Politica

L’Europa al bivio, Draghi e Letta indicano una possibile nuova leadership Ue

17
Aprile 2024
Di Giampiero Cinelli

L’Occidente si trova in una fase cruciale della storia, fatta non solo di nuove minacce belliche, rimaste sopite per decenni, ma anche di importanti sfide nello sviluppo socioeconomico, che oggi va rivisto dopo i processi osservati in seguito alla pandemia. A livello internazionale pesa la concorrenza delle grandi potenze alternative al blocco euroatlantico, tutte dal passato imperiale, che puntano ad affermarsi senza escludere anche future azioni militari. Il modello della globalizzazione non è imploso come recentemente si paventava, ma certamente cambierà, necessitando di meccanismi non standard in alcuni settori altamente strategici.

Gli Stati Uniti l’hanno capito e con la loro enorme forza lanciano vasti programmi pubblici e sfruttano la sinergia con influenti attori privati. Anche l’Unione europea sa di dover aprire un nuovo corso e ci sta provando, ma ha bisogno di più compattezza, determinazione e visione strutturata. Perché se le sue conoscenze e capacità tecnologiche sono ancora altissime, il suo bacino di risorse umane è impari rispetto alla Cina e all’India, né troppo superiore a quello degli Usa, che peraltro non vivono la stessa crisi di natalità.

Servono idee, un disegno ampio, che sopravviva alle prossime elezioni. A illustrare quel disegno sono stati chiamati due italiani, di noto prestigio istituzionale, a cui l’Europa deve molto e che sull’Europa le idee le hanno sempre avute molto chiare. Uno è Mario Draghi, l’altro è Enrico Letta. L’ex presidente della Bce ha presentato in una conferenza a La Hulpe una parte del suo Rapporto sulla Competitività commissionatogli da Ursula von der Leyen, un testo che egli divulgherà subito dopo le elezioni di giugno. Letta invece sottoporrà, giovedì 18, al Consiglio europeo, un report sul mercato unico, documento densissimo a cui ha cominciato a lavorare in occasione del trentennale del Trattato di Maastricht.

I due testi si concentrano sulla necessità di raggiungere una sempre maggiore integrazione, nei mercati dei capitali e nei settori chiave. Questo il modo secondo gli autori per rispondere al pericolo di concentrazioni nel mercato globale. E qui ritorna il punto di un sistema di mercato che non va abbandonato ma gestito con lucidità visti i tempi. Oggi materie prime come l’energia diventano un fattore delicato e dirimente, Mario Draghi ha avvertito ricordando, come già aveva fatto, l’importanza di configurare un mercato integrato dell’energia con acquisti congiunti, dando contemporaneamente impulso a un sistema di sussidi per la transizione ecologica, tecnologica e digitale il più efficiente e vigoroso possibile. L’economista si è augurato poi di vedere in Ue economie maggiormente di scala, intervenendo su quei settori in cui gli operatori sono troppo diffusi e disomogenei.

Sulla stessa lunghezza d’onda l’ex premier italiano Letta, anch’egli molto attento agli effetti che il programma statunitense, ma anche cinese, di incentivi alle industrie strategiche può comportare. Per Letta quella potenza deve poter essere replicata, evitando che le aziende europee vengano dirottate troppo verso Washington, dando molto risalto ai sussidi per i trasporti. «Fondamentale sostenere le grandi imprese dell’Ue affinché diventino più grandi e competano sulla scena globale. Ciò può consentire la diversificazione delle catene di approvvigionamento, attrarre investimenti esteri, sostenere gli ecosistemi dell’innovazione».

Emerge un concetto fondamentale, in primis interpretato attraverso il piano dell’economia. Quello di una vera integrazione. Parlando di investimenti «paneuropei» (e di un organo di coordinamento per l’economia, se necessario addirittura non a 27 secondo Draghi), i relatori chiedono di agire come soggetto unico, secondo vere logiche strategiche. La strada questa adesso per continuare ad essere un’entità forte in grado di interpretare un ruolo rilevante nello scacchiere.

Ma poi tale ispirazione nell’agire pratico, deve trasmettersi alle strutture politiche. Mario Draghi lo ha fatto presente, esortando ad elaborare catene decisionali più rapide e corali. E auspicando il raggiungimento della difesa comune. «La nostra organizzazione, il nostro processo decisionale e il finanziamento sono pensati per il mondo di ieri, pre-Covid, pre-Ucraina. Ci serve un’Unione europea che sia all’altezza del mondo di oggi e di domani», ha affermato.

Al momento i nomi dei due grandi europeisti italiani non figurano come papabili per un posto nella prossima Commissione europea, tantomeno come possibili presidenti della stessa. Eppure né Mario Draghi né Enrico Letta avrebbero bisogno di palesare la disponibilità. Le loro doti e il loro profondo impegno per il progetto europeo è sotto gli occhi delle classi dirigenti comunitarie, sempre pronte a tenerli in considerazione. A Roma specialmente, dove il presidente del Senato Ignazio La Russa ha espresso il suo favore a vedere Draghi a Bruxelles, con i futuri parlamentari europei espressione del governo i quali, probabilmente, se dovessero trovarsi a negoziare tra un nome straniero poco gradito all’elettorato e quello dell’economista, potrebbero anche convergere sul predecessore di Giorgia Meloni, trovando la sicura apertura di Forza Italia.

Vedremo, intanto, se la prossima Commissione terrà conto dei consigli dati.

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