Politica

Verso le elezioni. Panico nel Palazzo per l’effetto flipper o “sindrome da Occhionero” 

03
Agosto 2022
Di Ettore Maria Colombo

Panico tra le fila di Azione. Panico tra le fila di Impegno Civico (ex Ipf, il partito di Di Maio). Panico tra le fila dei ‘piccoli’, o nanetti’, alleati al Pd. Qualche grosso grattacapo tra i rosso-verdi, quelli della lista ‘cocomero’. Panico, ovvio, in Iv. Invece, tra i 5Stelle, tornano, beffardi, i sorrisi. Ieri, la Camera dei Deputati assomigliava a un brutto funerale che si tiene con rito anticipato. Al netto dei deputati che sono già certi di ‘morire’, nel senso che non verranno ricandidati, nuovi ‘esodati’ della Politica, causa taglio delle ‘unità’ decretate nel 2017 (da 945 diventeranno 600, -345, manco alla Fiat dell’era Marchionne…), tra le fila dei partiti minori che lottano, sia dentro che fuori le coalizioni maggiori, per agguantare il 3% e, dunque, risultare eletti, strappare un seggio, è tutto un fare di calcolo, un sudare, un intristirsi. 

“Riesco a strappare il biglietto della Lotteria?”
“Qui il problema non è vincere alla lotteria, ma strappare un biglietto che ti possa permettere di partecipare, a quella lotteria. Vincerla, la lotteria, sarà un’altro paio di maniche”. Parla così un deputato piemontese che nessuno, tranne gli addetti ai lavori, conosce. È il leader di una piccola formazione collegata al centrosinistra, ma preferisce non comparire. L’uomo è assai umile, ma ieri tutti a cercarlo, compulsarlo, domandargli se, “caro Giuseppe (nome di fantasia, ndr.), scusami, ma io ho qualche possibilità di farcela?”. 

Il problema è che la risposta ‘dipende’ da una serie complessa di fattori che derivano, in parte, dalla legge elettorale, il Rosatellum, e in parte da altri dati (affluenza, astensionismo, votanti, voti). Volendo evitare di farla troppo complicata, cioè di non nominare parole incomprensibili ai più tipo “quoziente eccedente” e “quoziente deficitario”, “recupero dei resti su scala nazionale o regionale” (a Camera l’uno, al Senato l’altro), “circoscrizioni plurinominali proporzionali” (il 61%) e “collegi maggioritari uninominali” (37%), più il 2% di seggi all’Estero (proporzionale puro), ma anche “capolista bloccati” (sono 20 al Senato, 28 alla Camera) e “candidature plurime” (fino a 5 nei listini proporzionali, più una nel collegio), e pure “l’alternanza di genere” tra uomo e donna, ecco, se fin qui non vi è venuto un gran mal di testa, la verità, “quella dal lato brutto cui non si rimedia” (citazione di Ivano Fossati) è questa. 

Trasformar voti in seggi. Gradazioni di colore
Ricapitolando, e tralasciando la domandona ‘dalle cento pistole’ (come si trasformano i voti in seggi?) sotto l’1% i tuoi voti valgono ‘zero’, vengono cioè buttati, non servono a nessuno, neppure agli altri partiti delle liste concorrenti. Se prendi dall’1% al 3% non eleggi nessuno, ma porti voti (e seggi) alla tua coalizione, se sei in coalizione. Quindi, anche Bonelli e Fratoianni – i ‘reietti’, agli occhi di Calenda che non li vuole nei collegi come pure non vuole Di Maio – se la rischiano: si giocano tutto dentro i listini, pur da capolista. Ma, anche se passi il 3% e, diciamo, fino al 5-6%, ma c’è chi dice fino all’8%, non sai, in buona sostanza, ‘dove’ eleggi e ‘chi’ eleggi, parlando sempre di listini proporzionali bloccati e non, si capisce, dei singoli collegi uninominali dove ‘the fist past the post’ (viene dall’ippica e, in inglese, vuol dire ‘il primo prende tutto’). In compenso, però, dato che tu porti una bella ‘dote’ (un tot di voti che ‘non’ si trasforma in seggi perché sei rimasto tra l’1% e il 3% ma non hai superato la soglia di sbarramento) è giusto darti quello che Letta chiama, con sonoro disprezzo dei più ’piccoli’ suoi alleati, il “diritto di tribuna”. Ergo, la lista ‘cocomero’ avrà un pugno di collegi blindati in cui potrà candidare le novelle ‘Greta’ della Lucania o del Friuli (società civile di estrema sinistra, radicale, libertaria, ecologista), i cui seggi, con grande probabilità, scatteranno, ma non può dire la stessa cosa (certezza di elezione) per i leader che devono superare il fatidico 3%. 

Le facce disperate dei dimaiani… E ora? 
Certo è che, nel Transatlantico di Montecitorio, le facce dei deputati di Impegno Civico (già ex Ipf – Insieme per il Futuro, si è fuso con CD, Centro Democratico di Bruno Tabacci) erano pessime. Scorate, per lo più. Disperate, in alcuni casi. Sorridenti, ma con un ghigno stile Joker, per altri. Tutti in attesa di incontrare, nell’assemblea congiunta dei gruppi di Ifp che si è tenuta a sera, il loro leader, ‘Gigino’. Il quale dice loro, scuro in volto, che “una coalizione si fa sui programmi, è quindi adesso necessario aprire una riflessione. Dovremo rivederci e fare un punto tra di noi”… 

Ieri mattina, Di Maio si è trovato sbalzato dal collegio uninominale che credeva di avere dal Pd. Succede, infatti, che Carlo Calenda, nuovo ‘dominus’ di una coalizione di centro-sinistra che avrà, così dice lui, due ‘front runner’ (lui e Letta), ha preteso e imposto, a Letta, il suo diktat. Quelli che ritiene gli ‘impresentabili’, gli ‘indigeribili’ (la lista è lunga: si va da Bonelli e Fratoianni fino, appunto, a Di Maio) non devono essere candidati nei collegi uninominali maggioritari, ma solo nei listini proporzionali di ognuno dei partiti alleati. 

Ma i collegi sono i soli posti dove, godendo del traino del Pd, i leader dei partiti potevano avere matematica certezza di elezione. Bonelli e Fratoianni se la ridono: “è passato il nostro lodo. Noi ci mettiamo la faccia, sulla nostra lista, sicuri di fare il 3%. Siamo già al 5%, molto più di Calenda, vedrai!”. 

Il problema è però tutto in casa di Di Maio. Ieri sera, alla Farnesina, è corso Enrico Letta per cercare di ricucire, recuperare, far sbollire bile e ira funesta che non è solo sua, ma pure dell’ex dc Tabacci. Il quale, però, non essendo un ‘ex’ (M5s), ma un ‘ex-ex’ (di tanti partiti) ha ‘diritto’ a un collegio. E tutti gli altri, cioè 53 deputati e 11 senatori? Se Di Maio (e Tabacci) avranno “diritto di tribuna”, come gli ha garantito Letta, nel ‘listone’ del Pd, chi capeggerà la lista di Impegno civico che, tra le tante altre cose, porta il suo nome nel simbolo che è stato appena messo? E come si fa a fare campagna elettorale per una lista trainata da altri con altri candidati tranne lui? 

Infatti, causa Rosatellum, ma pure causa il buon senso, non ci si può candidare in due liste, anche se collegate in coalizione (Impegno Civico e Pd), ma solo in una delle due. Siamo al non sense. Se Di Maio si candida con il Pd, nel proporzionale, magari pure da capolista, gli ‘altri’ dei suoi (chi?) fanno i capilista che devono cercare i voti, casa per casa, della lista ‘Ape’ (sta nel simbolo). Solo che così Di Maio ce la fa, i secondi se ne dubita. Infatti, riuscire a passare lo sbarramento al 3% è impresa improba e, oggettivamente, impossibile, per una lista nata “ieri”, in senso letterale, e a rischio fanalino di coda in una competizione durissima non solo tra poli, ma pure tra alleati. 

