In queste settimane è un continuo inanellarsi dei giudizi sul primo anno di governo. Non tutti hanno ricordato che poco prima delle elezioni 2022 in molti preconizzavano una vittoria del centrodestra ma un governo di transizione, che apparecchiasse lo scenario per una maggioranza alternativa e più “promettente”. E invece la Meloni, con il suo governo, ha stupito tutti. Anzi sul piano politico il suo establishment ha saputo resistere a prove importanti, dal caso Delmastro a quello Santanché, fino alla tragedia di Cutro e alle trattative con la Commissione europea per le rate del Pnrr. Il governo ha saputo dimostrare compattezza e coesione anche sotto il fuoco degli attacchi mediatici e nei momenti in cui il consenso è stato messo a dura prova. E ci è riuscito anche nel progressivo spostamento di orientamento da una linea più “draghiana”, quella di inizio legislatura, a quella più sovranista, coerentemente con le aspettative del suo elettorato. In questo senso il Dl Asset è stato un po’ il “manifesto” del cambio di rotta nei confronti dei cosiddetti “poteri forti”, in primis le banche, che adesso promettono battaglia per la tassazione degli extraprofitti.
Sulla politica economica i risultati non sono particolarmente confortanti. Unica giustificazione, a onor del vero, è il clima di crisi che da un anno si sta ripercuotendo a livello internazionale. Una crisi che, tendenzialmente, è stata arginata dall’Italia nei suoi effetti sociali più allarmanti. Ma l’economia italiana rallenta, come testimoniano le stime aggiornate sul Pil del 2023 e del prossimo anno. Per finanziare la manovra verranno utilizzati 15,7 miliardi di euro ricavati dall’ampliamento dello spazio di deficit. Le risorse si annunciano limitate, il governo intende calibrarle su pochi provvedimenti. Mentre le opposizioni chiedono di concentrarle soprattutto sul versante della sanità, tra rinnovi contrattuali e infrastrutture. Anche sull’economia il governo sta passando a un indirizzo più coerente con la sua identità politica, come si evince dalla Nadef, cha fissato i punti chiave della prossima manovra: conferma per il 2024 del taglio del cuneo fiscale per i redditi medio bassi, sostegni alla natalità tra cui assistenza domestica alle neo mamme nei primi mesi di vita dei neonati, risorse per l’avvio del rinnovo dei contratti pubblici, un ciclo di vendita di alcune asset tra le partecipate. Il quadro macro economico è complesso, tra guerra in Ucraina e politica monetaria aggressiva delle banche centrali per placare l’inflazione.
Sul fronte della politica estera, il governo Meloni ha seguito il solco lasciato dal suo predecessore ribadendo a più riprese il pieno sostegno italiano all’Ucraina, l’attenzione del Paese all’Africa e la continuità nei rapporti con Bruxelles e nelle relazioni con gli Usa e con la Nato. In questi dodici mesi, infatti, Meloni e i suoi hanno cercato di rafforzare la dimensione internazionale dell’Italia evitando quella stessa conflittualità che per anni ha caratterizzato la tradizione politica, e in parte anche la campagna elettorale, del suo partito. Legittimarsi, allora, agli occhi dei partener europei non era un compito banale né tantomeno scontato, eppure la Meloni sembra ad oggi essere riuscita nell’intento dimostrando non solo di voler far parte della comunità europea ma anche di voler giocare alle sue regole. Anche quando si è avvertita la necessità di esprimere perplessità o esitazioni come nel caso del rinegoziamento degli obiettivi Pnrr o della riforma del regolamento del Mes si è scelto di esibire un “sano” approccio realista senza ricorrere a toni aspri o demagogici. Ciò nonostante, non sono mancati certo i dissapori con alcuni alleati, a cominciare dalla Francia di Emmanuel Macron. Tra strappi e ricuciture, crisi e riappacificazioni, i rapporti tra Roma e Parigi hanno attraversato un anno di montagne russe, soprattutto per le divergenze sulla gestione dei flussi migratori. Le stesse che hanno caratterizzato le recenti tensioni anche con Berlino e che hanno portato la premier a definirsi “stupita” per la decisione di sovvenzionare Ong impegnate nell’accoglienza ai migranti irregolari sul territorio italiano e nel salvataggi nel Mar Mediterraneo.
La questione è stata al centro del faccia a faccia tra Meloni e Scholz a margine del Consiglio europeo informale che si è tenuto in mattinata a Granada. I due hanno cercato di ricucire le recenti tensioni, esprimendo soddisfazione per l’intesa raggiunta a Bruxelles sul Regolamento “Crisi e forza maggiore”. Ma l’argomento risulta ancora spinoso e i due leader si sono dati appuntamento al Vertice intergovernativo italo-tedesco, che si terrà in Germania a fine novembre, per ulteriori discussioni in merito. D’altronde, a detta dello stesso presidente del Consiglio europeo Charles Michel il tema dell’immigrazione è la questione «più pressante» sul tavolo internazionale in questo momento. E non è certo un segreto che questo rappresenti per Giorgia Meloni un successo di per sé considerando che è stata proprio la premier a spingere affinché il tema entrasse all’ordine del giorno del Summit.