Politica
Tamponi Covid a Milano, trovarli sta diventando un’impresa
Di Andrea Maccagno
“Ciao ragazzi, anch’io da ieri sera leggeri sintomi, ho fatto tampone rapido per scrupolo e purtroppo mi è andata peggio, risultato positivo”. Cosa fareste se a mandarvi questo messaggio fosse un vostro collega? Cerchereste anche voi un tampone. Eppure trovare un tampone Covid a Milano non è così semplice.
Nel momento in cui si avvicinano le feste e si programmano i pranzi di Natale, tutto si vorrebbe tranne che uno stop imposto dal covid. Ma per riunirsi in tranquillità con i propri parenti, un controllo sulla propria negatività sarebbe quanto meno auspicabile. A maggior ragione se si ha avuto un contatto con chi poi è risultato positivo.
Milano, zona Montenero-Porta Romana. È la mattina di lunedì 20 dicembre. Una pausa breve dal lavoro per scendere alla prima farmacia sotto casa. La richiesta è un tampone rapido o uno di quelli fai da te. Alla domanda, lo sguarda del farmacista è un misto di pena e sconforto: di tamponi non ce n’è e le prenotazioni non avverrebbero prima di un paio di giorni.
Lo stesso sipario si ripete in altre 10 farmacie di zona. All’undicesima si è fatta ormai ora di pranzo e le chiusure impongono di ritentare nel pomeriggio. Nel frattempo ascolti i telegiornali, che parlano addirittura di tampone per i vaccinati per accedere a cinema, teatri e concerti. Lo scostamento tra Paese ideale e Paese reale è evidente.
Nel pomeriggio, alla dodicesima farmacia, il colpo di fortuna: dei cinque tamponi fai da te rimasti ne acquisto due. Negativo. E sospiro di sollievo. Ma davvero bisogna girare dodici farmacie prima di reperire un tampone Covid a Milano? Se – come sembra – la variante Omicron è decisamente più contagiosa, il sistema può fornire a tutta la popolazione i test necessari? Si tratta non solo di non vaccinati che ne hanno bisogno a fini di green pass, ma anche di tutti quei vaccinati con sintomi o che vogliono maggiori sicurezze in vista di incontri ristretti con amici e famigliari. Come questo periodo di festa richiede.
È oggettivamente un caos. Difficile dire se si può fare meglio e come, è chiaro che tutto si evolva col mutare della situazione. Però i disagi sono evidenti. E le incomprensioni e incoerenze molte. Non tutti hanno capito quando avviene l’autoisolamento volontario, quando la quarantena. Da quando iniziare a calcolarne i giorni e per quanto fare durare il periodo. Insomma c’è disorganizzazione e disinformazione. Sappiamo molto di mrna, di codici di mascherine, di gel per le mani, ma conosciamo poco su cosa fare una volta positivi. E soprattutto si ha difficoltà ad avere un risultato in tempi rapidi.
Su questo, obiettivamente, il green pass base non aiuta, perché ingolfa farmacie e hub di molti non vaccinati che devono sottoporsi a tamponi costanti. Estendere quello rafforzato, invece, potrebbe aggirerebbe il problema. Può essere una soluzione l’obbligo vaccinale? Difficile dirlo e calcolare tutti i costi-benefici di una simile soluzione. Certo potrebbe ovviare almeno a questa inconvenienza. Ma potrebbe anche accentuare i problemi di tenuta sociale in un momento comunque di forte tensione.
Cosa fare è ostico. Senza dubbio aumentare il numero di tamponi Covid a Milano e provare a decongestionare le farmacie, che non riescono più a portare avanti il loro lavoro ordinario, sarebbe auspicabile. Aggravare il sistema con un obbligo di tamponi pure per i vaccinati, invece, potrebbe essere oltremodo controproducente: per chi è tenuto a farli e per chi inizierebbe a mettere in dubbio la vaccinazione stessa. Sembrava di iniziare a vedere la luce e invece si vive col timore di un ritorno al passato. Magari fatto di meno morti e ospedalizzazioni, ma con la paura di nuove e pesanti restrizioni, che dopo due anni e tre dosi di vaccino non si vorrebbero più sperimentare.