Salute

Insufficienza intestinale cronica benigna e sindrome dell’intestino corto: verso un modello territoriale di presa in carico in Lombardia

07
Marzo 2025
Di Marta Calderini

Serve un approccio strutturato per la corretta presa in carico dei pazienti affetti da Insufficienza Intestinale Cornica Benigna e Sindrome dell’Intestino Corto (IICB e SBS). In Lombardia associazioni, esperti e istituzioni stanno facendo passi avanti, in un contesto in cui ancora non c’è un modello unitario sviluppato a livello del Sistema Sanitario Nazionale. Per parlare di questo, ieri nella Sala Gonfalone di Palazzo Pirelli a Milano, si è svolto il convegno “Insufficienza intestinale cronica benigna e sindrome dell’intestino corto: verso un modello territoriale di presa in carico”, promosso dall’Associazione “Un Filo per la Vita Onlus” e realizzato con il contributo non condizionante dell’azienda farmaceutica Takeda.

Urge intervenire
L’insufficienza intestinale cronica benigna – IICB è la più grave insufficienza d’organo dovuta alla persistente riduzione della funzione intestinale sotto il minimo necessario per l’assorbimento di macronutrienti, acqua ed elettroliti, tale da richiederne la nutrizione per via venosa per mantenere lo stato di salute. Nonostante questo, non è riconosciuta come tale dal nostro Servizio Sanitario Nazionale.

La necessità di un riconoscimento ufficiale
I dati epidemiologici evidenziano che il 40% dei casi di IICB è rappresentato dalle complicanze di malattie già riconosciute dal SSN, mentre la parte restante dei casi è legato a patologie, tra cui la sindrome dell’intestino corto che rappresenta tra il 50% e il 60% delle cause di insufficienza intestinale in età pediatrica, che non possiedono tale riconoscimento.

Il tavolo regionale
La circostanza determina una inaccettabile disparità di trattamento all’interno della comunità di pazienti, adulti e pediatrici, affetti dalla medesima insufficienza d’organo, con gravi ripercussioni in termini di accesso alle cure. Come ha ricordato il Professore Gian Vincenzo Zuccotti, Direttore Dip. Pediatria Ospedale Vittore Buzzi «attualmente in Italia sussiste un vuoto legislativo per cui alcune forme di IICB derivate da resezione intestinale non godono di nessuna copertura sanitaria, non essendo inquadrate come esenzione o malattia rara». Ad oggi, infatti, sono solo due le Regioni che hanno riconosciuto la IICB come malattia rara in extra LEA: Piemonte e Valle D’Aosta. «Per questo motivo ha concluso Gian Vincenzo Zuccotti, Direttore Dipartimento Pediatria dell’Ospedale Vittore Buzzi – l’Ospedale dei bambini – Buzzi insieme a Regione Lombardia ed alle Associazioni Pazienti si sono fatti promotori di un tavolo regionale ad hoc per individuare i percorsi assistenziali più idonei e garantire la copertura assistenziale regionale».

Gli obiettivi in Lombardia
Il tavolo di cui parla il Prof. Zuccotti, che è stato istituito su impulso della Direzione generale Welfare della Regione Lombardia e coinvolge esperti clinici, ha due obiettivi principali: da un lato identificare e analizzare le problematiche esistenti, dall’altro proporre delle soluzioni e valutare le azioni da intraprendere per soddisfare i bisogni dei pazienti e garantire un percorso di presa in carico lineare e coerente.

La necessità di spinte legislative
L’evento ha permesso di avviare un confronto con i principali centri di riferimento e di Nutrizione Artificiale Domiciliare (NAD) della Lombardia, per individuare le aree di miglioramento nella gestione dei pazienti, un aspetto fondamentale come ha ricordato Sergio Felicioni, Presidente dell’Associazione Un Filo per la Vita Onlus, così commentando: «è necessario e auspicabile che la IICB e la Sindrome dell’Intestino Corto siano riconosciute malattie rare anche in Lombardia, perché ciò porterebbe benefici concreti, e avvierebbe un sistema virtuoso e migliorativo per le condizioni di vita e di cura del paziente non indifferente. Rientrare nell’elenco potrebbe assicurare ai soggetti affetti da IICB, che sono pazienti ad alto rischio di vita, specifiche forme di tutela. Inoltre si garantirebbe una tempestiva diagnosi e l’appropriata terapia mediante l’adozione di protocolli concordati».

