Politica

A qualcuno la democrazia non piace più?

04
Novembre 2024
Di Daniele Capezzone

È impressionante la naturalezza con cui commentatori e analisti – senza fare un plissé – ci comunicano, alla vigilia delle elezioni presidenziali americane, non solo la loro legittima preferenza verso la candidata democratica, ma una specie di cupa preoccupazione per la democrazia in caso di esito opposto, cioè di un’eventuale vittoria di Donald Trump

E così il discorso assume una involontaria connotazione schizofrenica. Se a vincere è la candidata “gradita”, allora vuol dire che la democrazia funziona, il sistema mostra di possedere gli anticorpi, il popolo è saggio. Se invece a prevalere fosse il candidato “sgradito”, la democrazia mostrerebbe la sua fragilità, la stessa architettura istituzionale Usa si rivelerebbe inadeguata, e il popolo – non c’è neanche bisogno di dirlo – una massa di “deplorables”, anzi direttamente “garbage”. 

Si potrebbe obiettare: ma anche Trump è un tipaccio, e non è certo una mammoletta nelle sue polemiche, nelle sue invettive, nei suoi strali. Verissimo: siamo molto lontani da un tono reaganiano. Ma le bordate di Trump – di buon gusto o meno – sono rivolte agli avversari, alla cupola mediatica avversa, alla macchina dem. Mentre è sempre più istintiva e incontrollabile la propensione dei democratici (e quindi della parte che si autoproclama “buona e giusta”) a prendere di mira la mezza America che “vota male”, cioè gli elettori, il popolo. 

Pensare di unire un paese su queste basi non mi pare difficile: è semplicemente impensabile.