Politica
Una mamma che lascia il lavoro è una sconfitta di tutti: l’8 marzo di Mattarella
Di Barbara Caracciolo
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’8 marzo ha deciso di fare il migliore augurio alle donne che ci si potesse aspettare: una strigliata costruttiva al mondo politico-istituzionale sottolineando senza imbarazzi i problemi del gender gap. A cominciare dalla maternità, scegliendo parole particolarmente profonde per inquadrare il problema: «Scoprire che una mamma italiana su cinque, a due anni dalla nascita del figlio, decide di lasciare il lavoro è una sconfitta per tutta la società italiana». E indica la strada: «lo stato, le istituzioni centrali e quelle delle autonomie devono impegnarsi su questo versante, sviluppando una rete di welfare efficiente e capillare, capace di rimuovere il più possibile dalle spalle delle donne il peso per l’assistenza familiare, ai figli e agli anziani».
Sebbene potesse sembrare retorico, il Capo dello stato ha ritenuto necessario ricordare quanto sia importante lavorare «per eliminare quegli ostacoli concreti che scoraggiano e tengono lontane le giovani donne dai percorsi di formazione. Perché formazione professionale, studio, specializzazione, aumento della cultura, sono una leva fondamentale per trovare occupazione e per uscire da una condizione di marginalità e di subalternità». Un impegno che è stato anche rimarcato nella prima puntata del format “StrongHer”, che questa testata ha realizzato, andata in onda la scorsa settimana, dedicato proprio alla gender equality.
Un pensiero, inevitabilmente, è andato alle donne ucraine e al momento drammatico che stanno vivendo: «Sono certo di interpretare il sentimento di tutte le italiane e di tutti gli italiani, rivolgendo il pensiero di questo 8 marzo alle donne ucraine. Madri, lavoratrici, giovani, colpite da una violenza inattesa, crudele, assurda. Donne che partecipano coraggiosamente alla difesa della loro comunità, donne costrette a ripararsi nei rifugi d’emergenza, che lasciano le loro case e il loro Paese, che hanno paura per i loro figli, che prestano cura ai più deboli, che piangono morti innocenti».
Nel suo discorso il presidente ha riconosciuto che la condizione femminile in Italia è fatta di luci e ombre. E, in particolare, di un’esperienza lavorativa e umana positiva, ma gravata ancora da troppi impedimenti, pregiudizi, ostacoli, difficoltà. Impedimenti e ostacoli che abbiamo il «dovere di individuare e rimuovere insieme, uomini e donne, se vogliamo crescere dai punti di vista economico, culturale, sociale e da quello, non meno importante, della qualità della vita».
Nonostante alcuni passi avanti siano stati fatti, anche grazie all’impegno di molti movimenti di genere, il presidente ha ammesso che «la soddisfazione per il cammino compiuto non può e non deve illudere sull’effettivo raggiungimento della parità, in tutti i campi. La crescita del ruolo delle donne, della presenza femminile in tutti gli ambiti della vita politica, istituzionale, economica, sociale, è una condizione per lo sviluppo del nostro Paese».