Per salvar capra e cavoli, il Pd dovrebbe compiere l’ennesimo sacrificio: assicurare non solo ad Az-+Eu e ai rosso-verdi, ma anche a Di Maio, almeno un pugno di collegi blindati o contendibili per i vari Spadafora, Castelli, Battelli, etc. I quali, altrimenti, andranno allo sbaraglio. Un bel guaio che un deputato di Ipf traduce così: “Ho letto che Greenpeace ha lanciato una campagna per salvare le Api. Vorrà dire che la lanceremo pure noi…”. 

L’effetto flipper detto ‘sindrome Occhionero’ 
Tornando, invece, ai listini, è ‘l’effetto flipper’, a Montecitorio noto come ‘sindrome Occhionero’. La giovane, e simpatica, deputata, oggi in Iv, nel 2018 venne eletta in LeU perché, in Molise, LeU aveva ottenuto non il quoziente nazionale migliore, come logica vorrebbe, ma il ‘peggiore’. Ergo, Matteo Renzi, pur candidandosi in cinque circoscrizioni (e in un collegio, che non vincerà) non solo potrebbe risultare eletto in una, a caso, delle cinque circoscrizioni plurinominali dove sarà candidato, ma non risultare neppure eletto e veder scattare, invece, un seggio, per un mister X (o una signora X) in un’altra circoscrizione… Invece, Di Maio, o sarà candidato nel listone del Pd – insieme ai ‘compagni’ socialisti e di LeU – oppure, se capeggerà la sua lista, Ipf-CD, rischia di non essere eletto da nessuna parte, senza il 3%. Peggio si sentono dentro Azione, specie gli ex FI. I candidati, anche capolista (Gelmini, Carfagna, etc), e soprattutto i secondi e terzi nei listini rischiano di non farcela, anche superando il 3%. 

Oltre al fatto che il 3% equivale a circa 800 mila/1 milione di voti (che sono tanti) e che, appunto, solo dal 6-8% sei ‘sicuro’ di eleggere (dove e chi), tutti i leader dei partiti e delle liste che staranno tra il 3% e il 6%, sia che vadano da soli sia che siano in coalizione, passeranno una brutta nottata, quella del 25 settembre e pure i giorni a seguire. Perché non sanno ‘chi’ eleggono. Gli unici due partiti che, allo stato attuale, hanno la certezza ‘matematica’ di eleggere i capolista, nel proporzionale, e anche i secondi e terzi in lista sono FDI e PD. Per gli altri vale la nota ‘lotteria’. 

In pratica, sia Bonelli che Fratoianni da un lato (in coalizione), sia Calenda che Renzi dall’altro (il primo in coalizione e l’altro no) se la rischiano parecchio: non potendo essere candidati, causa ‘lodo Calenda’ (o ‘lodo Fratoianni’, dipende dai punti di vista…), nei collegi uninominali maggioritari comuni a tutta la coalizione, in quanto leader o – come nel caso di Di Maio – in quanto ‘ex’ leader/capo politico, devono giocarsi la pelle nella quota dei listini proporzionali. Sempre che, si capisce, riescano a fare il 3%, come lista e superare lo sbarramento, al netto dei voti che, generosamente, portano alla coalizione, la quale guadagna seggi in più, grazie ai loro voti, anche se i partiti ‘piccoli’ non passano lo sbarramento…

Cioè, spiega il deputato di cui sopra, “l’unica circoscrizione in cui, con il 3,1%, puoi vincere la lotteria, alla Camera, è la Lombardia. Le altre no, comprese Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio” – spiega a un collega di lista ‘sul filo’ che sbianca. “Sempre che, mio caro, tu possa strapparlo, il biglietto della lotteria e che qualcuno te lo regali”. Perché stavolta vincerla, alla lotteria, è altra cosa.