Politica

Tutti i nodi del Pd di Elly Schlein

01
Marzo 2023
Di Gianni Pittella

Ho avuto il privilegio di condividere con Elly Schlein una parte significativa della mia esperienza al Parlamento Europeo. Ero il presidente del Gruppo dei Socialisti e dei Democratici ed Elly, giovanissima, grintosa e studiosa, curava molti dossier importanti come quello sui migranti, il commercio internazionale, i diritti delle donne, la lotta ad ogni forma di discriminazione, i rapporti con i Balcani e l’Africa. Fu relatrice sulla proposta di modifica del regolamento di Dublino, tema ancora oggi urgente e cruciale ai fini della condivisione di sforzi e responsabilità nella accoglienza dei migranti.
Rimasi colpito dalla capacità di entrare nel merito, di creare condivisione pur partendo da posizioni radicali, di tenacia.

Sono convinto che queste qualità le saranno preziose in questa grande responsabilità a cui è stata chiamata. Ma non sono queste qualità bastevoli a spiegare il suo successo. La verità è che negli ultimi anni il Pd si è spinto su posizioni culturali e politiche molto radicali, basterà per tutte ricordare la incoronazione di Conte quale leader del progressismo mondiale, l’idea che giustizialismo e anti politica potessero trovare cittadinanza anche nel proprio seno, il progetto di adesione degli eurodeputati penta stellati nel gruppo dei socialisti europei.
Elly vince su questo terreno e su questo terreno è chiamata a guidare il partito in una sorta di collaborazione competizione con 5Stelle, Fratoianni e Bonelli. Non c’è più l’Ulivo, non c’è più l’istanza maggioritaria da cui nasce il partito democratico. Va in soffitta l’idea veltroniana di poter tenere insieme socialdemocratici e liberal-democratici.

Con il ribaltamento del rapporto tra iscritti ed elettori, da cui è scaturita la vittoria di Schlein, il Pd si è letteralmente aperto all’esterno fino a “consegnarsi” alle istanze esterne: una scommessa che può far cambiare pelle e identità al partito storico della sinistra italiana.

È una dinamica che non nasce oggi ma che oggi trova una consacrazione ufficiale.
Si delinea un percorso con alcune questioni programmatiche da sciogliere e tre questioni politiche.
Le questioni programmatiche più rilevanti sono: lavoro e impresa, politica estera con particolare riferimento alla invasione della Ucraina.
Le questioni politiche: possono rimanere i riformisti in questo contesto e sarà in grado , come spero e credo , una nuova formazione politica di centro di essere attrattiva più di quanto cercherà di fare lo stesso centrodestra?
La seconda: questa deriva spingerà nel livello europeo ad isolare il Pd e i socialisti e democratici rispetto ad una auspicabile alleanza pro europea che vada dal liberali agli ecologisti?

E infine la questione decisiva: con l’attuale sistema elettorale nazionale e regionale un progetto di autosufficienza della sinistra o del centro moderato e riformista è sicuramente perdente.
Si vuole consegnare tutte le regioni al centrodestra? E il governo centrale per molti anni ancora?
Se non lo si vuole, bisogna tornare al centro-sinistra con il trattino, iniziando a individuare le cose su cui si può convergere isolando quelle di divergenza irrimediabile.
L’auto sufficienza può far essere orgogliosi e felici ma… perdenti!