Sono passati esattamente 40anni dall’introduzione della legge 194/78 che regolamenta la possibilità di interrompere la gravidanza, e i passi in avanti sulla materia sono tangibili. Il dato diffuso da Emilio Arisi Presidente dalla SMIC – Societa' Medica Italiana per la Contraccezione – racconta, infatti, di una diminuzione del 5% delle interruzioni volontarie di gravidanza. Il dato, inoltre, evidenzia come Il ricorso all'aborto è diminuito in tutte le classi di età, in particolare tra le giovanissime. Un risultato positivo non casuale e correlato con l’opportunità per le donne maggiorenni di poter acquistare liberamente in farmacia la contraccezione di emergenza senza dover presentare la ricetta medica. Sempre di più appare, quindi, fondamentale far comprendere come la contraccezione d'emergenza, sia uno strumento importante per scongiurare il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza tutelando così la salute psico-fisica delle donne.
Nello specifico, nel 2017 ne sono state notificate 80.733, confermando il continuo andamento in flessione del fenomeno: -4,9% rispetto al dato del 2016 e -65,6% rispetto al 1982, anno in cui si è osservato il più alto numero di ivg in Italia, pari a 234.801 casi. Il ricorso all’IVG – Interruzioni Volontarie di Gravidanza – nel 2017 è stato assolutamente omogeneo, e i tassi di abortività più elevati restano fra le donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Il 46.7% delle donne italiane che hanno abortito era in possesso di licenza media superiore, mentre il 45.5% delle straniere aveva la licenza media. Inoltre, per le italiane la percentuale delle nubili (59.4%) è in aumento e superiore a quella delle coniugate (34.3%), mentre nelle straniere le percentuali sono molto più simili (46.5% le coniugate, 48.1% le nubili). Il dato italiano, aggiunge il Ministero della Salute nella relazione che ha trasmesso al Parlamento, “rimane tra i valori più bassi a livello internazionale” specificando che il ricorso all’aborto tra le giovani in Italia rispetto a quanto registrato negli altri Paesi dell’Europa Occidentale. Diminuzioni percentuali particolarmente elevate, evidenzia la Relazione, si osservano in Liguria, Umbria, Abruzzo e PA di Bolzano, mentre la PA di Trento è l’unica con un lieve aumento di interventi.
Rispetto alla situazione del Trentino è l’Assessore regionale alla sanità Segnana ad esprimere una valutazione. Nel 2017 gli aborti in Trentino sono stati 703 mentre l'anno prima – nel 2016 – erano stati 684. Una crescita dunque su base annuale. Ma si tratta di quasi la metà rispetto a dieci anni fa. In realtà l'ultimo aumento, di poche unità, è comunque uno scalino in un lungo trend di diminuzione delle interruzioni volontarie visto che le interruzioni volontarie erano dieci anni fa quasi il doppio. «In un momento in cui la politica provinciale di Trento si pone degli obiettivi per contrastare la denatalità e aiutare le coppie ad avere figli – aggiunge l’assessore Segnana – leggere di un aumento dei casi di aborto volontario richiede un’analisi approfondita e una valutazione attenta».
Chiosa finale dedicata ai dati su i ginecologi obiettori di coscienza. La percentuale di medici obiettori rispetto all’interruzione volontaria di gravidanza (ivg) è pari tra i ginecologi al 68,4%, quasi 7 su 10, ma per quanto riguarda i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore, sia su base regionale che considerando le singole strutture, non si evidenziano particolari criticità nei servizi di ivg. “I decrementi osservati nei tassi di abortività – rileva il ministro della Salute Giulia Grillo nella Relazione – sembrano indicare che tutti gli sforzi fatti in questi anni, specie dai consultori familiari, per aiutare a prevenire le gravidanze indesiderate ed il ricorso all’ivg stiano dando i loro frutti, anche nella popolazione immigrata.