Salute
Farmaci innovativi: Fondo incrementato, ma resta il nodo dei tre anni
Di Alessandro Caruso
Se in legge di bilancio si è deciso di intervenire in modo deciso a sostegno del Fondo per i farmaci innovativi, oncologici e non, il motivo è molto chiaro: l’Italia vuole continuare a battere questa strada che la vede primeggiare in Europa sul fronte delle terapie innovative. La Manovra ha previsto, infatti, l’integrazione del Fondo per il rimborso alle Regioni delle spese sostenute per l’acquisto di farmaci innovativi con 100 milioni per il 2022, 200 milioni per il 2023 e 300 milioni per il 2024.
Il tema è di grande impatto sociale, perché parliamo, ad esempio, di farmaci per l’immunoterapia, che permettono di strutturare cure molto efficaci contro malattie gravi e con un preoccupante tasso di incidenza, come varie tipologie di tumori. Per questo il nostro servizio sanitario ha deciso di favorire il paziente, mettendolo in condizione di accedere alle cure più impattanti, garantite dallo stato.
Ma la strada è ancora lunga per rendere questo sistema ulteriormente fluido ed efficace, come è stato spiegato anche nel corso del The Watcher Talk “Innovation for a better life”, andato in onda mercoledì 15 dicembre. Questa esigenza è resa ancora più impellente alla luce di un possibile aumento delle diagnosi tardive dovute al blocco degli screening avvenuto durante il periodo pandemico, che rischia di provocare un effetto “tsunami” nella richiesta di accesso alle cure: «In generale – ha spiegato il prof. Pinto, presidente del Ficog (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups) – abbiamo assistito ad una riduzione del 30% delle diagnosi a livello nazionale. Alcune regioni hanno recuperato, ma la maggior parte no, quindi servirà un’adeguata disponibilità di farmaci innovativi per fare fronte a un inevitabile aumento della richiesta di terapie nei prossimi anni».
E questo aspetto è legato al problema principale, che riguarda la durata del requisito di innovatività, che attualmente è fissata a tre anni. Passati i tre anni il farmaco non viene più considerato innovativo e quindi esce dal sistema garantito dal Fondo e diventa interamente a carico della regione, con potenziali impatti sull’accesso da parte dei pazienti. «Alcune regioni – ha aggiunto Pinto – hanno previsto con fondi aggiuntivi risorse per i farmaci che uscivano dal Fondo, ma la grande maggioranza delle regioni non lo ha fatto e ciò può comportare importanti problemi di bilancio».
Il professor Pinto non ha dubbi: «La durata dei 36 mesi non ha senso, è necessario pensare a una modalità diversa di pesare il costo di questi farmaci: un’idea sarebbe quella di contestualizzarlo nell’ambito dell’intero percorso terapeutico per una determinata patologia e non di considerarlo legato alla singola prestazione. Fino a quando un farmaco è innovativo deve rimanere all’interno del Fondo, così da riequilibrare le spese all’interno delle Regioni». Ad ogni modo, aggiunge: «Il Fondo era nato come una soluzione ponte. Quello di cui c’è veramente bisogno è una riforma del sistema di finanziamento della sanità pubblica per quanto riguarda la spesa farmacologica».
In sostanza, un farmaco dovrebbe essere definito innovativo fino a quando rappresenta l’unico baluardo per contrastare una determinata patologia, a prescindere dai tre anni, considerando, quindi, il criterio scientifico come centrale nella valutazione di innovatività. E questa rappresenta la prossima sfida della politica. Come ha spiegato l’onorevole Michela Rostan, che da anni segue questo argomento in Commissione Affari sociali della Camera, di cui è vicepresidente: «Dovremmo conoscere meglio le emergenze che possono nascere quando un farmaco esce dal criterio di innovatività e quali ricadute possono esserci sui pazienti – ha detto -. La politica deve interpretare questa necessità. Non si tratta solo di un problema di budget. Del resto, una maggiore permanenza dei farmaci nel Fondo ha nel tempo un minore impatto dal punto di vista sociale ed economico, quindi sarebbe il momento di considerare questa opportunità un investimento e non una semplice voce di spesa».
Sulla durata di permanenza dei farmaci innovativi all’interno del fondo dedicato è giunta anche la voce dei pazienti con il Segretario di Cittadinanzattiva Campania, Lorenzo Latella, il quale, ha ribadito che «36 mesi non sono un tempo adeguato» e, in assenza di alternative terapeutiche di maggiore efficacia, il farmaco esistente deve rimanere in un ambito di innovatività perché questo garantisce al paziente un percorso di cura adeguato con tempistiche stringenti e una qualità di vita maggiore. Su quest’ultimo aspetto ha ricordato come l’Italia si posizioni ai primi posti in Europa per la più alta aspettativa di vita alla nascita, ma siamo agli ultimi posti per qualità di vita con patologia, soprattutto se oncologica. Ciò premesso, ha così concluso «noi dobbiamo migliorare in quel settore per semplificare tutto il percorso di cura del paziente garantendo, attraverso un sistema integrato, l’accesso ai farmaci innovativi in tempi rapidi e certi, partendo sempre da un percorso di prevenzione. Siamo stati tra i primi Paesi ad aver capito che era necessario istituire dei Fondi dedicati per i farmaci innovativi, non perdiamo questa esperienza facendo uscire da questa categoria farmaci che invece ancora sono fondamentali».