Politica
Toti non lascia l’ovile. La sua Italia al centro starà col centrodestra
Di Giampiero Cinelli
Alle elezioni di settembre c’è anche il centro, quello di Giovanni Toti, pronto a fare da perno. Il governatore della Liguria ha presentato oggi alla Camera il programma (sintetico) di Italia al centro, partito di cui è presidente. La sua formazione sta ultimando le liste e rientrerà nella coalizione di centrodestra. Toti ha chiuso quindi a Renzi e Calenda. Molto chiare le basi dell’azione di Italia al centro: conferma della collocazione euro-atlantica dell’Italia, investimenti infrastrutturali per ambire ancora al ruolo di potenza industriale, semipresidenzialismo alla francese e autonomia differenziata. Questi pilastri verranno poi sviscerati in dettaglio nel momento più opportuno, certamente una volta decise le alleanze, ma è stato anche chiarito che in virtù degli accordi politici da stabilire non tutti i punti del programma dovranno per forza essere adottati e le idee del partito saranno armonizzate in un programma comune. Si è parlato del Superbonus, troppo alto al 110% e dunque foriero di inevitabili distorsioni secondo Italia al Centro. Tuttavia non va tolto ma riformato e si deve fare in modo che le imprese che adesso non riescono a esigere i crediti possano riscuoterli.
Il reddito di cittadinanza è stato definito «un fallimento» e in alternativa Italia al centro ha proposto un «reddito di resilienza», ancora da specificare, che dovrebbe puntare a una maggiore autonomia lavorativa del beneficiario nel quadro di più efficienti politiche attive. Poi il passaggio, breve ma rilevante, sulla sovranità. Declinata in ambito di energia, difesa e gestione del debito pubblico. Non è chiaro come i centristi vogliano favorire un maggiore spazio di manovra su tali ambiti ma non si può non sottolineare che ciò è oggetto di studio.
Secondo Giovanni Toti è importante parlare anche di proposte e non perdersi nelle dichiarazioni a effetto nonostante la campagna elettorale balneare, che sta portando le forze politiche a incentrare troppo il discorso sul «chi sta con chi», e senza la paura di affrontare i temi più scottanti e divisivi. Ad esempio i rifiuti e i trasporti. Su cui Toti ha fatto notare apertamente sue decisioni, come quella del nuovo termovalorizzatore e degli investimenti fatti da Rfi sulla rete di Ponente, rimarcando che l’Italia per crescere ha bisogno anche di nuovi sistemi di smaltimento, più autobus, più gallerie e del potenziamento dei grandi porti; non nascondendo l’amarezza per il fatto che la gara per la nuova diga del porto di Genova sia andata deserta. Due giorni fa comunque sono arrivare due offerte.
Così Toti: «La prossima settimana riuniremo gli organismi del partito per fare delle scelte perché questa legge elettorale impone apparentamenti e alleanze ed è giusto che questo avvenga alla luce del sole. Decideremo, stiamo preparando le nostre liste». E non ha voluto specificare chi predilige: «Chiaro che avvieremo il confronto con tutte le forze politiche a partire da questo programma, iniziando il confronto sui problemi reali di questo Paese». Quindi sulla politica estera: «Non credo che l’Italia possa mai pensare di stare dalla parte delle autocrazie e non delle democrazie occidentali. Questo per sgombrare il campo dalle illazioni. Ma è giusto anche chiarire che una paura dei cosacchi che abbeverano i cavalli in piazza San Pietro non è cosa di questa campagna elettorale e neanche della nostra generazione. Altrimenti sviamo il campo dai problemi veri».