La Policy messa a punto per la Regione
Durante il convegno è stato presentato un documento di policy recommendation, contenente 10 linee di indirizzo. Tra queste, il riconoscimento in extra-LEA regionali dell’SBS e dell’IICB con un codice esenzione, l’aggiornamento normativo proseguendo l’implementazione delle procedure operative uniformi attraverso la piena applicazione del Decreto n. 14274 del 25/10/2021, la creazione di un PDTA regionale ispirandosi al modello piemontese e di un registro per la raccolta dati e monitoraggio, l’aggiornamento del nomenclatore, l’introduzione di regole di prescrivibilità dei farmaci ad alto costo garantendo sostenibilità economica e accessibilità per i pazienti, la semplificazione economica e burocratica, la definizione dei criteri per la codifica dell’IICB al fine di riconoscere l’esenzione, la riorganizzazione dei centri di riferimento, la creazione di una rete per garantire uniformità nei protocolli e continuità assistenziale e la formazione del personale medico e sanitario.

Equipe e cure al centro
Su questo ultimo punto si è concentrato l’intervento di Lorenzo Norsa, Dirigente Medico Gastroenterologia Pediatrica, Nutrizione dell’Ospedale Vittore Buzzi: «La formazione è un elemento chiave: un percorso a 360° con un approccio multidisciplinare permette di prevenire le complicanze. Senza un team specializzato e adeguatamente formato, il rischio di arrivare al trapianto è elevato e con lui il rischio di complicanze, anche gravi. Un confronto tra Stati Uniti ed Europa lo dimostra chiaramente: negli USA, dove mancano team multidisciplinari, il numero di trapianti è altissimo. Al contrario, in Francia, che è stata la prima al mondo a eseguire un trapianto di intestino, oggi questi interventi sono quasi azzerati grazie alla centralizzazione delle cure e alla presenza di équipe multidisciplinari che prendono in carico il paziente in modo efficace».

Istituzioni presenti
In rappresentanza di Regione Lombardia è intervenuta Silvia Scurati, Vicepresidente della IV Commissione “Attività produttive, istruzione, formazione e occupazione” di Regione Lombardia, nonché componente della IX Commissione “Sostenibilità sociale, casa e famiglia. La consigliera ha ricordato che per realizzare il percorso intrapreso dalla Regione con il supporto dell’Associazione “Un Filo per la Vita Onlus” e dei clinici «ci sono sicuramente alcuni punti che vanno messi a fuoco: in primis, avere dei dati epidemiologici certi e consolidati, anche per quanto riguarda gli adulti; il secondo è la necessità di avere un registro per quantificare non solo il numero di pazienti, ma anche la loro distribuzione geografica a livello nazionale per supportare il Servizio Sanitario Nazionale a definire i costi relativi alla presa in carico e alla cura di queste patologie. Questi sono i due dei fattori sui quali possiamo iniziare a lavorare da subito. I temi da affrontare sono davvero molti e Regione Lombardia è pronta ad affrontarli tutti e a collaborare con gli attori coinvolti per portare a termine con successo il percorso iniziato insieme. La creazione di un modello territoriale di presa in carico dei pazienti con IICB-SBS è necessaria per migliorare significativamente la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie, offrendo loro maggiore sicurezza e supporto».

Sulla necessità di portare avanti un lavoro globale e nazionale per l’identificazione di percorsi di cura adeguati e personalizzati per i bambini affetti da questo tipo di patologia è intervenuta anche Laura Chiappa, dirigente dell’Unità Operativa Polo Ospedaliero della Regione Lombardia.

Durante il convegno, moderato dal giornalista di The Watcher Post Jacopo Bernardini, sono intervenuti anche Margherita Gregori, Segretario Generale “Un Filo per la Vita Onlus”, Riccardo Caccialanza, Direttore SC Dietetica e Nutrizione Clinica dell’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia ed Ettore Corradi Direttore f.f. della Struttura Complessa di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano.