Non proprio un sabato qualunque, parafrasando Sergio Caputo. Un sabato in cui, come annunciato, si è eletto Mattarella Presidente della Repubblica, all’ottava votazione, nelle elezioni più particolari di sempre. Perché sono state le uniche con una emergenza pandemica in corso, con tanto di misure straordinarie adottate; perché sono state quelle con una donna con record di voti, la presidente del Senato Casellati, voti comunque non sufficienti; straordinarie perché l’ampia convergenza parlamentare verso il governo Draghi avrebbe potuto far supporre un’elezione lampo, un po’ come Ciampi e Cossiga, gli unici presidenti eletti al primo scrutinio; infine straordinarie perché hanno visto un candidato palese, in campo già da prima della prima votazione, l’eterno Silvio Berlusconi, ma senza ricevere il consenso necessario.
E invece dopo aver bruciato importanti cariche istituzionali, chi esponendole al pubblico ludibrio dei voti, chi al pubblico ludibrio delle agenzie e delle dichiarazioni, ora si tornerà al punto di partenza. Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia a parte, non ci sono stati ostacoli. Mattarella è stato eletto con 759 voti, è il secondo più votato dopo Sandro Pertini nel 1978 (832), superando Napolitano bis (738): un minimo segnale di coesione del Parlamento e delle sue forze politiche.
Il Parlamento che ha eletto Mattarella, pur se non proprio positivamente, ha recuperato una centralità. Il singolo parlamentare, coperto dal voto segreto, è riuscito a scompaginare le carte diverse volte, al punto da dover scegliere un candidato inappuntabile come Mattarella. Accanto alla “vittoria” dei parlamentari c’è la sconfitta del centrodestra, che dopo aver rivendicato per mesi un presidente della propria area politica per poi virare su uno neutro, ha dovuto ripiegare su un presidente di area di centrosinistra. E il Pd, grande sconfitto nelle elezioni del 2018, si ritrova al governo ed elegge un suo presidente di area, sebbene gradito a tutti. Queste elezioni sanciscono anche, da un lato, la fine del centrodestra e dall’altro la sostanziale irrilevanza dei 5Stelle, forse anch’essi destinati a polverizzarsi.
Su tutti spicca Draghi che, dopo il passo falso della conferenza di fine anno in cui si autocandidò, ha ottenuto di continuare con l’attuale schema, indebolendo però i partititi e, soprattutto, i suoi leader. E tra uno o due anni, chissà…