Esteri / Politica
European Peace Facility (EPF): l’Ungheria avrebbe bloccato 500 milioni di euro in armi per l’Ucraina
Di Gianni Pittella
È notizia di questi giorni che l’Ungheria avrebbe bloccato una tranche dei fondi dello European Peace Facility (EPF). L’EPF è un meccanismo di finanziamento fuori bilancio per le azioni dell’UE con implicazioni militari e di difesa nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune. Esso dispone di un bilancio totale di circa 8 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. La tranche bloccata dall’Ungheria sarebbe stata l’ottava, destinata per l’acquisto di armi da parte dell’Ucraina, per un valore di circa 500 milioni di euro. Il motivo di questo blocco sarebbe che l’Ungheria ha chiesto garanzie che l’EPF mantenesse in futuro un orizzonte globale e non fosse unicamente utilizzato per armare l’Ucraina.
Il fatto che un singolo stato membro possa bloccare iniziative così importanti nel campo della politica estera pone, ancora una volta il tema della riforma delle istituzioni europee. Nel campo della politica estera e di difesa questo è ancora più evidente. Come in molti ambiti, il modello seguito è quello intergovernativo. Si pensi, per esempio, al fatto che nella cooperazione strutturata permanente nella difesa (PESCO), gli stati membri possono decidere in quali progetti partecipare, e in molti di essi la partecipazione è limitata a un piccolo numero di paesi, anche due o tre. La presenza di questo meccanismo, di tipo volontaristico e cooperativo, è una delle cause delle inefficienze a livello europeo. Come indicato nello studio “Il costo della non Europa” aggiornato a quest’anno, nel campo della difesa europea, se ci fosse una vera difesa comune europea, i risparmi potrebbero essere tra i 24,5 e i 75,5 miliardi di euro all’anno.
Ma è nel posizionamento internazionale che l’Europa sconta maggiormente le proprie divisioni. Il fatto che numerose, importanti decisioni debbano essere prese all’unanimità, e che in molti casi gli stati membri assumano una posizione internazionale più importante rispetto all’Unione, fa sì che l’Europa non venga percepita dagli altri attori internazionali come un soggetto credibile nella politica estera e di difesa, a maggior ragione oggi, quando sembra essere tornata in auge la tradizionale politica di potenza.
Serve pertanto una riforma delle istituzioni che consenta all’Unione di parlare più agevolmente con una sola voce.
Tale riforma va realizzata con urgenza, prima di un eventuale allargamento che coinvolga non solo l’Ucraina, ma anche i paesi dei Balcani che, da ben più tempo, attendono l’agognato ingresso tra gli stati membri. Accanto alla governance economica serve quindi portare avanti una maggiore integrazione nella politica estera e di difesa. Se si dovesse fare un allargamento prima dell’approfondimento, risulterebbe ancora più complicato realizzare le modifiche ai trattati di cui c’è urgente bisogno.