Si è concluso con una vittoria americana il primo round della partita geopolitica fra Europa e Stati Uniti di scena ieri a Strasburgo. Il Parlamento europeo ha infatti rinviato a settembre la discussione sulla riforma del diritto d’autore, ossia di una parte integrante di quel mercato unico digitale europeo che soprattutto nei desiderata del presidente francese Emmanuel Macron dovrebbe servire a contrastare lo strapotere dei giganti tecnologici a stelle e strisce nel Vecchio Continente. La pausa di riflessione sulla riforma del copyright permetterà a Bruxelles di ottenere maggiore flessibilità sugli altri fronti commerciali aperti di recente da Washington, a cominciare da quello cruciale del comparto automobilistico. Su questo strategico settore per l’economia europea (in primo luogo tedesca) aleggia infatti la grave minaccia di nuovi dazi americani dopo quelli già scattati su acciaio e alluminio, una provocazione che l’amministrazione Trump potrebbe aver ventilato anche per indurre alcune fra le maggiori imprese continentali a premere con forza sui propri governanti per un accordo commerciale Usa-Ue che scongiuri la micidiale tagliola dei dazi e contribuisca a legare i partner transatlantici ora che la priorità della superpotenza è il contrasto dell’ascesa cinese.
In attesa di conoscere l’esito di partite tanto decisive per il futuro degli equilibri globali, in Italia il Consiglio dei ministri ha approvato lo scorso lunedì il c.d. Decreto dignità, una misura voluta con forza dal M5s per provare a ripartire dopo un inizio stentato al governo con la Lega. Nonostante lo storico 32% di consensi raccolto alle politiche di marzo, nell’ultimo mese sono stati proprio i 5Stelle a dover recuperare terreno nei confronti di un alleato che ha letteralmente dominato i sondaggi nonostante il 17% delle elezioni. In questo breve frangente, difatti, Matteo Salvini è riuscito a mettere in ombra sia il primo ministro Giuseppe Conte che il capo politico del Movimento Luigi Di Maio, forte di una linea molto decisa in fatto di gestione del fenomeno migratorio e di rapporti con l’Europa che gli ha permesso di occupare il centro della scena politica mietendo percentuali di consenso plebiscitarie presso l’elettorato italiano. Di qui l’urgenza per i 5Stelle di mettere in campo una misura dal forte impatto mediatico quale il dl dignità: da un lato, per riconsegnare parte dell’iniziativa al superministro Di Maio, soprattutto nei confronti del titolare del Viminale; dall’altra, per provare a ridare slancio a un partito scopertosi infragilito e con un gruppo di minoranza venutosi a coagulare attorno alla figura carismatica del presidente della Camera Roberto Fico. In realtà, a quattro giorni dall’approvazione del provvedimento, il dl non è stato ancora sottoposto al presidente della Repubblica ed è dunque ancora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. A quel punto sarà interessante seguire come evolverà la dialettica interalleata una volta che il Parlamento ne avrà messo in moto il procedimento di conversione e tanto più se la Lega finirà con l’intestarsi le richieste degli imprenditori del Nord che ne paventano gli effetti sul normale svolgimento delle attività economiche e produttive del Paese.