Politica
Tra divisioni e larghe intese, i partiti alla prova del voto
Di Valentina Ricci
L’unico punto fermo in questo frangente politico è la tenuta del governo Draghi. Sono servite le sue alchimie per tenere unita una maggioranza trasversale che, a una settimana dalle amministrative, ma soprattutto a un anno dalle elezioni politiche, si sta rivelando in continuo movimento e alla ricerca di nuovi equilibri. Il Presidente del Consiglio è riuscito negli ultimi giorni a garantire la stabilità del Governo anche su un provvedimento complesso come il ddl concorrenza, su cui lunedì è arrivata la prima approvazione in Senato. Ma se sul fronte istituzionale i partiti si stanno dimostrando collaborative, sul fronte interno, al contrario, stanno manifestando grande riottosità e polarizzazione. Ma soprattutto tensione. Quella tensione che prelude a nuove convergenze. Il test delle amministrative, inutile ricordarlo, sarà fondamentale per molti partiti e coalizioni.
A dominare le cronache nostrane, ma non solo, negli ultimi giorni è stato il leader della Lega Matteo Salvini. La controversa linea di politica estera sta agitando le sue fila e prende sempre più piede l’ipotesi che si stia rafforzando una fronda interna rappresentata dai più atlantisti e governativi guidati da Giorgetti. Il progetto del viaggio a Mosca, le strane intermediazioni di Capuano, su cui il Copasir ha aperto anche un’indagine, e il presunto incontro con l’ambasciatore russo a Roma, al netto dell’atteggiamento “aggressivo” delle cronache, denunciato dai fedelissimi del “Capitano”, stanno incidendo negativamente sul consenso. I sondaggi sui partiti parlano di un crollo verticale della Lega e il voto delle amministrative, unitamente al cavallo di battaglia dei quesiti referendari, rappresenta una cartina di tornasole: una conferma della flessione potrebbe aprire una seria questione interna al partito.
E anche per questo l’alleanza con Forza Italia è fuori discussione, a eccezione di pochi comuni in cui corrono divisi. I due partiti hanno bisogno l’uno dell’altro. Ed entrambi hanno bisogno di Berlusconi, che ha promesso una sua partecipazione diretta al rush finale per le amministrative. Il Cavaliere continua a essere anima e faro del suo partito, con una leadership mai messa in discussione, neanche da Tajani (che tra l’altro non ha brillato al congresso del PPE a Rotterdam, raccogliendo pochi voti per una delle vicepresidenze del partito). Anche se i fastidi interni non mancano, procurati principalmente dallo strappo della ministra Mariastella Gelmini, che ha manifestato il suo dissenso alla linea del partito, pur smentendo l’avvicinamento a Calenda.
In caduta anche il Movimento 5 Stelle. Il partito guidato da Conte è di fronte a una forte crisi di identità. Dall’accordo sull’invio di armi in Ucraina e sul nodo balneari fino, soprattutto, alla perdita della presidenza in commissione Esteri al Senato, la debolezza della leadership di Conte si è acuita nelle ultime settimane. Non solo. Dall’inizio della legislatura gli abbandoni nel gruppo M5s sono stati impressionanti: i deputati oggi sono 155 e gli abbandoni sono stati 66 (erano 221 al momento della proclamazione degli eletti nel 2018, a inizio della legislatura) mentre al Senato oggi sono rimasti 72 senatori con 36 abbandoni (erano 108 a inizio legislatura), quindi il M5s ha perso, in totale, 102 parlamentari (erano 340 a inizio legislatura), una “ecatombe”.
Partito democratico e Fratelli d’Italia, invece, sono in questo momento gli “avversari da battere”. Il principale alfiere di governo, il Pd, e il baluardo dell’opposizione, FdI, sono i partiti che stanno raccogliendo adesso i risultati della coerenza ed è prevedibile un loro exploit alle amministrative, confermato dagli ultimi sondaggi di Euromedia, che fotografano il partito della Meloni al 22% (primo partito in Italia) e quello di Letta al 21,5%. E va accreditandosi in questi giorni l’ipotesi di un patto costituzionale tra le due compagini, secondo il quale starebbero lavorando entrambi a una convergenza al centro, che potrebbe sperimentarsi già nella tornata delle amministrative, in modo da svincolarsi dalle attuali “alleanze obbligate”. Un possibile patto di governo? Difficile da immaginare, ma le recenti geometrie delle larghe intese hanno insegnato che nulla è impossibile. Draghi, per il momento, resta a guardare.