottore”, società fondata da Luca Puccioni, che ne è attualmente Ceo. Puccioni ha spiegato nel format di The Watcher Post che Miodottore vuole rendere l’esperienza del paziente «più umana», ma anche per via di «soluzioni digitali interoperabili e integrate. Così si gestisce meglio il flusso di pazienti dalla prenotazione della visita in poi. Per i pazienti, mediante la piattaforma Miodottore, è possibile scegliere il medico giusto con le migliaia di recensioni disponibili. La prenotazione si fa direttamente tramite il servizio. Siamo da 9 anni sul mercato italiano assistendo 9 milioni di italiani. Fin ora abbiamo digitalizzato 50.000 medici. Anche quelli di medicina generale. La tecnologia riduce gli accessi impropri e il carico burocratico per i medici, così che i medici di di medicina generale risparmiano tempo sulle prescrizioni e possono recuperare molte ore di lavoro sui pazienti. Con le notifiche abbiamo inoltre ridotto del 60% le dimenticanze delle visite che magari erano state prenotate molto tempo prima. Le visite fatte online grazie a Miodottore sono invece circa il 10%».
La puntata integrale di Largo Chigi